La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 4 maggio 2017

Perché Mélenchon non può votare Le Pen, ma non può sostenere Macron

di Stefano Fassina
Le elezioni francesi sono una ricca fonte di riflessioni, non di copia e incolla, per chi non si è rassegnato alla fine della sinistra. Come scritto nel programma elettorale di "La France Insoumise" ("La Francia Ribelle"), Jean Luc Mélenchon, dopo il notevole risultato del primo turno, dove ha ottenuto oltre 7 milioni di voti (19,6%), ha sottoposto a consultazione degli iscritti e iscritte alla "sua" rete la decisione sulla posizione da assumere, come movimento, al ballottaggio del 7 Maggio tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen.
Le opzioni per le risposte prevedevano: scheda bianca o nulla; astensione; voto per il candidato di "En marche". Avevano un invalicabile confine, ribadito sul sito: "Dato il profondo attaccamento de La France Insoumise ai principi di uguaglianza, libertà e fraternità, il voto per il Fronte Nazionale non è un'opzione per la consultazione".
La partecipazione alla consultazione è stata enorme: 243.128 persone (per evitare "infiltrati" e manipolazione dei risultati, l'iscrizione per votare era consentita fino al 22 aprile scorso, il sabato precedente il voto per il primo turno). Un'affluenza attesa, dato che la questione democratica, inclusa la riforma in senso parlamentare e proporzionale della V Repubblica, è stata, insieme alla questione sociale ed ecologica, alla base del programma.
Anche l'esito della consultazione era prevedibile, considerato che il movimento di Mèlenchon è stato fondato su una lettura controcorrente della fase e su un impianto culturale e programmatico radicalmente alternativi al liberismo europeista interpretato dalla sinistra storica per un quarto di secolo e, da ultimo, da Emmanuel Macron: il 36,12% si è pronunciato per scheda bianca o nulla; il 29,05% per l'astensione e soltanto il 34,83% per il candidato arrivato in testa al primo turno.
Nella stessa direzione dell'esito della consultazione on line, sono andati gli slogan di larga parte delle manifestazioni sindacali per il 1 Maggio in tante città francesi, in particolare a Parigi, a Place de la République, nell'appuntamento promosso dalla Cgt, il più antico sindacato francese, da sempre collocato a sinistra, per una lunga fase "organico" al Partito Comunista Francese.
Il Financial Times racconta di uno striscione con parole inequivocabili e rappresentative di sentimenti politici diffusi nella parte del variegato universo del lavoro che ancora resiste alle sirene regressive della Le Pen: "Peste o colera, non vogliamo nessuno dei due".
Il "fronte repubblicano" non c'è più. Nel 2002, ancora sopravviveva, quando si trattò di marginalizzare, nel duello elettorale contro Jacques Chiraq, il padre della attuale candidata del Fronte Nazionale. I 15 anni alle nostre spalle lo hanno spezzato. Ora è squadernata, ma la rottura è stata determinata da una lunga, ininterrotta, serie di colpi inferti sul suo popolo da una sinistra subalterna al liberismo, piegata all'agenda degli interessi più forti, complice o finanche protagonista di un mercato unico e di una moneta unica disegnati e realizzati per svalutare il lavoro in termini funzione sociale e politica. Il Patto Repubblicano è stato tradito proprio da chi oggi lo invoca per fermare la Le Pen.
Il Patto Repubblicano si può ricostruire soltanto attraverso radicali correzioni alla rotta del liberismo europeista scritto nei Trattati europei. Al fine di migliorare le condizioni del popolo delle periferie economiche, sociali e culturali, la strada maestra passa per la riscrittura dell'ordine economico e sociale della Ue e dell'eurozona.
Gli obiettivi sono proposti nel programma de La France Insoumise. Dentro il e ai confini del mercato unico: applicazione di un "protezionismo solidale", quindi controlli ai movimenti di capitali, oggi "liberi" di fare shopping globale di condizioni del lavoro; imposizione di standard sociali e ambientali agli scambi di merci e servizi e blocco dei trattati commerciali come il Ceta e il Ttip.
Nell'area euro: ridefinizione dello statuto della Banca centrale europea, almeno sul modello della Federal Reserve degli Stati Uniti, per includere la piena occupazione tra gli obiettivi fondamentali e prevedere l'acquisto diretto di titoli dei debiti sovrani; introduzione di un meccanismo finanziario punitivo per i saldi commerciali positivi come tratteggiato da Keynes nel 1943, ma accantonato, nei negoziati per Breton Woods; inserimento di una golden rule nelle regole di finanza pubblica per finanziare investimenti pubblici; completamento equo dell'unione bancaria; infine, realizzazione di interventi per la sostenibilità dei debiti pubblici attraverso una conferenza europea, come fatto, in particolare a beneficio della Germania, dopo la fine della II Guerra Mondiale.
In assenza di avanzamenti, negoziazione di un "Plan B" per il "divorzio amichevole" della moneta unica e l'attuazione a scala nazionale dell'impianto alternativo per rivitalizzare la sovranità democratica possibile nell'unico spazio politico praticabile, ossia nell'ambito dello Stato nazionale.
Le correzioni di rotta pro-labour sono impossibili per Emmanuel Macron. Gli ostacoli politici frapposti dai Paesi core dell'eurozona, in primis Germania, sono soltanto una parte del problema. L'altra parte, decisiva ma nascosta dietro lo scarico di responsabilità su Berlino e "i burocrati di Bruxelles e Francoforte", è la dimensione di classe del mercantilismo tedesco: come in ogni Paese membro, "questa Europa" e "questo euro" sono difesi dagli interessi economici e finanziari interni beneficiati dalla svalutazione del lavoro, rappresentati in Francia dal "candidato repubblicano".
Insomma, vi sono tre visioni, tre prospettive politiche in conflitto in Francia e nella Ue. La partita non è globalisti contro nazionalisti. Apertura contro chiusura. L'apertura, la relazione tra Stati Nazione, può continuare a seguire, attraverso l'integrazione a "più velocità, l'insostenibile via mercantilista oppure può orientarsi verso il patriottismo costituzionale. "La France Insoumise" e la "France en marche" sono alternative tra loro, oltre che alternative a "La France de la Le Pen".
Jean Luc Mélenchon andrà a votare e non voterà per la Le Pen. Ma chi è disperato, chi è impaurito, chi è senza speranza non può rispondere agli appelli retorici per la Santa Alleanza contro gli infedeli. La France Insoumise per provare a ricostruire il Patto Repubblicano non può sostenere Emmanuel Macron.
Fonte: Huffington Post - blog dell'Autore 

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