La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 20 novembre 2015

Quella contro i cambiamenti climatici è una lotta di classe

di Luca Aterini
La battaglia contro l’avanzamento dei cambiamenti climatici ne contiene in realtà molte altre: la lotta per la democrazia, la difesa dei beni comuni, la lotta contro l’accaparramento delle terre e lo sfruttamento senza limiti delle risorse a favore di pochi, togliendone il diritto alle prossime generazioni ma anche oggi ai popoli e ai paesi più poveri. Difendere l’equilibrio ecosistemico che oggi rende il pianeta una casa accogliente (anche) per l’uomo significa inoltre lottare per l’abbattimento dei confini, perché non si possono creare barriere per arrestare i flussi migratori, ignorando la connessione tra l’attuale modello produttivo, i cambiamenti climatici e le migrazioni ad essi dovute, per le carestie e la siccità, per le guerre legate all’accaparramento delle risorse, per le contaminazioni e le opere impattanti sulle risorse ambientali da cui dipendono intere comunità: non a caso si stima che diverranno oltre 250 milioni i rifugiati ambientali entro il 2050.
In definitiva, l’azione climatica «non è una questione religiosa-spirituale o ambientalista – dichiara a greenreport Simona Fabiani, responsabile Ambiente e territorio della Cgil nazionale –,o meglio dovrebbe essere la questione centrale di una lotta di classe che si oppone al predominio del mercato e della finanza. La mia preoccupazione è che nella sinistra e nel movimento sindacale non ci sia ancora sufficiente consapevolezza dell’importanza e della radicalità del messaggio insito nell’azione climatica e che per questo non ci si stia facendo abbastanza».
A Bruxelles, dove ha incontrato i parlamentari del Gue per un confronto sui cambiamenti climatici e sull’ormai imminente inizio della Cop 21 di Parigi, Simona Fabiani ha posto questi temi con grande forza, e i drammatici eventi del 13 novembre restituiscono una consapevolezza in più: «Il vertice sul clima che si apre il prossimo 30 novembre a Parigi – ci spiega Fabiani nel viaggio di ritorno verso Roma – è considerato da tanti un momento cruciale per la sopravvivenza del nostro pianeta e dopo i tragici attentati terroristici di venerdì 13 novembre il fatto che si svolga a Parigi gli fa assumere anche un’altra importantissima connotazione. Il vertice di Parigi deve essere anche un vertice per la pace».
Purtroppo, anche questa Cop – come la precedente, e quella prima ancora, e ancora – non si apre sotto i migliori auspici. Tutti sappiamo quanto sia necessario e urgente un accordo globale sul clima eppure – osserva amaramente la responsabile Ambiente della Cgil – la 21esima conferenza Onu si preannuncia già come un enorme fallimento. I contributi volontari (Indc) che sono stati ormai presentati da 158 paesi su 193, che rappresentano il 96% delle emissioni globali, se anche venissero rispettati, porterebbero a un aumento della temperatura dai 2,7 ai 3,5°; l’eventuale accordo che dovesse essere ratificato a Parigi entrerà in vigore solo nel 2020, e inoltre gli impegni, oltre a non essere ambiziosi, si annunciano come volontari, ovvero non giuridicamente vincolanti e non sono previste sanzioni qualora non venissero rispettati».
Anche l’Europa, che pure afferma di avere politiche ambiziose in materia di riduzione delle emissioni, non sta facendo abbastanza. Ovviamente gli interessi e le pressioni delle lobby dell’industria fossile sono enormi, ma «dobbiamo seriamente interrogarci sul perché la politica non prenda le decisioni necessarie per contrastare la grave crisi climatica, ambientale e sociale in atto. In questo modo – ha sottolineato Fabiani davanti agli eurodeputati del Gue – si rende corresponsabile di un sistema che genera benefici solo per la finanza e le grandi multinazionali. Dobbiamo interrogarci anche su come il movimento della sinistra politica e sindacale possa intervenire per far prevalere nella politica gli interessi dei popoli».
La creazione di nuovi posti di lavoro stabili e sostenibili, la giusta transizione dei lavoratori coinvolti in processi di riconversione ecologica dell’economia, la creazione diretta di posti di lavoro da parte degli Stati, superando i vincoli del rigore di bilancio: sono questi gli obiettivi che la crisi economica e ambientale ci impone di rilanciare. e, nonostante le possibilità di agguantare una vittoria che possa davvero dirsi tale ai giochi di Parigi siano ridotte al lumicino, questa rimane una lotta che vale assolutamente la pena di essere combattuta. Prima e dopo la Cop. «Se possibile – chiosa Fabiani, che tornerà in Francia con la Cgil per l’inizio dei negoziati –la tragedia di Parigi ha consolidato ancora di più il nostro impegno verso la Cop 21, consapevoli che i nostri argomenti sono globali, superano i confini e le differenze, tengono unite persone di tutto il mondo perché parlano del bene superiore della pace, della giustizia e dei diritti universali».

Fonte: Green Report 

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