La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 24 febbraio 2017

La lotta alle disuguaglianze: elemento costitutivo e affermativo della democrazia

di Giuseppe De Marzo
L’aumento delle disuguaglianze e della povertà del nostro paese ha raggiunto livelli senza precedenti nella storia repubblicana. A denunciarlo è l’ultimo rapporto Istat 2016 presentato lo scorso 20 maggio in Parlamento dal presidente Alleva. Un paese nel quale sono i giovani a pagare il prezzo più alto, dove negli ultimi 20 anni l’aumento delle disuguaglianze, se comparato con quello degli altri paesi europei, è stato secondo solo a quello registrato in Gran Bretagna. Ma quel che è più grave e sul quale vale la pena concentrare le nostre attenzioni è la prospettiva tracciata dal rapporto di Alleva: le disuguaglianze continueranno a crescere ed il nostro sistema di protezione sociale così com’è non è in grado di farvi fronte.
La povertà assoluta dal 2007 ad oggi è triplicata, colpendo più di 4,5 milioni di cittadini, mentre è raddoppiata quella relativa, arrivando a coinvolgere più di 9 milioni di italiani. Sono oltre il 1 milione i minori in condizioni di povertà assoluta, uno dei dati peggiori di tutta Europa. Secondo le indagini di Oxfam l’11% delle persone soffre una “grave deprivazione materiale”, mentre per Eurispes il 48,3% delle famiglie non riesce ad arrivare a fine mese. Sono più di 4 milioni i giovani NEET, mentre la dispersione scolastica tocca il 17,6%, tra le più alte d’Europa, con picchi al Sud drammatici che non fanno altro che consegnare manodopera disperata alla criminalità organizzata.
I dati del rapporto Svimez denunciano come un terzo della popolazione complessiva sia a rischio povertà ed allo stesso tempo una condizione insostenibile al Sud, dove si concentrano due terzi della povertà assoluta, una percentuale superiore al 50% di disoccupazione giovanile, una contrazione del 59% degli investimenti, un aumento della penetrazione mafiosa attraverso il ricatto economico e sociale esercitato su larghissime fasce della popolazione che non hanno accesso ai servizi, né a nessun’altra forma di sostegno al reddito o inserimento lavorativo. Ma se la povertà è triplicata, è altrettanto vero che sono triplicati il numero dei miliardari del nostro paese, arrivati a 342, come mette in evidenza il rapporto Oxfam sulle disuguaglianze in Europa. Triplicano i miliardari, mentre il rapporto McKinsey denuncia come in Italia vi sia il peggior impoverimento della popolazione giovane dal dopoguerra ad oggi, e dalle statistiche europee scopriamo di essere maglia nera per spesa pubblica ed istruzione! 
Le cause del perché ceti medi, ceti popolari e le fasce più deboli e fragili della popolazione stiano pagando di più sono diverse. Innanzitutto le politiche di austerità scelte dai governi e dalla CE, che hanno prodotto la riduzione delle risorse necessarie a garantire i diritti sociali. L’Italia è il paese che purtroppo peggio ha fatto su questo fronte, avendo approvato la legge n.243/2012 che introduce il pareggio di bilancio in Costituzione, modificando l’art.81, scaricando sui Comuni e sui cittadini gli oneri della crisi, sottraendo risorse per 19 miliardi (dati IFEL).
Un’altra delle cause che ha prodotto l’aumento delle disuguaglianze sono le politiche fiscali, non più utilizzate come in passato per ridistribuire la ricchezza ma tornate ad essere regressive.
Una terza motivazione è legata direttamente alle specificità del nostro welfare che, come denuncia Alleva, non è in grado di fronteggiare la situazione o almeno ridurre i “danni”, come invece avviene in altri paesi dove le politiche di austerità sono state attutite da interventi sociali e forme di sostegno al reddito di cui in Italia siamo privi. Un welfare familistico corporativo e sottofinanziato: basti pensare al taglio di due terzi del fondo nazionale politiche sociali di questi ultimi anni ed al misero miliardo stanziato dal governo per il contrasto alla povertà, quando ce ne vorrebbero 18 almeno per garantire la dignità e servizi almeno a chi è rimasto indietro (i calcoli sono fatti basandoci su quanto stabilito dalla Carta di Nizza all’art.34 che indica il 60% del reddito mediano procapite come soglia di reddito sotto la quale non andare per garantire l’intangibilità della dignità umana a tutti i cittadini europei). Un altro elemento che determina l’aumento delle disuguaglianze è il “condizionamento politico”: il fatto di aver accumulato enormi ricchezze in poche mani rende le élite economiche e finanziarie sempre più capaci di influenzare i processi decisionali della politica.
In Europa l’1% possiede più del 33% della ricchezza complessiva. Più crescono diseguaglianze e povertà e più cresce il potere delle élite. La concentrazione di ricchezza è dunque direttamente proporzionale al potere di influenzare le norme di riferimento, mentre chi sta in basso ed è vulnerabile non ha nessuna voce, nessuna “lobby” che chiede diritti, dignità e giustizia sociale. Questo enorme potere delle élite rafforza ulteriormente l’assenza di trasparenza nella relazione tra politica ed affari, rendendolo il fattore più importante nell’aumento della corruzione di questi ultimi anni, come denunciato dal Rapporto Internazionale sulla Trasparenza. L’allontanamento dei cittadini dalla partecipazione è una delle immediate conseguenze del condizionamento politico. Un ulteriore effetto che rafforza il potere delle élite economiche e finanziarie. La povertà non è quindi solo materiale, ma culturale e di “posizione”.
Il “darwinismo sociale” è la cultura attraverso la quale costituzionalizzare “l’universalismo selettivo” spinto dai banchi del governo e della CE, con la conseguenza di “istituzionalizzare” povertà e condizioni date. Davanti ad un sistema finanziario che ha acquisito una dimensione “performativa” che peggiora le condizioni di vita della maggioranza della popolazione; dinanzi ad una governance europea che continua a riproporre politiche di austerità, nonostante il loro evidente fallimento rischia di minacciare lo stesso progetto di unità europea; considerando la distanza dell’agenda politica italiana dalla condizione materiale ed esistenziale di milioni di cittadini a cui sono stati sottratti diritti e rubata dignità; visti i tagli al welfare ed i limiti del sistema di protezione sociale, con la prospettiva di continuare a vedere scomparire i diritti sociali, piegati alla logica incostituzionale dell’universalismo selettivo; considerando il pericolo sempre più reale di ritrovarci in una società fondata sulle disuguaglianze ed in città e territori sempre più frammentati, spesso ostaggio dei professionisti del terrore e del razzismo: abbiamo il diritto e la responsabilità di impegnarci per far emergere anche nel nostro paese un movimento popolare che rimetta al centro la “questione sociale” e la lotta alle disuguaglianze come elemento costitutivo ed affermativo della democrazia.
Le proposte e le pratiche della rete dei Numeri Pari, raccogliendo il testimone dalla campagna Miseria Ladra, provano a dare un contributo in questa direzione, rispondendo all’urgenza dettata dalle condizioni reali e dai cambiamenti epocali che attraversano il continente e l’intera casa comune. Ci sarà bisogno del contributo di tutti e tutte.

Fonte: Attac 

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