La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 19 novembre 2015

Una riflessione politicamente scorretta sul massacro di Parigi

di Roberto Savio 
I media sono dovunque unanimi nella loro condanna del massacro di Parigi di tre giorni fa, sollecitando l’unità dell’occidente e l’intensificazione dell’intervento militare contro lo Stato Islamico (IS). Ma ciò risolverebbe il problema del terrorismo? E non è ora di far riflettere sulle responsabilità dell’occidente nell’ascesa del terrorismo?
Naturalmente il massacro di Parigi può solo causare orrore e cordoglio. Ma perché dei giovanissimi possono agire in modo così atroce?
Il comune di Courcouronnes, il ghetto da cui è venuto l’assassino kamikaze identificato Ismail Mostafa, era anche residenza di Asata Diakité, una delle vittime. Facciamo allora tre riflessioni. La prima è che le relazioni tra il mondo arabo e l’occidente hanno un passato pesante.

Sono iniziate quando, nel 1916, durante la prima guerra mondiale, fu raggiunto un accordo per dividere l’Impero Ottomano tra Francia, Gran Bretagna, Russia e Italia. La scomparsa dell’Impero Russo e la lotta di Kemal Ataturk che fu in grado di mantenere indipendente la Turchia, lasciarono la Francia e la Gran Bretagna a dividere il resto.
Paesi artificiali furono ritagliati al tavolo dei negoziatori e così furono creati Siria e Iraq, per citare solo i due paesi più rilevanti per il caos attuale. Nel processo i negoziatori, François Georges-Picot per la Francia e sir Mark Sykes per la Gran Bretagna, dimenticarono di assegnare del territorio ai curdi, un altro problema contemporaneo. Nei nuovi paesi furono insediati governanti che non erano legittimati dal sostegno popolare e che non hanno mai avviato un processo di modernizzazione e democrazia.
Poi, in una sintesi brutalmente compressa, arriviamo al giorno d’oggi, con la crescita dell’istruzione e l’arrivo di Internet. Milioni di giovani istruiti e disoccupati hanno sempre sentito che l’occidente aveva una grande responsabilità storica per le loro vite senza futuro. La Primavera Araba ha determinato ulteriore frustrazione. In Egitto il dittatore Hosni Mubarak è stato sostituito da un altro, Abdelfatah Al-Sisi, con l’acquiescenza dell’occidente. E la Tunisia, la sola democrazia che sopravvive, ha ricevuto ben poco sostegno reale.
Una parte importante di questa riflessione è che l’occidente tende a ignorare il fatto che tutto ciò che sta succedendo oggi è dovuto a tre interventi: in Iraq, Siria e Libia. Tutti e tre erano mirati a realizzare un cambiamento di regime e a eliminare gli sgradevoli dittatori Hussein, Assad e Gheddafi, sempre nel nome della democrazia e della libertà. Ma non c’è mai stato un piano per il dopo intervento e il vuoto lasciato dai dittatori è sotto gli occhi di tutti.
Contemporaneamente l’IS non è arrivato ignorato. Una dichiarazione impressionante è arrivata quest’anno ad agosto (e totalmente non riferita altrove) in un’intervista ad Al Jazeera di Michael Flynn, un ex capo dei servizi segreti della difesa USA (DIA). Flynn ha affermato che nel 2007 neoconservatori avevano convinto il vicepresidente statunitense Dick Cheney ad appoggiare iniziative per rovesciare il regime di Assad creando una separazione tra Siria e Hezbollah mediante la creazione di un “principato salafita” nella Siria orientale. Ciò avrebbe anche giocato a favore di Israele. Il salafismo, un ramo radicale ed estremo del sunnismo, è la religione ufficiale dell’Arabia Saudita, che ha speso grandi somme per esportare il salafismo, e lo Stato Islamico è una progenie del salafismo. Ciò che è stupefacente è che Flynn ha detto che nel 2012, quando l’IS stava cominciando ad apparire, egli aveva trasmesso un rapporto alla Casa Bianca. L’assenza di reazione, ha detto, non era dovuta al fatto che era stato chiuso semplicemente un occhio; era stata una “decisione deliberata” di lasciare che succedesse. E’ una ripetizione del modo in cui bin Laden fu usato nella guerra contro i russi in Afghanistan. Ma a questo punto dovremmo sapere che è impossibile cavalcare il fanatismo.
Comunque è un fatto che l’occidente non ha cominciato ad agire contro l’IS se non molto tardi. E questa lotta non è che una piccola parte nel caos siriano complessivo, che è una guerra per conto terzi, in cui i nemici dell’occidente – curdi, Hezbollah, iraniani – stanno conducendo la lotta vera contro l’IS. E gli alleati dell’occidente – Arabia Saudita, i paesi del Golfo e la Turchia – in realtà non stanno combattendo l’IS ma solo Assad, mentre l’intervento russo è stato motivato dal sostegno al regime di Assad, con scarsissimi interventi contro l’IS.
Forse Parigi cambierà ciò, poiché Putin non può mostrare di ignorare l’IS, specialmente dopo che quest’ultimo ha fatto esplodere un aereo russo. Ma fino a oggi l’occidente non ha realmente intrapreso azioni militari contro i 50.000 combattenti di cui si stima l’IS disponga … a meno che non si considerino azioni serie i bombardamenti aerei. E’ anche importante osservare che nelle strade arabe l’opinione unanime è che l’IS non avrebbe potuto esistere senza la tolleranza dell’occidente. Anche se queste sono solo voci, contribuiscono ad alimentare il risentimento.
Non dovremmo dimenticare che l’obiettivo dello Stato Islamico consiste nel deporre tutti i re e i dittatori e nel creare un califfato salafita che ridistribuirà tutta la ricchezza dal Golfo a ciascun paese … e in origine è stato in larga misura un affare interno del mondo mussulmano sunnita e sciita.
Il vicepresidente statunitense Joe Biden ha messo le cose in chiaro in osservazioni pubbliche nell’ottobre del 2014, quando ha affermato: “I nostri alleati nella regione … così decisi a rovesciare Assad e ad avere, essenzialmente, una guerra per procura di sunniti contro sciiti, che cosa hanno fatto? Hanno riversato centinaia di milioni di dollari e decine di migliaia di tonnellate di armi su chiunque lottasse contro Assad, solo che quelli che erano così riforniti erano al-Nusra e al-Qaeda e gli elementi estremisti del jihadismo in arrivo da ogni parte del mondo”.
La seconda riflessione va fatta sulla situazione dei mussulmani in Europa, che si stanno sempre più collegando all’IS. La Francia ha una situazione speciale, con sei milioni di mussulmani, quasi la popolazione della Norvegia. Dieci anni fa gli stessi ghetti di Parigi, che oggi sono il principale terreno di reclutamento dell’IS, furono scossi da una rivolta improvvisa che durò venti giorni, con oltre 10.000 auto bruciate. Tutte le notizie dal ghetto parlano di gioventù disoccupata rigettata dalla società francese. Sono la seconda o terza generazione di immigrati che si sentono francesi ma che, diversamente dai loro padri, hanno una crisi di identità e riguardo al futuro e vedono nel califfato vendetta e dignità. C’è unanimità sul fatto che dopo le rivolte di dieci anni fa, la frustrazione non ha fatto che crescere e lo stesso può essere detto di molti giovani mussulmani in tutta Europa.
L’azione simultanea a Parigi di almeno tre gruppi, con numerosi kamikaze arrivati da fuori della Francia, mostra che cosa possiamo attenderci in futuro. E il terrorismo è per lo Stato Islamico principalmente una tecnica di reclutamento. Ogni azione aumenta il prestigio del Califfato e getta tra le sue braccia ancora altri mussulmani europei frustrati. Perché nessuno ha scritto che oggi si stima che almeno il cinquanta per cento dei combattenti dell’IS arriva dall’estero, quando in origine erano solo iracheni e siriani?
La terza riflessione è che oggi l’occidente è tragicamente in una situazione in cui non può vincere. Se interviene militarmente davvero, approfondirà la convinzione che è il vero nemico del mondo arabo, sia dei sunniti sia degli sciiti. Può agevolmente abbattere militarmente l’IS, ma risolvere la frustrazione e lo spirito di vendetta che stanno dietro il terrorismo è decisamente un’altra questione. Il massacro di Parigi inserirà un cuneo più forte tra i mussulmani europei e la popolazione europea con un’ulteriore radicalizzazione che è anch’essa nei calcoli dell’ISIS. Ma se l’occidente non interviene, eventi come quelli di Parigi sono politicamente impossibili da ignorare. Il The New York Times ha appena pubblicato una lettera dell’importante neoconservatore Michael Goodwin che chiede le dimissioni del presidente statunitense Barack Obama. Richieste analoghe di dimissioni del governo si sono sentite in numerosi paesi europei e richieste di un esercito europeo integrato arrivano da molte parti, tra gli altri dal ministro italiano della difesa Roberta Pinotti.
Così, in conclusione, chi trarrà vantaggio da Parigi? Innanzitutto tutti i partiti xenofobi e di destra che sono oggi in grado di chiedere la chiusura dell’Europa ai profughi. Il nuovo primo ministro polacco, Beata Szydlo, ha già dichiarato che, alla luce degli attentati di Parigi, la Polonia non può accettare le quote europee riguardanti i richiedenti asilo. La popolarità dei vari Salvini (Italia), Le Pen (Francia) e Pegida (Germania) sta crescendo. Indubbiamente l’inevitabile animosità contro i mussulmani rafforzerà l’attrattiva dell’IS. Così aumenterà la polarizzazione, anziché la tolleranza, il dialogo e l’inclusione: la violenza chiama altra violenza. Pare che stiamo passando da un’epoca di avidità a una di paura … e ciò, assieme al crescente impatto del riscaldamento globale, è sempre più sentito, al di là della retorica e delle dichiarazioni facili.

Da Z Net Italy- Lo spirito della Resistenza è vivo
Originale: Other News
Traduzione di Giuseppe Volpe
©2015 ZNet Italy- Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

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