La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 18 dicembre 2015

Fine del Chavismo?

di Gabriel Hetland
Il Partito Socialista Unito del Venezuela al governo, (PSUV) ha subito una sconfitta devastante nell’elezione parlamentare di domenica 6 dicembre. Il partito di opposizione, Fronte di Unione Democratica (MUD – Mesa de la Unitad Democratica) ha avuto il 56% del voto popolare rispetto al 41% del PSUV. Grazie a un sistema elettorale maggioritario, il MUD ha ottenuto 112 seggi (67%) mentre il PSUV ne ha presi 55 (il 33%). L’opposizione controllerà l’Assemblea Nazionale per la prima volta in 16 anni. Con una super-maggioranza di due terzi, l’opposizione avrà importanti poteri, compresa la capacità di bloccare la spesa governativa e le nomine ministeriali, di destituire le Supreme Corti giustizia in carica, di rimuovere il vice presidente, di convocare l’assemblea costituzionale e di indire un referendum per destituire il presidente. (Non è chiaro se l’Assemblea Nazionale può indire un referendum revocatorio per proprio conto o dopo aver raccolto le firme del 20% dei votanti).
Il Presidente Nicolás Maduro ha immediatamente accettato la sconfitta, dimostrando che le paure diffuse espresse dall’opposizione, dai media internazionali, dal governo statunitense e da altri governi stranieri che il governo non avrebbe accettato una sconfitta, erano infondate. Vale la pena notare che il riconoscimento da parte del governo della vittoria del MUD si trova in notevole contrasto con i ripetuti rifiuti dell’opposizione di accettare le sconfitte elettorali del passato (comprese quelle del 2004, 2006, 2013), malgrado il fatto che numerosi osservatori, tra cui Jimmy Carter, abbiano lodato il sistema elettorale del Venezuela definendolo tecnicamente solido e “il migliore del mondo.”
Perché il governo ha perduto
“Le cose sono peggiori adesso di quanto lo fossero durante il Caracazo,” ha detto Omar Machado, riferendosi all’insurrezione popolare del 1989 a Caracas, scatenata dalla improvvisa imposizione dell’austerità neoliberale e che fece centinaia (migliaia, secondo alcune stime) di morti, per mano delle forze di sicurezza statali. Machado, un organizzatore di comunità che vive nel barrio 23 de Enero di Caracas,ha elencato velocemente una lista di prodotti quotidiani – shampoo, sapone, deodoranti, assorbenti, e pillole per il controllo delle nascite – che lui e la sua famiglia non sono stati in grado di ottenere per mesi. Se Machado vuole comprare prodotti alimentari fondamentali come pollo, farina di mais, e fagioli neri, a prezzi regolamentati, deve affrontare le lunghe file che si trovano in tutto il Venezuela. Le file esistono “ a causa dei bachaqueros che comprano dei prodotti a 19 bolivares e poi li rivendono a 200 o 300.” (Un bachaquero è una persona che compra prodotti a prezzo regolamentato e che li rivende al mercato nero a tariffe molto più alte).
Le difficoltà che affrontano Machado e milioni di venezuelani per far quadrare i conti sono dovuti a una grave crisi economica causata dai bassi prezzi del petrolio (le entrate del petrolio rappresentano il 96% dei guadagni che ricava il Venezuela dalle esportazioni e il 40-45% del bilancio federale), dalla scarsa gestione fatta dal governo del tasso di cambio della sua valuta, e, se si deve credere al governo, da una “guerra economica” intrapresa dalle aziende e dall’opposizione. Il Fondo Monetario Internazionale stima che quest’anno l’economia del Venezuela si contrarrà del 10% e che quell’inflazione raggiungerà quasi il 200%. La povertà e la disoccupazione sono andate crescendo. Ci sono vaste mancanze di innumerevoli beni, dal caffè, uova e carta igienica, fino ai ricambi per le auto, al cemento e agli input industriali. E ci sono le file esasperanti e onnipresenti che possono durare 5 ore e più per qualsiasi cosa: dal ritirare i soldi in banca, a prendere l’autobus al comprare alimenti fondamentali ed elementari beni di consumo a prezzi regolamentati.
Come la maggior parte dei chavisti con i quali ho parlato alla vigilia e il giorno stesso delle elezioni, Machado accetta il punto di vista del governo che la “guerra economica” dell’opposizione ha causato la crisi economica del Venezuela. Machado aveva programmato di votare per il PSUV e pensava che il governo avrebbe vinto le elezioni. “Il governo vincerà perché l’opposizione non funziona. La gente forse è seccata con questo o quel deputato, ma non voterà per l’opposizione.” Machado, tuttavia, era critico riguardo “alle misure non serie prese dal governo” per affrontare la crisi. “Stanno soltanto regalando le cose e dipingendo le facciate delle case.” Machado è preoccupato anche del crescente divario tra la dirigenza del PSUV e la sua base. “La gente è arrabbiata perché una parte del partito si è integrata nel potere. Il partito non riconosce i veri capi, i capi popolari. E’ guidato da candidati che vi sono stati paracadutati.
Machado e gli altri che predicevano una vittoria del governo hanno dimostrato di essersi sbagliati. La vittoria dell’opposizione è dovuta, in parte, alla forte affluenza nei distretti ricchi, come i municipi di Chacao, Baruta ed El Hatillo. Il voto dell’opposizione in questi distretti, tuttavia, è stato quasi identico a quello che si era avuto nell’elezione per l’Assemblea Nazionale del 2010, mentre c’è stato un aumento dell’affluenza in tutta la nazione, dal 66% nel 2010 al 74% nel 2015 (l’affluenza più alta nella storia venezuelana per un’elezione semplicemente parlamentare). E’ quindi chiaro che la schiacciante vittoria del MUD è dovuta al diffuso appoggio tra i settori popolari che hanno tradizionalmente appoggiato il chavismo. Il MUD ha vinto in 18 dei 24 stati, compreso lo stato natale di Hugo Chávez, Barinas, e le precedenti roccaforti di Caracas, come il 23 de Enero, Catia e Caucaguita, un distretto poverissimo che confina con Petare, uno dei più grandi barrios dell’America Latina. L’appoggio dell’opposizione da parte dei settori popolari e il margine della vittoria distinguono queste elezioni dal referendum del 207 per la riforma costituzionale, l’altra unica tra le 20 elezioni svoltesi fin da 1998 che il Chavismo ha perduto; la sconfitta del 2007 era avvenuta con un margine sottile come una lama di rasoio con una notevole astensione nei distretti chavisti.
Ho trascorso la Giornata delle Elezioni all’Isola Margarita (fa parte dello stato Nueva Esparta), visitando otto centri elettorali, come parte di un’iniziativa elettorale internazionale di contorno, organizzata dal Consiglio Nazionale Elettorale del Venezuela (CNE). Le conversazioni con elettori della classe media e dei settori popolari, rivelano che i due gruppi avevano motivi diversi per appoggiare l’opposizione. Un pilota di voli commerciali nel centro elettorale con affluenza di persone di reddito misto, a La Asunción, appoggiava l’opposizione perché, ha detto: “Voglio un cambiamento. Voglio che questo sia un paese normale,” come le altre isole caraibiche dove vola regolarmente. Un altro elettore della classe media favorevole all’opposizione, ha detto: “Spero che potremo riacquistare la libertà e la democrazia.” Questo rieccheggia ciò che aveva detto Robinson Montillo, un pescivendolo di classe media di un sobborgo di Caracas, e forte sostenitore dell’opposizione, la settimana prima delle elezioni: “Questo paese è in una condizione negativa. Può non essere una dittatura, ma le assomiglia. C’è molta oppressione, abbiamo dei prigionieri politici.”
Nei centri elettorali del settore popolare che ho visitato, ho incontrato parecchie persone che progettavano di votare per l’opposizione. In un barrio nella città di Palomar (i funzionari del CNE dicevano che era nota per i reati e per il “temperamento caldo” della gente), soltanto due delle 18 persone con le quali ho parlato, pensavano di votare per il PSUV. Nessuno dei votanti favorevoli all’opposizione ha nominato la libertà e la democrazia come motivo per votare così. Tutti dicevano di appoggiare l’opposizione a causa delle difficoltà materiali che dovevano affrontare. “Voglio un cambiamento,” mi ha detto una donna. Indicando il bambino che aveva in braccio ha aggiunto: “Non posso comprare le medicine prescritte nella ricetta, e mio padre che ha 60 anni, è dovuto andare in un’altra nazione per avere cure mediche”, perché la medicina di cui aveva bisogno non era disponibile in Venezuela. Ripetutamente mi hanno parlato della frustrazione per le lunghe file e le carenze di cibo e degli elementari beni di consumo. Un’altra giovane donna con in braccio un bambino, ha detto: “Mi alzo alle 4 di mattina per fare la fila e non riesco neanche comprare il cibo. Voglio un cambiamento. Mentre parlava così, le donne che erano in piedi vicino a lei piegavano vigorosamente la testa in segno di assenso.
I sentimenti espressi da questi elettori indicano che è più corretto pensare al risultato elettorale meno come una vittoria per l’opposizione e più come a una non accettazione del governo. Questa è un’opinione di Juan Vicente Mi Mijares, un importantissimo funzionario del governo guidato dall’opposizione nel municipio di Sucre, nella zona orientale di Caracas, e membro di: Primero Justicia, una forza preminente nel MUD. Un po’ di giorni prima delle elezioni, Mijares ha detto che “l’opposizione vincerà perché il governo sta fallendo, ma non hanno una loro proposta.
Che cosa ci si prospetta
Come gli scaffali vuoti che vidi la settimana scorsa in un negozio di alimentari della catena Bicentenario, gestito dal governo, a Carora che si trova nello stato di Lara, la campagna elettorale dell’opposizione è stata caratterizzata da una mancanza di contenuti, una strategia deliberata che ovviamente ha funzionato ma che rende oscuro che cosa cercherà di ottenere l’Assemblea Nazionale guidata dal MUD. Sembra che ci sia una frattura tra un settore relativamente moderato, guidato dall’ex candidato alla presidenza, Henrique Capriles, e un settore di destra più radicale, guidato dal leader Leopoldo López (condannato a 13 anni e 9 mesi di carcere nel settembre 2015, n.d.t. ) e da Maria Corina Machado. Capriles ha detto occuparsi della crisi dell’economia è una priorità. E’ estremamente probabile che cercherà di farlo, stimolando gli investimenti domestici ed esteri. Non ho, tuttavia, saputo di alcuna proposta dell’opposizione riguardo alla pressante necessità di chiudere il divario spalancatosi tra i tassi di cambio ufficiali e quelli del mercato nero, dato che nelle scorse settimane il tasso del mercato nero è 125 volte maggiore di quello ufficiale. (L’esperto analista di Venezuela, Mark Weisbrot da anni sta esortando a chiudere questo divario tramite la fluttuazione controllata del bolivar).
I capi dell’opposizione hanno anche espresso il desiderio di ridurre le misure sociali, revocando, per esempio la Legge dei prezzi giusti, che, sebbene inefficace nella pratica, (a causa del bachaquerismo), ha permesso ai poveri l’accesso agli alimenti di base e ai beni di consumo fondamentali a prezzi molto bassi. La destra radicale che guidò le violente proteste del 2014, ha già indicato che cercheranno di rimuovere subito Maduro dalla carica, molto probabilmente con un referendum revocatorio. Questo provocherà un incremento della polarizzazione e ondate di mobilitazione e di contro mobilitazione. E probabilmente renderà più difficile o per il governo o per l’opposizione meno radicale risanare l’economia.
Il MUD, una coalizione difficile e ingombrante, che include tutti, dagli ex guerriglieri di sinistra ai proto-fascisti di estrema destra, forse non è in grado di conservare i suoi due terzi di super-maggioranza. Il governo quasi certamente cercherà di rimuovere qualsiasi legislatore, o offrendo nomine ministeriali o con altri mezzi (compresi i negoziazioni o la corruzione). Ci potrebbe, tuttavia, essere un movimento in entrambe le direzioni, in cui i membri meno radicali del PSUV abbandonino il partito per entrare nell’opposizione.
Nel suo discorso di sabato sera di accettazione della sconfitta, Maduro ha indicato la necessità che il governo e le forze rivoluzionarie si impegnino in un periodo di riflessione e di riconsiderazione. Contemporaneamente, ha ripetuto il punto di vista che l’opposizione è l’unica responsabile della crisi economica. Se Maduro deve avere una speranza di sopravvivere a un referendum revocatorio quasi sicuro, il governo deve accettare responsabilità molto maggiore e fare dei passi per affrontarla. Non sarà facile, data la continua diminuzione del prezzo del petrolio che è sceso dai 108$ al barile nel giugno 2014, a meno di 37$ al barile di adesso. Maduro ha discusso di alzare il prezzo del gasolio (è così basso che si può fare il pieno di un SUV con meno di 5 bolivar, che equivale a pochi centesimi al mercato nero) in molteplici occasioni tra il 2013 e il 2015. Finora, tuttavia, non ha fatto alcun passo perché questo accadesse. La principale ragione di questo è probabilmente la paura di Maduro che fare questo causerebbe ulteriori aumenti dei prezzi di molti prodotti.
Maduro è anche stato riluttante a mettere sotto controllo il tasso di cambio della valuta. Una ragione di questo potrebbe essere che fare così è probabile che generi resistenza da parte degli elementi corrotti dentro e fuori il governo i quali hanno tratto profitto immenso dal divario tra il tasso ufficiale e quello del mercato nero. Il divario significa che gli individui e le imprese che hanno fornito dollari al tasso ufficiale (6.3-1) allo scopo di importare merci hanno un enorme incentivo a vendere semplicemente i dollari al mercato nero, dove di recente il tasso è di oltre 800-1), fornendo loro sorprendenti profitti del 12.500% e oltre.
Comunità o nulla
Mentre il governo ha necessità di nuove politiche per superare la crisi, è un errore pensare che si possa fare con mezzi puramente tecnocratici. Dato che incontrerà crescente resistenza da parte dell’opposizione rafforzata e dai settori privilegiati, sia dentro che fuori del governo, Maduro ha bisogno sia di politiche migliori che di una maggiore mobilitazione popolare.
Questo, a sua volta, sarà possibile soltanto se il PSUV eliminerà il divario tra la sua leadership e la base. Secondo Atenea Jiménez, che ha fondato la Red de Comuneros, una rete di 500 Comunità in tutta la nazione. C’è una frattura all’interno del Chavismo, tra Chavismo a base popolare che vive attraverso la più difficile situazione di 16 ani di rivoluzione, e la leadership dello stato e del partito che è la stessa identica. C’è una grossa differenza tra quello che sente la base” e quello che vede la dirigenza. La Jiménez ha aggiunto: “Non c’è spazio per un collegamento tra il movimento popolare e il partito.”
Come Machado, anche la Jiménez è frustrata a causa della replica del governo alla crisi. “Di recente mio figlio che ha 9 anni, mi ha detto: ‘Capisco che la borghesia sta combattendo una guerra economica, ma che cosa fanno i rivoluzionari per affrontare questa situazione?’ E questo riassume perfettamente la situazione attuale. Come movimento popolare, abbiamo piani concreti per il modo di risolvere la situazione che abbiamo presentato a Maduro, ma sfortunatamente non vi hanno prestato attenzione.”
La Jiménez ha detto: “Abbiamo una proposta collettiva, in quanto Red de Communeros, per creare una rete comune per la produzione, distribuzione, e consumo del cibo. E questa sarebbe sotto il controllo delle comuni, non dello stato e non del settore privato.” La Jiménez ha detto che questa proposta potrebbe soltanto funzionare se ci fossero livelli alti di partecipazione popolare e di genuino controllo popolare. Questo è necessario per evitare la corruzione e la burocrazia che ha travolto altri progetti proposti dal governo, come la distribuzione fatta dal consiglio delle comuni di telefoni cellulari (che sono sempre più costosi e difficili da trovare in negozi privati e in quelli gestiti dallo stato).
Un po’di giorni prima delle elezioni, ho parlato con Johnny Murphy, un attivista di base a Carora che partecipa a una rete di produttori di media alternativi. Ha presentato un argomento che è molto simile a quello della Jiménez. Come lei e come altri chavisti che sino critici rispetto al PSUV, Murphy ha detto che la minaccia dell’opposizione significava che i rivoluzionari dovevano appoggiare il PSUV. Tuttavia, fare così era soltanto l’inizio. Murphy ha detto: “Sì, dobbiamo votare per i deputati rivoluzionari, ma dobbiamo pensare a un processo di rettifica, a proporre una nuova direzione rivoluzionaria, e a creare una dirigenza collettiva. Siamo impegnati a dare tutto il nostro appoggio a Nicolás Maduro che Chávez designò come capo della rivoluzione. Ma diciamo, Nicolás presidente, el pueblo insorgente. (Nicolás presidente, il popolo insorgente). Dobbiamo occupare più spazi, creare più spazi per il potere popolare, e creare uno stato comunitario e un’economia comunitaria, un’economia che non rubi alle persone, che non distrugga e non danneggi le persone. E, seguendo Chávez, chiamiamo questa economia il socialismo del 21° secolo.”
Non è chiaro se Maduro o altri funzionari di governo ascolteranno il consiglio dei capi popolari come Machado, la Jiménez e Murphy. Nei loro modi diversi quei leader evidenziano la necessità di maggiore partecipazione e di genuino controllo popolare sull’attività decisionale come modo di superare gli ostacoli burocratici che hanno travolto la Rivoluzione Bolivariana e che hanno reso più difficile risanare l’economia. Maduro ha parlato della necessità di riforma e ha convocato i capi del partito e del movimento sociale e gli attivisti per una serie di incontri che si terranno nelle prossime settimane. Resta da vedere se questo porterà a un intensificarsi della partecipazione e della mobilitazione popolare al negoziato con la destra o altro da vedere. Lo slogan popolare “Comune o nulla” che proviene da uno degli ultimi discorsi di Hugo Chávez, noto come il Golpe de Timon [Il colpo di timone], sembra una strada sempre più adatta a descrivere le scelte che ha davanti il chavismo in questo momento difficile e pericoloso.

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: The Nation
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

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