La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 4 febbraio 2017

D'Alema non è Bernie Sanders

di Claudio Riccio
Spesso il dibattito politico e politicista si ingarbuglia in discussioni molto, molto distanti dalla realtà, e soprattutto interessa sempre meno i cittadini e quasi mai risponde ai loro bisogni. In Sinistra Italiana, che svolgerà il proprio congresso fondativo a Rimini il 17-18-19 febbraio, c'è chi sostiene che dato la possibile, sempre annunciata e imminente e mai verificata implosione del Pd si debba sospendere la creazione di una forza politica autonoma e alternativa per attendere alla finestra la possibile uscita di Massimo D'Alema e del mondo che con lui ha animato un pezzo della campagna referendaria per la difesa della Costituzione.
Ma cosa vuole fare davvero D'Alema? A oggi non sappiamo se la sua operazione sia finalizzata a mostrare i muscoli per intimorire Renzi, se serva a scongiurare le elezioni, a contrattare seggi, o a imporre il congresso del Pd, oppure se si tratti davvero dell'imminente rottura. Se si verificasse quest'ultima ipotesi ne discuteremo, ma di certo non si può perdere altro tempo nell'attesa che altri decidano se passare da questo lato della barricata.
Invece di aspettare un big bang che forse non arriverà serve dar vita direttamente a un nuovo mondo, aperto, accogliente e differente da quelli visti fino ad adesso: una nuova forza politica che da subito si metta a lavoro per costruire un fronte dell'alternativa per le prossime elezioni, uno spazio pubblico e aperto, rinnovato e credibile, in cui possano confluire, convergere ed essere protagonisti tutte e tutti coloro che hanno scelto con chiarezza e coerenza da che parte stare.
Abbiamo bisogno di una proposta radicale e chiara per la redistribuzione delle ricchezze contro le diseguaglianze, per la giustizia ecologica, per spezzare il ricatto della precarietà, per garantire a tutti l'accesso a un'istruzione di qualità, per un fronte di chi pensa che questa Europa che fa circolare liberamente i capitali e respinge le persone sia un nemico, per chi non si rassegna a un continente di muri e confini e vuole tutta un'altra Europa e un mondo senza guerre e armi, per garantire l'accoglienza dei migranti, di chi cerca un futuro migliore, per dare a tutte e tutti noi un futuro diverso in questo paese.
Questa proposta politica non solo non è compatibile con una coalizione con il Pd, ma non può neanche essere un autobus utile a eleggere chi non troverebbe posto nelle file renziane, ma sarebbe poi disposto ad accordi di governo con lo stesso Matteo Renzi. È infatti un dato assodato quanto sia stato un errore l'antiberlusconismo senza progetto, Davvero possiamo pensare a un antirenzismo senza progetto, per di più a valle della crisi delle socialdemocrazie e mentre il sistema politico si consolida come multipolare? Serve un fronte per un'alternativa di società, non una coalizione anti Renzi.
Se (e sottolineo se) chi in passato ha appoggiato e votato il Jobs Act, il pareggio di bilancio in Costituzione, il pacchetto Treu, la guerra in Kosovo, la legge di parità per i fondi alle scuole private, lo Sblocca Italia, la riforma Fornero, Maastricht, l'Italicum, persino la riforma Costituzionale cambia idea e si schiera senza doppi fini in opposizione a tali politiche unendosi a chi, come noi, si oppone da sempre al neoliberismo cui per decenni le socialdemocrazie sono state subalterne non può che essere una buona notizia.
Ma hanno davvero cambiato idea su questi temi o il loro problema è solo il segretario del Pd? E soprattutto quanto sono credibili in questa veste agli occhi dell'osservatore esterno e degli elettori?
Per costruire una forza politica nuova, differente e aperta non basterebbe affatto, anzi sarebbe controproducente un accordo tattico e solo elettorale (l'ennesimo) tra gruppi dirigenti. Sinistra Italiana ha ventimila iscritti, sono pochi? Di sicuro sono più del numero di persone che può sedersi intorno a un qualunque tavolo di vertice.
Tra pochi giorni in ogni provincia d'Italia in tanti potranno votare gli emendamenti, tutti potranno iscriversi per decidere la linea del nascituro partito: si decida di investire con generosità in un grande percorso di partecipazione che coinvolga migliaia di persone, i movimenti, le associazioni, i comitati, le liste civiche, per costruire anzitutto il programma dell'alternativa, con proposte chiare, concrete radicali e comprensibili e candidarsi a cambiare questo paese.
Dopo anni di errori, delusioni e sconfitte il principale problema della sinistra politica in Italia è la credibilità. Una forza politica di alternativa realmente popolare deve fare i conti con il disgusto che milioni di persone hanno nei confronti di quella cosa che chiamiamo politica. E c'è un nodo che non è eludibile: la credibilità deriva dalla coerenza.
Molti evocano leader e vicende straniere, ma a sproposito. Bernie Sanders o Jeremy Corbyn dopo una vita di coerente opposizione hanno fatto tremare l'establishment del loro partito, sconfiggendo o contrastando duramente quel gruppo dirigente negli anni responsabile di guerre, precarietà, tagli, privatizzazioni. Lo hanno fatto a partire da un programma radicalmente diverso da quel che il loro stesso partito aveva fatto negli anni passati, lo hanno fatto senza essere mai stati subalterni alle logiche perverse del neoliberismo.
Il D'Alema di oggi sembra essere su posizioni molto differenti da quelle espresse per anni dall'establishment democratico del nostro paese, eppure proprio lui è stato a lungo il massimo esponente di quel gruppo dirigente ed esecutore del suo programma. Insomma per dire una ovvietà: Sanders non è D'Alema.
Ben vengano insomma gli smottamenti, ben vengano nuovi oppositori a Renzi, ben vengano altre forze nella campagna referendaria sul lavoro, ma non è il tempo di accontentarsi di equilibrismi e riedizioni di storie già viste. Serve unire una parte di società: una classe sociale, non un ceto politico. Serve una forza politica del tutto differente, organizzata, competitiva nelle elezioni, ma non ossessionata dal governo, con gruppi dirigenti credibili in grado di fare la differenza, una sfida aperta a tutti, ma senza ambiguità.
È una sfida grande, e non di testimonianza, al contrario di tutte le operazioni di ceto politico. Questa fase politica, infatti, si può portare via l'idea della sinistra come strutturalmente minoritaria. Una forza politica d'alternativa che voglia essere all'altezza delle proprie responsabilità storiche, e non semplicemente limitarsi al ruolo di coscienza critica di qualcun altro, deve avere un'ambizione direttamente di massa, popolare, di governo diventando punto di riferimento per culture politiche e soggettività plurali, senza identitarismi e al contempo senza ambiguità.
Se su temi come l'immigrazione o sul tema fondamentale del lavoro i tre poli esistenti si riducono a sfumature della stessa posizione - cioè alimentare la guerra tra poveri e difendere i privilegi di un élite sempre più ristretta - il nostro compito storico dev'essere quello di organizzare e rappresentare chi di quella élite non fa parte.
Nell'epoca in cui i moderati si chiudono a difesa di una minoranza, essere radicali e al contempo essere maggioranza non è più una contraddizione, ma una prospettiva credibile se perseguita con costanza e coerenza, senza subalternità, scrivendo una nuova storia, tuffandosi in mare aperto. È una grande sfida che dobbiamo perseguire e per cui vale la pena lottare.

Fonte: Huffington Post - blog dell'Autore 

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