di Communianet
In Italia lo smantellamento dell'università pubblica di massa a causa delle (contro)riforme neoliberiste ha fatto esplodere dal 2005 al 2010 una serie pressoché ininterrotta di forti mobilitazioni studentesche. Il picco delle mobilitazioni c'è stato nel 2008 con il movimento dell'Onda contro la riforma dell'istruzione del governo Berlusconi, che porta a un livello di politicizzazione e presa di coscienza che per certi versi anticipa i movimenti di Occupy e degli Indignados. Gli studenti e le studentesse cominciano a produrre ragionamento politico che si pone su un piano di critica complessiva, al di là delle singole riforme, al di là della sola difesa dell'istruzione pubblica, inizia ad esserci una più ampia contestazione della politica di regime: è la generazione che scende in piazza gridando “noi la crisi non la paghiamo!”, “non ci rappresenta nessuno!”, che cerca di costruire una nuova politica dal basso, senza mediazioni.
Il movimento studentesco diventa così il motore del conflitto sociale in Italia, arrivando a far unire in piazza nel 2010 studenti, precari, disoccupati e lotte territoriali contro il governo Berlusconi. Questo imponente ciclo di mobilitazioni si è però chiuso con una bruciante sconfitta, introducendo un periodo di forte debolezza del movimento studentesco. Oggi ci si ritrova sostanzialmente a dover ricostruire quasi da zero le organizzazioni e i collettivi nelle scuole e negli atenei, attraversati ormai ogni giorno da migliaia di giovani completamente spoliticizzati. In questo contesto va inserito l'esaurimento di AteneinRivolta, ovvero l'organizzazione universitaria nata dalla mobilitazione del 2008 che come Communia Network abbiamo costruito fino al suo dissolversi.
Il movimento studentesco diventa così il motore del conflitto sociale in Italia, arrivando a far unire in piazza nel 2010 studenti, precari, disoccupati e lotte territoriali contro il governo Berlusconi. Questo imponente ciclo di mobilitazioni si è però chiuso con una bruciante sconfitta, introducendo un periodo di forte debolezza del movimento studentesco. Oggi ci si ritrova sostanzialmente a dover ricostruire quasi da zero le organizzazioni e i collettivi nelle scuole e negli atenei, attraversati ormai ogni giorno da migliaia di giovani completamente spoliticizzati. In questo contesto va inserito l'esaurimento di AteneinRivolta, ovvero l'organizzazione universitaria nata dalla mobilitazione del 2008 che come Communia Network abbiamo costruito fino al suo dissolversi.
La fine di questa fase di alta conflittualità studentesca è stata seguita dal commissariamento della (già insufficiente) democrazia tramite l'imposizione dei governi tecnici e di larghe intese, che hanno accelerato l'attuazione delle politiche di austerity con il pretesto della crisi del debito sovrano. I pericoli delle riforme neoliberiste, denunciati per anni dal movimento studentesco, oggi purtroppo si sono realizzati: grazie ai tagli si è verificato un graduale smantellamento dei servizi nell'istruzione pubblica, l'ingresso dei privati tramite finanziamenti ha permesso loro di piegare la formazione ai propri interessi, il privilegiare astratti parametri di efficienza e produttività ha portato ad una progressiva aziendalizzazione dei luoghi della formazione a scapito della qualità. L'università grazie ai tagli è diventata sempre più classista poiché ciò ha portato alla riduzione di borse di studio e posti di alloggio negli studentati e all'innalzamento delle tasse universitarie. Conseguentemente in Italia si è arrivati nel giro di una decina di anni a registrare un calo delle iscrizioni paragonabile alla scomparsa di un intero ateneo. Ma i tagli hanno portato anche alla chiusura di biblioteche ed aule studio, costringendo ogni giorno migliaia di studenti a vagare nei loro atenei alla ricerca di luoghi tranquilli dove poter studiare. Inoltre le (contro)riforme dell'istruzione vanno di pari passo con quelle del mercato del lavoro, il che materialmente si è verificato anche tramite l'introduzione di dispositivi che sfruttano gli studenti e le studentesse con il pretesto di prepararli al lavoro. Negli ultimi anni infatti si è visto il massiccio ingresso di stage e tirocini obbligatori nel mondo della formazione, che sostanzialmente consistono in ore di lavoro gratuito spacciate per attività formative, nonostante siano in realtà spesso inutili e a volte addirittura scollegati dal proprio piano di studi. Si tratta di una vera e propria educazione alla precarietà per costringere i giovani ad abituarsi all'idea di flessibilità lavorativa (a solo vantaggio dei padroni) e al lavoro gratuito per fare curriculum. Ciò è strettamente collegato con la presenza delle aziende nell'università, che spesso si fanno pubblicità per convincere gli studenti a fare il tirocinio con loro, ma lo sfruttamento dei tirocinanti avviene anche in strutture pubbliche.
In questo contesto politicamente molto difficile di normalizzazione e pacificazione negli atenei e nelle scuole noi come studenti e studentesse di Communia abbiamo deciso di dotarci di nuovi strumenti. In particolare a Roma, vista la vicinanza con la vasta Città Universitaria della Sapienza e la conseguente presenza di molti/e universitari/ie nel nostro collettivo, il primo grosso progetto che abbiamo creato all'interno di Communia Roma è stato l'aula studio autogestita ShareWood. Partendo quindi da un bisogno materiale che non viene sufficientemente garantito dall'università abbiamo costruito un luogo aperto sette giorni su sette fino a sera tardi, che però è molto di più di una normale aula studio. E' anche una biblioteca e un archivio di e-books per il filesharing, presto sarà ampliata anche con un servizio di copisteria popolare, ma ciò che oggi rende per noi fondamentale ShareWood per la nostra attività politica è molto altro. Noi non vogliamo semplicemente coprire le carenze dello Stato e sostituirci ad esso, infatti tutto ciò che con ShareWood è stato creato serve prima di tutto a evidenziare le problematiche dell'università e suggerire l'alternativa a cui aspiriamo.Si tratta di uno strumento completamente costruito dal basso ed autogestito per aiutarsi e sostenersi a vicenda tra le macerie dell'università della crisi, un laboratorio politico studentesco dove politicizzarsi ed approfondire la propria condizione di studenti e studentesse; è un modo per ricreare una atmosfera di collaborazione e cooperazione, di ripensare lo studio e la vita studentesca, scardinando l'individualismo con cui il sistema ci isola con i nostri disagi. Se da una parte l'università di oggi nel nome dell'efficienza e della produttività parcellizza il sapere e spinge a contendersi le briciole con parole d'ordine quali "competizione" e "meritocrazia" (stravolgendo il concetto di diritto allo studio), dall'altra ShareWood permette a studenti e studentesse che studiano diverse discipline di incontrarsi, confrontarsi, scambiare conoscenza e aiutarsi. I meccanismi di condivisione e mutualismo che si creano all'interno dell'aula studio costruiscono pian piano connessioni e supporto tra persone, andando a contrastare la frammentazione sociale di questi ultimi anni: quindi questa pratica diventa anche vettore di contenuti alternativi a quelli dominanti, contro la retorica a causa della quale la vita dello studente universitario diventa come un vortice caotico in cui si deve lottare per la propria sopravvivenza e adattarsi alle possibilità che il sistema offre. La classica propaganda politica fatta di idee e rivendicazioni è stata unita alla pratica di costruzione materiale di una esperienza esemplare, che dia quindi un assaggio del cambiamento per cui si lotta e per rafforzare la credibilità delle rivendicazioni che si fanno. Ad una università sempre più verticistica ed aziendalizzata contrapponiamo quindi un modello in cui tutto si decide dal basso in assemblea e si costruisce collettivamente, permettendo a chiunque di partecipare e dare il proprio contributo. L'autogestione di spazi quali Sharewood, infatti, è in grado non solo di rendere partecipe ogni studente nella gestione di uno spazio che è di tutti - quindi anche suo - ma riesce a trasmettere modalità decisionali democratiche e dal basso. Per questo, il momento assembleare è uno dei più importanti, poiché mantiene l'assetto politico e conflittuale di quel luogo e delle idee che lo hanno liberato, rinnovando e sperimentando nuove pratiche di lotta. Tramite l'occupazione, la riqualificazione e la costruzione materiale dell'aula studio e dell'autogestione ci siamo riappropriati di un pezzetto di diritto allo studio negato e abbiamo creato un modello altro e più vicino alle nostre esigenze rispetto a quello attualmente vigente nei nostri atenei. E noi lavoriamo affinché chi frequenta l'aula studio acquisti coscienza di questa alterità e del fatto che sia possibile costruire un'università diversa partendo proprio da questo modello, per attivare nuove energie ed essere catalizzatori di autorganizzazione all'università, andando al di là della lotta alle cicliche riforme governative.
Pensiamo sia importante essere consapevoli del fatto che l'aula studio autogestita da sé non risolve le problematiche dell'università e non può diventare un'isola felice in cui fuggire, va intesa piuttosto come vettore di politicizzazione che abbia quindi come scopo essere strumento per produrre conflitto all'università e cambiarla radicalmente secondo i bisogni e le esigenze di noi studenti e studentesse. Giocano perciò un ruolo fondamentale i collettivi universitari, all'interno dei quali e tramite cui gli attivisti e le attiviste di ShareWood possono portare all'università i ragionamenti sviluppati nelle assemblee dell'aula studio e costruire le mobilitazioni all'interno delle facoltà. Quindi tutte le rivendicazioni e le idee sviluppate tramite l'autogestione di ShareWood non rimangono confinate nelle quattro mura dell'aula studio ma hanno come primo sbocco naturale la Sapienza. Questo meccanismo rafforza i collettivi esistenti e potenzialmente può portare alla nascita di nuovi tramite studenti e studentesse che si sono politicizzati a ShareWood, andando quindi ad aggredire la crisi delle organizzazioni studentesche. Creando ShareWood e il suo database per il filesharing, per esempio, i collettivi sono stati stimolati a creare database di ebooks da diffondere nelle facoltà, elaborando ragionamento politico su caro-libri e accesso al sapere, addirittura causando quest'anno una risposta della Associazione Italiana Editori e facendo scoppiare un piccolo caso sull'incompatibilità tra copyright e diritto allo studio. Ma l'intervento politico di ShareWood è anche cittadino oltre che universitario, per cercare di supportarsi vicendevolmente con altri soggetti sociali e politici e dato che le problematiche della condizione studentesca non si riducono soltanto a quel che succede nei perimetri dei luoghi della formazione. Importante è quindi la relazione con il quartiere di San Lorenzo, ovvero dove è situata Communia Roma, e quindi partecipare ai percorsi che lo riguardano, generando pertanto un rapporto di solidarietà tra studenti e abitanti del quartiere. Ma ciò va anche oltre grazie alla partecipazione a Decide Roma (percorso cittadino contro gli sgomberi e la svendita del patrimonio pubblico e per una gestione partecipata e dal basso della città), tramite il quale stiamo provando a fare rete tra esperienze di autogestione studentesca romane.
Ma la solidarietà tra esperienze e soggettività diverse avviene prima di tutto nello stesso spazio sociale di Communia, dove si incontrano studenti, precari e migranti e stabiliscono relazioni mutualistiche, grazie alle quali si rafforzano reciprocamente lotte e mobilitazioni di soggetti diversi. Ciò recentemente ha portato al sostegno da parte degli studenti di ShareWood ai migranti della sartoria autogestita Karalò di Communia quando si sono mobilitati contro le storture del sistema d'accoglienza insieme ai loro compagni, e quotidianamente avviene con il contributo che alcuni studenti e studentesse stanno dando per la riuscita del progetto della sartoria stessa e della scuola di italiano. Stiamo costruendo una esperienza che ci permetta di re-imparare la solidarietà tra persone e di ri-alfabetizzarci politicamente, per poter elaborare un'alternativa di università e di società e tornare all'attacco, con in mano le armi del mutuo soccorso, dell'autogestione e della democrazia dal basso. Perché non è ricercando una qualche forma di compatibilità con lo status quo che otterremo l'università che ci servirebbe e che vorremmo; soltanto in una società basata sul potere popolare, costruita e gestita da chi sta in basso la formazione potrà diventare strumento per arricchirsi ed esprimere pienamente le proprie capacità.
Fonte: communianet.org

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