La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 19 novembre 2015

Siate resistenti: dieci domande a Vandana Shiva

Intervista a Vandana Shiva
Ho incontrato Vandana Shiva all’aeroporto. Quando le porte automatiche nel settore degli arrivi hanno mostrato il suo carrello con i bagagli e il suo sari arancione, quasi mi aspettavo che un raggio di luce la illuminasse, tale è la leggenda che la circonda. Naturalmente non è accaduto perché Vandana Shiva è soltanto un essere umano e non una santa. Ma che grande essere umano è!
Dopo aver studiato fisica prima di laurearsi ha ottenuto un Master in filosofia e ha fatto il dottorato in fisica dei quanti (ha ricevuto anche un Dottorato ad honorem dall’Università di Guelph, in Ontario, Canada).
Nel 1982 ha creato la Fondazione di ricerca per la Scienza, la Tecnologia e l’Ecologia, dove i ricercatori lavorano con le comunità locali e con i movimenti sociali per affrontare importanti problemi ecologici e sociali. Nel 1991 ha istituito Navdanya, un movimento per proteggere la diversità delle risorse biologiche, specialmente i semi, e per sostenere l’agricoltura organica e un commercio corretto.
E puntualmente, circa 10 anni dopo, ha fondato Bija Vidyapeeth (Università della Terra), un college per il vivere sostenibile.
Vandana Shiva ha insegnato nelle università, ha scritto libri, e fa parte del consiglio di amministrazione di molte organizzazioni che riguardano le donne, l’agricoltura organica, i diritti internazionali di proprietà, oltre ad altri problemi. Attualmente lavora con il governo del Bhutan per assicurare che il paese sia organico al 100%.
Perché allora stava parlando con me? Ebbene, in realtà non parlava. Aveva volato da Delhi a Toronto per fare una conferenza sul Diritto al cibo, le donne, lo sviluppo, e l’economia globale, all’università dove aveva studiato (Guelph). Ho avuto soltanto abbastanza fortuna di parlare con lei nella stessa macchina.
Credo di capire che in molte aziende agricole in India le donne hanno la responsabilità di piantare i semi e di fare il raccolto, nella fase finale domestica della produzione del cibo. Ha visto un aumento di donne impegnate nella fase finale del prodotto nazionale, nel commercializzare e distribuire il cibo? 
"Oh, certo. Ci sono mercati ortofrutticoli dove ci sono soltanto donne. A Bangalore, dove ho trascorso 3 anni, ogni sera solita andare a piedi al mercato locale e c’erano soltanto donne che vendevano verdure coltivate da loro stesse. E al mercato di Manipur, soltanto donne che stanno protestando perché vogliono demolire il mercato per creare un’autostrada che attraverserà l’India, la Birmania e la Cina e servirà per vendere le merci. L’agricoltura e il cibo costituiscono l’economia delle donne fino a quando non viene sequestrata dalle grosse aziende. In generale, l’unica cosa che fanno gli uomini nell’agricoltura tradizionale è la semina. Tutte le altre cose le fanno le donne. Infatti l’ONU, e l’Organizzazione per cibo e l’agricoltura (FAO) volevano che facessi un rapporto sulle donne nell’agricoltura. Quando ho finito di guardare i dati, ho dovuto dargli il titolo: “La maggior parte degli agricoltori in India sono donne.” E la maggior parte del lavoro è fatto da donne."
Pensa che da quando ha fatto questa ricerca e da quando lavora in questo campo, i ruoli delle donne siano cambiati?
"Oh, sì, le donne sono state destituite enormemente. Sono state destituite dai semi, dall’agricoltura. Una grandissima parte del lavoro e dell’impiego delle donne nell’agricoltura è ilo diserbare che non è un’attività sprecata, a un certo livello è mietitura. Quando si hanno piante che non fanno parte della coltura che si è seminata, queste sono o cibo (alcuni dei cibi più nutrienti sono definiti erba ), mangime, o piante medicinali. Ora, quando l’erbicida Roundup invade, tutto questo se ne va e con esso se ne va la nutrizione, il salutare foraggio per gli animali, e, peggio, quello che se va con Roundup è il lavoro delle donne. Purtroppo le grosse aziende come la Monsanto vendono il Roundup…. All’inizio mi ricordo che vedevo questi grossi cartelloni pubblicitari che dicevano: “Liberatevi, usate Roundup,” come se eliminare volesse dire liberazione. E nella lavorazione dei generi alimentari, le nostre politiche per la globalizzazione erano: il cibo è troppo importante per la vita e l’economia che non dovrebbe subire processi industriali. Quindi le nostre politiche erano che doveva essere limitato al settore su piccola scala. E in quei settori il lavoro era femminile. Quindi tutta la preparazione veniva fatta da donne, e la produzione era sana e deliziosa. E con la globalizzazione gli standard del cibo cambiano, la sicurezza del cibo cambia, i sussidi cambiano. La Pepsi ottiene dei sussidi e una piccola unità produttiva non li ottiene. Sono appena tornata da un pellegrinaggio per il suolo vivente e il Mahatma Gandhi, il profeta della non-violenza dei nostri tempi, ha promosso la produzione artigianale in opposizione a quella industriale per i viveri, per il lavoro, per mantenere la ricchezza nella comunità. Infatti quando gli agricoltori passano dalla coltivazione del cibo alla sua lavorazione, fondamentalmente finiscono per creare merci economiche per l’industria e diventano più poveri. Non c’è valore aggiunto per la comunità, c’è soltanto sfruttamento. E, letteralmente, le aziende Pepsi e Nestle di tutto il mondo hanno inventato questi nuovi standard di sicurezza del cibo e hanno chiuso il frantoio dell’olio con la pressa a freddo mai usata, nell’ashram del Mahatma Gandhi. E quindi in gennaio tornerò a lavorare con loro. E rendetevi conto che l’olio industriale è prodotto con così tanti prodotti chimici – la maggior parte è suolo GM, (geneticamente modificato) usando l’esano* per l’estrazione dal suolo e serve proprio a dislocare gli olii realmente sani. E con questo il sapere delle donne e il loro lavoro. Dato che ho attraversato un periodo di vita abbastanza lungo da essere stata testimone dell’India nel periodo pre-globalizzazione e in quello post-globalizzazione, posso dire che i cambiamenti sono enormi.
In generale le donne non si danno al crimine, ma, sai, nessuno di coloro che mettono in pratica le politiche vedono la connessione tra la crescita del crimine e della violenza – in particolare della maggiore violenza contro le donne – e la distruzione dell’economia e dei mezzi di sostentamento. E sai che il PIL è un numero completamente inventato. Si quantifica la cosa sbagliata. Se taglio quell’albero ho una crescita, ma se lo lascio crescere, ho zero crescita. Se le persone si alimentano e i figli sono sani, il nutrimento è accessibile, niente crescita economica. Si crea la malnutrizione, le malattie, allora c’è crescita economica. Lavoro con il governo del Bhutan che negli anni ’70 ha deciso che non avrebbero misurato la crescita economica nel solito modo. E invece del Prodotto Interno Lordo (PIL) noi massimizzeremo la felicità totale nazionale della gente."
Come è il suo approccio a questi argomenti diverso da quello dei suoi colleghi e degli attivisti non ambientalisti?
"La mia istruzione formale è la fisica, tranne per quell’anno che ho fatto all’Università di Guelph a cui sono molto grata perché penso che la riflessione filosofica sia molto importante, altrimenti le persone diventano degli automi che replicano soltanto qualcosa, senza pensare. E prima di arrivare qui di solito pensavo che si poteva vivere la vita per mezzo delle equazioni. Pensavo che scrivere fosse una perdita di tempo. Ma, sai, si dovevano scrivere delle relazioni e in seguito si doveva scrivere su argomenti di filosofia. Credo che sia stato allora che mi sono resa conto che scrivere non è poi uno spreco di tempo. Come è cambiato il mio modo di pensare? Primo, perché in molto del lavoro che faccio oggi…Non ho avuto una formazione lineare, a una sola dimensione. L’ho affrontato come un problema in natura. Vedo crollare un ecosistema e cerco di capire che cosa sta realmente accadendo. E nella realtà le cose sono tutte collegate. La mia tesi di dottorato, che ho fatto all’Università del Western Ontario, parlava della non località e della non-separabilità nella teoria quantistica, quindi anche la scienza ci dice che ogni cosa è connessa e tuttavia c’è un paradigma riduzionista che pretende che ogni cosa sia separata. Purtroppo molti tirocini sono in quell’unico solco a una sola dimensione, e quando si entra nel percorso accademico, si vogliono le proprie pubblicazioni, si vuole un incarico, e quindi si deve continuare su quella strada. Quindi tante cose vengono escluse. Proprio come il PIL esclude tanta parte della realtà. Gli approcci riduzionisti non guardano all’interdisciplinarietà, non guardano alle connessioni. Lasciano fuori un sacco di cose."
Sono esclusionisti per natura
"Esattamente."
Come è passata dalla fisica all’agricoltura? C’è stata qualche reazione da parte dei suoi colleghi quando ha fatto quel passo?
"No, no. Anche quando ho deciso di venire qui in Canada per fare i miei studi superiori, ho fatto la scelta consapevole che non volevo studiare fisica meccanica. E non volevo essere soltanto un ingranaggio della macchina. Per me, da quando ero una bambina, la fisica era comprendere come funziona la natura. E quella comprensione era ciò che ho seguito fino ad adesso, specialmente quando mi specializzai nei fondamenti della teoria quantistica, all’epoca andavo già avanti da sola. Quindi la mia traiettoria era quella che mi stavo costruendo da sola. Quando sono ritornata, avevo la scelta di continuare con le istituzioni di fisica, e consapevolmente ho scelto di entrare in un istituto dove potevo osservare le interazioni tra scienza e società perché sono stata sempre turbata dai messaggi incongruenti. Ci dicono sempre: “La scienza elimina la povertà.” L’India ha la terza più grande comunità scientifica del mondo e uno dei tassi più alti di povertà e di malnutrizione. E una non dipendeva dall’altra.
Proprio come quando ho fatto il mio lavoro sulla Rivoluzione Verde….Alla Rivoluzione Verde fu assegnato il Premio Nobel per la Pace, e nel 1984 il Punjab era una terra di violenze. E il Canada è collegato a questo perché il volo dell’Air India fatto esplodere mentre era in volo sull’Irlanda, faceva parte di tutta quell’azione estremista. Non aveva senso ricevere un premio per la pace quando c’è violenza. All’epoca lavoravo per l’Università delle Nazioni Unite e ho detto: “Dovete guardare questa cosa.” La pressione in effetti veniva in due punti: non da nessun collega del gruppo. Come ho detto, nel campo della fisica seguivo già una mia strada. E’ stato allora che ho saputo della Banca Mondiale. Vivevo a Bangalore e ogni giorno vedevo che sui terreni agricoli si piantavano sempre più eucalipti e non riuscivo a capire perché. Ho quindi detto all’istituto per il quale lavoravo che dovevamo indagare su questa cosa molto strana. E naturalmente scoprimmo che dietro a questo fatto c’era la Banca Mondiale che finanziava la crescita degli eucalipti per ricavarne la materia prima che serviva per l’industria della cellulosa e definendola silvicoltura sociale perché ci eravamo inventati quell’espressione per il movimento Chipko*. Lo studio ebbe un enorme impatto e il movimento degli agricoltori è spuntato attorno a questo e il parlamento regionale fece enormi discussioni al riguardo e rifiutò il piano. Penso che sia stato uno degli studi molto importanti che ha scosso il sistema. Il direttore del mio istituto mi voleva molto bene e mi rispettava e mi disse: “Mi piace tanto il lavoro che svolgi e sono tanto orgoglioso di te, ma la Banca mondiale mi sta facendo grandi pressioni e mi dice: “Taglieremo questo finanziamento e quest’altro finanziamento se mai facessi una ricerca come questa.” Il direttore si chiamava Dottor Ramasan. Gli dissi: “Dottor Ramasan, non ho intenzione di cambiare. Per me qualsiasi ricerca significa trovare la verità. E nessun potere al mondo può reprimere quel desiderio che ho dentro di me. E invece se lei perde le donazioni necessarie per l’istituto, mi creerò uno spazio dove posso lavorare in maniera indipendente. E questo è il motivo per cui ho creato la Fondazione di Ricerca e ho lasciato l’Istituto. La successive pressioni non le ho ricevute dai colleghi, ma dalla Monsanto e dai lobbisti. Non sono scienziati amici, sono giornalisti, sono letteralmente disposti a farsi assumere per fare il lavoro sporco. C’è un tizio qui in Canada che fa finta di essere di Greenpeace; ho controllato con quella associazione e ho scoperto che una volta vi era entrato ma che lo avevano buttato fuori. Non li chiamo colleghi."
Come possiamo essere tutti sostenibili nelle nostre pratiche di consumo del cibo?
"Penso che il modo di essere sostenibili nelle pratiche del consumo di cibo sia quello di essere sostenibili nella produzione del cibo. La non sostenibilità è costruita proprio nel modello dell’agricoltura industriale che usa dieci volte gli input che produce, usa dieci volte di più l’energia che produce come calorie, usa dieci volte di più i finanziamenti per l’acquisto di input interni rispetto a quelli che i coltivatori possono guadagnare – motivo questo per cui i coltivatori si indebitano e abbandonano la terra o, nel caso dell’India, si suicidano (300.000 persone). Quindi questo non è sostenibile. Fortunatamente, però, abbiamo modi migliori per produrre. Ci sono tre cose da fare (questo è il lavoro che ho fatto tramite Navdanya, il movimento che ho creato negli ultimi 30 anni): dobbiamo passare dalle monocolture alla diversità, dobbiamo passare dai prodotti chimici e dagli apporti esterni ai processi ecologici, agli apporti interni – si chiama agro-ecologia, dobbiamo passare dal commercio globalizzato alla distribuzione locale. In questo modo la ricchezza viene distribuita, e vengono migliorati sistemi più nutrienti, più sani, più freschi."
Si è parlato molto dell’energia solare nel Golfo Arabico e specialmente in Arabia Saudita, come di una risorsa di energia più verde. Tuttavia, proprio di recente, un importante progetto nel regno arabo-saudita è stato rinviato di 8 anni. Ha mai lavorato con attivisti ambientalisti in Medio Oriente e quale pensa che sia la possibilità di realizzazione per i produttori di energia solare e di altre forme di energia sostenibile in questa parte del mondo?
"Sono stata in Medio Oriente, anche per una conferenza sulla sostenibilità perché sono consigliera di un qualcosa che si chiama The World Future Council [Il Consiglio mondiale per il futuro]. Siamo stati invitati da Abu Dhabi e trovo estremamente strano che lì ci si trovi in un deserto che ha una popolazione molto scarsa e che poi si trovi il petrolio. E ora vi si stanno costruendo delle mega città per le quali hanno bisogno di un sacco di risorse. L’intera economia – si fanno entrare migranti che lavorano per questa economia, si fanno entrare migranti per servirne altri in condizioni di schiavi. Quelle comunità vengono a parlarmi e bisogna sapere qualcosa oltre a ciò che dicono le riviste patinate. Ma trovo quelle enormi mega città proprio brutte rispetto al contesto del deserto. E dire poi che si deve passare all’energia solare…Ho creato un nuovo manifesto che si chiama “Terra Viva” che ha seguito tutta l’insurrezione siriana ed è interamente collegato al degrado della terra, alla desertificazione e al cambiamento di clima. Infatti nel 2009 un milione di coltivatori si è trasferito in città ed è stato allora che iniziarono le violenze. E quindi le potenze globali cominciarono a fornire di armi i ribelli perché volevano che Assad se ne andasse. Non c’era l’ISIS nel 2009. E’ stato creato armando le persone. Una volta che tutto questo denaro e tutte queste armi circolano, è venuto fuori un fenomeno completamente nuovo. E ora abbiamo la Russia che è entrata in scena e quindi le cose non saranno affatto piacevoli per quel gruppo di paesi con le loro città artificiali che saltano fuori dal deserto. Devono fare violenza all’Africa adesso – si stanno acchiappando un sacco di terra per la loro sicurezza. Penso davvero che questi paesi debbano avere un ripensamento: “Siamo così tanti, e quindi creiamo la sostenibilità in base a queste popolazioni invece che portare qui il mondo.” Attirare queste popolazioni nel deserto con uno stile di vita lussuoso, non può essere sostenibile."
E consumano così tanto
"Sì, consumano tanto. Vedo la pubblicità in India: “Andate a Dubai per fare acquisti.”
Hanno enormi centri commerciali. Tutta la città è un centro per i consumatori. Non si tratta quindi soltanto problema del petrolio rispetto al solare, ma c’è quello di questa attrazione per l’artificiale. La totale polarizzazione tra i super ricchi e coloro che vanno a fare acquisti e gli operai edili."
Bene, hanno anche diverse etichette, vero? Gli emigrati della classe bianca alta o media si chiamano espatriati (persone che sono andate a vivere all’estero), mentre i lavoratori si chiamano migranti.
"Sono stata molto turbata quando ho letto su The Economist riguardo a questo problema. Invece di parlare di Medio Oriente, parlano di paesi musulmani. E’ una denominazione piena di islamofobia e la alimenterà ulteriormente. Hanno abbandonato l’etichetta di Medio Oriente."
E ora cambiamo completamente argomento. Lei ha fatto così tante cose diverse nella sua vita, una delle quali è la ginnastica. Come mai questa attività non ha avuto successo?
"Oh, sai, qualcuno se lo è inventato. Non sono mai stata una ginnasta. Ero un’ottima atleta. Ero la migliore cestista e giocatrice di throw ball (letteralmente: lancio della palla)."
Che cos’è?
"Oh, sai, si butta una palla al sopra di una rete."
Una specie di pallavolo?
"Sì, è come la pallavolo. Ero una velocista molto brava. Mi piaceva, mi piaceva la sfida che offrono gli sport. Due anni fa, quando la lobby Monsanto cominciò a operare, hanno cancellato tutte le mie lauree in fisica da Wikipedia. E hanno sostituito tutte le cose sul lavoro che ho fatto. Non gestisco io la mia pagina di Wikipedia, lo fanno altri per me. E qualcuno ha sostituito l’atletica con la ginnastica. Mio figlio e i suoi amici hanno cominciato a lavorare per sistemarla come era prima, ma in un secondo cambiava di nuovo. E ci sono degli scienziati che vengono attaccati dalla Monsanto in maniera sistematica. Hanno assunto Conde Nast che aveva comprato il New Yorker, hanno tramato contro di me. Hanno preso eserciti di persone che stavano lì soltanto per cambiare le pagine di Wikipedia. E Seralini è uno dei massimi scienziati che hanno fatto ricerca sulla disgregazione di un organismo con il glisofato e le colture Roundup Ready e gli OGM; è un importantissimo scienziato in Francia che scrive articoli su enormi pubblicazioni e fa parte di una grandissima squadra di ricercatori. Hanno fatto tutta una serie di tentativi per cercare di fare ritirare questo articolo, la rivista si è rifiutata, e quindi hanno cambiato il redattore. E la pagina di Wikipedia si chiama “la faccenda Seralini.” C’erano dieci persone dietro ognuno di noi che erano pagati soltanto per mantenere il tipo di narrazione che aveva costruito la Monsanto. Si può correggere e ti ritorna indietro. Hanno assunto tantissime persone – noi lavoriamo con le nostre sole forze. Devo dire che sono atti criminali. Ho passato così tanto tempo nel movimento per l’agricoltura, si deve sempre trattare con le imprese, c’è sempre un interesse personale. Gli scienziati puri non affrontano mai questo. Al primo scienziato a cui il Regno Unito ha chiesto di studiare gli effetti degli OGM (gli organismi geneticamente modificati) hanno chiuso il suo laboratorio e ha avuto un ictus. Era arrivato dall’Ungheria come rifugiato ed è tornato al suo paese perché lì c’era più libertà."
Si sente mai paranoica?
"No, sono realistica. Ho avuto sufficiente esperienza. Per esempio, ho fatto una causa legale alla Monsanto e ho avuto uno straordinario numero di minacce per abbandonare il caso. E così ho deciso di fare 20 copie del documento e di dire a 20 amici: “Se non compaio in tribunale dovete andarci voi!” Vogliono che abbiamo paura."
Ha dei consigli per dei futuri attivisti nel campo dell’agricoltura?
"Uno è: dovete fare un lavoro che si prenda cura della Terra e del cibo. E proprio perché coloro che stanno distruggendo il pianeta e impedendoci il diritto al cibo hanno immense quantità di denaro, fatevi guidare dalla vostra coscienza. E siate resistenti."




Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: Pop Culture Middle East
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

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