La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 19 novembre 2015

La rivolta umana

di Davide Nota
NellʼOdissea del presente Ulisse è lʼuomo autocosciente che non cede al fatalismo e invita i compagni al viaggio di autodeterminazione del proprio destino, nella conoscenza dei limiti e delle possibilità reali di movimento. Il Polifemo del XXI secolo è invece un robot, un cyber-ciclope antropofago con occhio di spycam e corpo di elettroni fluttuanti da un terminale allʼaltro della Rete globale. Un “mostro gigante” con “animo ingiusto”, come lo descrive Omero nel Libro IX dellʼOdissea, cioè senza limiti e misura, solo animato da una volontà meccanica di potenza. Egli è il dominio presente. Non è uno Stato. Non è una Struttura. Non è una Polis. Non è neppure una Civiltà. Egli è un software invisibile, uno spettro determinato dalla loro assenza e a questo solo programmato, a desiderare e ad accumulare senza pietà, senza finalità o in palese contrapposizione con gli interessi della specie umana.
In termini tecnici lʼassenza di uno Stato che tenti perlomeno di avvicinarsi alle dimensioni titaniche degli attori del turbocapitalismo finanziario determina lʼegemonia indisturbata di questi ultimi che a loro volta si rivelano, oggi, nella loro compiuta mutazione post-umana.
La dismissione di ogni codice, il riformismo inteso come abolizione delle forme antropiche del Novecento e via dicendo lʼintera era della liquidità postmoderna come liquidazione ed azione corrosiva nei confronti della materia reale, mentre persino lʼegemonia delle immagini smotta nellʼirreale inconscio collettivo del linguaggio del “web”, conducono alla fase attuale di “Non Potere” come lager storico onnipresente in quanto assente, dove tutto è ovunque eppure non cʼè e il padrone è una funzione finanziaria composta da miliardi di pixel come fotoni indeterminabili che appaiono e scompaiono in un nanosecondo da una parte allʼaltra del mondo.
“Tecnocrazia” è questa consegna dei destini umani alla tecnica degli algoritmi impassibili, in grado di radere al suolo un intero paese come risposta automatica ad una oscillazione finanziaria mentre unʼumanità separata e depredata di ogni diritto allʼesistenza sfoga virtualmente il proprio istinto di socialità entro i binari assegnati dal “programma” comunicativo. Questa è la grotta dove ci troviamo, dopo il naufragio storico. E tutto ora si svolge al di fuori della nostra volontà. La nostra è infatti unʼepoca meccanica. Alcuni la chiamano “post-umana”. Come è accaduto che i Giganti riprendessero il controllo sulla vita dellʼuomo? E ribellarsi è ancora possibile?
Al di là della metafora mitologica provano a rispondere a queste domande il filosofo Paolo Ercolani e Simone Oggionni, in un notevole libro di filosofia della storia di recente pubblicazione per Mimesis Edizioni, il cui titolo è Manifesto per la Sinistra e lʼumanesimo sociale, e che rappresenta, assieme a due altri testi recenti come Per la critica del presente di Mario Tronti (Ediesse, 2013) e Traumi e miracoli della comunicazione di Mario Perniola (Einaudi, 2008), una lettura fondamentale per lʼinterpretazione del presente e il disvelamento degli abbagli storici che conducono, nel corso di cinque decenni, a noi.
Qui si sostiene, volando alto e godendo finalmente di una prospettiva storica di ben ampio respiro, che “Lungi dal liberare il lavoro e lʼuomo dal lavoro, lo sviluppo tecnologico affidato alle mani dellʼintelligenza capitalistica ha imbrigliato lʼuno e lʼaltro, aumentando i ritmi e affermando un nuovo modello. Alle spalle di questo modello agisce senzʼaltro la dialettica dellʼilluminismo e cioè il paradosso della negazione, attraverso la razionalità tecnocratica, della libertà di un soggetto che proprio attraverso la Ragione, la scienza e la tecnica aveva cercato la via dellʼautodeterminazione. Horkheimer e Adorno hanno descritto la volontà di potenza e la logica di dominio inscritte nel codice genetico della ragione strumentale che, mostruosamente, si sono ribellate allʼuomo e lo hanno soggiogato.” (Simone Oggionni).
Lʼera della “ragione strumentale”, che doveva liberare lʼuomo dalla tirannide per mezzo della tecnica, si conclude cioè con una spietata tirannide della tecnica sullʼuomo. Come in molti romanzi di fantascienza il meccanismo si ribella ai suoi stessi custodi. La classe di intermediazione non è più necessaria ed anche la borghesia viene infatti soffocata da quello che pensava fosse un “suo” strumento. La storia moderna è questo lungo passaggio dalla teocrazia alla tecnocrazia. Entrambi i domini sono risultati ostili alle esigenze della vita umana.
Non solo. Il titanismo antiumano della tecnica marcia speditamente verso un orizzonte di autodistruzione in grado di travolgere ogni cosa: passato e presente, natura e storia, persino sé stesso assieme al suo contrario. La “pulsione di morte” (Freud) dello “sviluppo senza progresso” (Pasolini) del capitalismo neoliberista nella sua fase digitale, in grado di smaterializzare la “Società dello spettacolo” analizzata da Guy Debord e farne uno stato virtuale auto-generato e inconscio, a flusso continuo, di cui tutti sono al contempo performer e voyeur in un isolamento di massa totalitario quanto volontario, è un bug incontrollabile di sistema ben descritto nel romanzo Cosmopolis di De Lillo e nellʼomonima trasposizione filmica di David Cronenberg, dove il protagonista Eric Packer (interpretato da Robert Pattinson), un vitalistico e mortifero tycoon di ventotto anni, è talmente eccitato dalla propria rovina economica e fisica da aderire sentimentalmente a questa promessa di catastrofe, febbrilmente fedele al principio futuristico di “distruggere il passato per creare il futuro”.
Dopo trentʼanni di assenza di “visione” tornano finalmente alcuni testi di interpretazione critica della realtà in atto, a riprendere un discorso interrotto sotto le rovine di una storia franata ma non per questo “finita”, come era stato annunciato ideologicamente da Francis Fukuyama nel saggio The End of History del 1992, che ha fornito lʼalibi a quel pensiero unico in cui la nostra generazione è stata incubata e intubata. Un discorso da riprendere lì dove è stato reciso (da Benjamin a Adorno e Horkheimer, da Pasolini a Debord) ma da aggiornare alle evoluzioni tecnologiche del nuovo millennio, alla mutazione post-democratica dellʼOccidente, alla trasformazione del mondo del lavoro in manovalanza giornaliera, cioè in disoccupazione di massa, alla nuova fase del capitalismo che accumula profitto senza redistribuirlo in salario (Ercolani e Oggionni forniscono alcuni dettagli specifici sul funzionamento dellʼeconomia di Internet), fino agli abbagli e agli errori di una comunità politica incapace di rispondere alle sfide del presente se non per mezzo di una costante scissione tra omologazione al dogma neoliberista e cristallizzazione passatista e minoritaria.
Questo significa, anche, sapere che non si sfida il dominio presente né con le lacrime della nostalgia né con lʼadesione mimetica allʼabbaglio storico. Lo sguardo che è richiesto al nuovo Ulisse è infatti obliquo, da “infiltrato”, come nel Videodrome di Cronenberg, il poema fondante la nuova epoca, dove il programma di controllo si può combattere solo conoscendone le logiche e facendosi, al loro interno, “Nuova carne”.
“Umanesimo” è la parola dʼordine proposta per la sfida in atto. Non un “nuovo umanesimo”, che in sé celi e ribadisca il principio di potenza sterminatrice della borghesia occidentale decaduta dal Rinascimento al Terzo Reich, ma un “umanesimo nuovo”, e cioè inedito, inaudito, intenzionato a riformulare unʼintera idea di comunità in cui i confini tra il “mezzo” (la tecnica) e il “fine” (la vita umana) siano ristabiliti e salvaguardati nellʼumiltà, anche, di dichiarare abolito tanto lo sfruttamento dellʼuomo sullʼuomo quanto quello, ed è qui lo scarto con le esperienze traumatiche del passato, dello Stato sullʼindividuo o dellʼUtopia universale sullʼesperienza concreta e tangibile di ogni singola differenza esistenziale.
Sarà proprio attorno alla formulazione di questa nuova idea di “umanesimo sociale” che la Sinistra potrà offrire sullo scacchiere della Storia una proposta inedita di convergenza e di alleanza ad alcune delle più consistenti esperienze di resistenza umanistica del presente, a partire dallʼEnciclica di Papa Bergoglio e al suo invito alla lotta ecumenica in difesa dellʼuomo e del creato, contro la dittatura della tecno-finanza e dei suoi eredi, la guerra e il terrorismo.

Fonte: Esseblog 

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