La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 24 febbraio 2017

Gli scioperi erano parte della Festa della Donna. Con Trump torneranno ad esserlo

di Cinzia Arruzza 
E’ giunto il tempo di ripoliticizzare la Festa della Donna. E’ stata spesso festeggiata con pranzi, fiori e biglietti di auguri. Ma nell’era Trump, abbiamo bisogno che il femminismo del 99% entri in azione. Questo è il motivo per cui invitiamo le donne di tutto il mondo a unirsi a noi in una giornata internazionale di sciopero l’8 marzo. Le immense marce di donne del 21 gennaio e la loro risonanza in tutte le nazioni hanno dimostrato che milioni di donne negli Stati Uniti sono finalmente stanche, non solo della sfacciata misoginia dell’amministrazione Trump, ma anche di decenni di attacchi continui sulle vite e i corpi delle donne.
Siamo unite dalla consapevolezza che l’amministrazione Trump è il sintomo di un problema più grande: il risultato di decenni di politiche neoliberiste, del trasferimento della ricchezza ai più ricchi, dell’erosione dei diritti e della dignità del lavoro, delle guerre neocoloniali di aggressione, del razzismo istituzionale e della misoginia strutturale, radicati nella società statunitense.
Le organizzazioni femministe e i gruppi di base in tutto il mondo si stavano già organizzando per lo Sciopero Internazionale delle Donne da mesi, quando abbiamo realizzato che c’erano le condizioni per lanciare uno sciopero delle donne negli Stati Uniti.
Ispirate dal recente successo degli scioperi delle donne in Polonia, dalle manifestazioni di massa di sole donne in Argentina e Italia, stiamo costruendo una crescente determinazione delle donne di tutto il mondo di riprendersi la strada per la giustizia.
E' questo quello che abbiamo recentemente scritto in un appello insieme ad altre attiviste e intellettuali femministe per un giorno di azione in solidarietà con lo Sciopero Internazionale delle Donne. Donne cis- e trans-gender di tutto il mondo potranno darsi la mano e scioperare insieme.
La risposta a questo appello è stata eccezionale: dopo solo 2 settimane, e dopo ore di lavoro collettivo e frenetico, è nata una coalizione nazionale di gruppi di base, collettivi informali, organizzazioni nazionali femministe e del lavoro.
All’interno di questa coalizione, donne che provengono da diverse tradizioni e culture politiche stanno riscoprendo la gioia della solidarietà e la fiducia nelle diverse lotte e nelle diverse voci.
Quello che ci unisce è il desiderio di dare una voce e un potere alle donne che sono state lasciate in disparte dal femminismo del “farsi avanti” e che soffrono delle conseguenze di decenni di neoliberismo e guerre: dalle donne povere e della classe lavoratrice alle donne migranti e di colore, dalle donne disabili alle donne musulmane e alla donne transgender.
Scioperando insieme, torneremo alle storiche radici di questa festa – una storia con cui dovremmo familiarizzare noi stesse ancora una volta.
In questa giornata nel 1908, 15.000 lavoratrici tessili, la maggioranza di loro immigrate, marciarono attraverso il cuore di Manhattan per rivendicare una salario più alto, la riduzione dell’orario di lavoro e il diritto di voto. Un anno dopo le donne immigrate del settore tessile scioperarono contro le terribili condizioni di sfruttamento in cui erano costrette a lavorare, affrontando la violenza della polizia e la repressione dei padroni.
Ispirata dalla lotta delle lavoratrici, la socialista tedesca Clara Zetkin, chiamata a partecipare alla Conferenza Internazionale delle Donne Lavoratrici nel 1910, propose di organizzare un Giornata Internazionale delle Donne Lavoratrici. Le donne delegate da oltre 17 nazioni votarono all’unanimità per approvare la mozione.
Pochi anni dopo, nel 1917, migliaia di donne russe, lavoratrici e mogli di soldati, scesero in strada l’8 marzo per rivendicare la pace e il pane, e diedero inizio alla rivolta che avrebbe rovesciato il regime zarista: quest’anno la Giornata Internazionale delle Donne sarà anche il centenario dell’inizio della Rivoluzione di Febbraio.
Ci sono due particolari modi in cui vogliamo ripoliticizzare l’8 marzo nell’era Trump.
Primo, vogliamo recuperare l’idea dell’impossibile.
Agli inizi del XX secolo le donne in generale, e le lavoratrici tessili in particolare, erano considerate impossibili da organizzare. I principali sindacati del tempo le lasciarono da sole a lavorare in terribili condizioni o – come nel caso della Fabbrica Triangle – le lasciarono bruciare vive nel loro posto di lavoro.
Le donne scioperarono, afferrando l’impossibile. Come la diciannovenne Clara Lemlich, una delle leader dello sciopero, che disse “Dicevano che le donne non potevano nemmeno essere organizzate. Non verrebbero alle riunioni del sindacato. Sono “lavoratrici temporanee”. Bene, glielo abbiamo dimostrato!”, noi abbiamo bisogno dell’idea dell’impossibile nell’era Trump.
Secondo, vogliamo che la rivendicazione del pane sia riunita alla rivendicazione delle rose.
La sindacalista, Rose Schneiderman, conió la frase: "il pane e le rose" nel 1912 mentre si organizzava contro le fabbriche sulla scia dell'incendio della Triangle.
"Quello che le donne che lavorano vogliono " disse, “è il diritto di vivere, non solo di esistere... il diritto alla vita, al sole e alla musica e all'arte... la lavoratrice deve avere il pane, ma deve avere anche le rose."
Decenni di neoliberismo non hanno soltanto tolto il pane dalla tavola delle lavoratrici e delle loro famiglie, ma hanno anche sottratto tutte le infrastrutture che sostengono la vita, le rose.
Ospedali e scuole sono stati chiusi mentre prigioni e polizia si sono moltiplicati. Mentre i salari diminuivano e i sindacati venivano distrutti da una serie di leggi contro il lavoro, gli stessi esecutori delle leggi non sono riusciti ad accusare gli ufficiali di polizia che hanno apertamente ucciso uomini di colore, hanno provato a chiudere le cliniche per l’aborto, e hanno bandito le donne transgender dall’utilizzo dei bagni pubblici per le donne. Quindi la lotta per il salario non può essere separata dagli strumenti che sostengono la vita.
Questa è la storia, di donne che si sono autorganizzate e hanno lottato per i diritti economici e politici, storia che gli stati uniti hanno cancellato dalla memoria.
Noi non rivendicheremo solo il pane, noi meritiamo anche le rose.

Articolo pubblicato su The Guardian
Traduzione di Marta Russo
Fonte: communianet.org 

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