La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 28 dicembre 2015

Per una mobilitazione unitaria contro la guerra

di Bruno Steri
Penso che sia importante contribuire con spirito unitario al tentativo di organizzare per la metà del prossimo gennaio una mobilitazione contro la guerra, a venticinque anni dall’inizio della prima guerra del Golfo. Non è certo semplice ridare fiato oggi a un'iniziativa di massa che denunci gli evidenti segnali di una nuova accelerazione della propensione alla guerra. E tuttavia è urgente insistere: innanzitutto contrastando la campagna propagandistica con cui si intende accreditare l’ennesima chiamata alle armi contro il terrorismo. In realtà ci sono connessioni dirette e indirette tra imperialismo e recrudescenza terroristica: l’attuale integralismo wahhabita è infatti figlio diretto dell’oltranzismo bellico statunitense, dispiegatosi in questi due decenni con le centinaia di migliaia di vittime irachene, con lo smembramento della Yugoslavia, con l’intervento in Afghanistan e in Libia. E da ultimo, in questi mesi, con l’aggressione alla Siria. Dalle macerie, insieme alla sofferenza, nasce anche il terrore. 
Inoltre, quelli che oggi piangono le vittime degli attentati e organizzano coalizioni contro lo Stato Islamico sono gli stessi che dichiarano ufficialmente di essere stati i creatori del mostro: segretari di stato, generali, senatori Usa. C’è un interrogativo che non dobbiamo cessare di porre, sovrastando la diffusione della paura: nelle mani di chi stiamo? A che titolo e con quali credenziali si chiede un mandato per nuovi bombardamenti e nuove avventure via terra? E, soprattutto, per combattere chi? I terroristi o i curdi, l’Isis o Assad? 
Proprio il recente intervento russo ha di fatto denudato il re agli occhi dei più, mostrando un’efficacia militare - questa volta diretta contro obiettivi sensibili del Califfato - che gli oltre 60 Paesi della coalizione Nato non avevano saputo o voluto mostrare. Anzi: Barack Obama ha dovuto defenestrare il generale John Allen perché invece di colpire i combattenti del Califfato paracadutava armi a loro vantaggio. E che dire delle dichiarazioni del generale Petraeus secondo cui Al Qaida è il principale alleato degli Stati Uniti in Medio Oriente? E, ancora, che dire della stupefacente dichiarazione di Edward Luttwak, a commento delle confessioni in Senato della sig.ra Clinton la quale ricordava che i mujaheddin prima e Al Qaida poi sono creature dell’intelligence Usa? Con Luttwak che commenta: “certo, è ovvio, li abbiamo creati noi. Ma è valsa la pena correre il rischio, avendo conseguito in tal modo un obiettivo strategico di prima grandezza: la sconfitta del comunismo”. Di simili nefandezze, noi italiani dovremmo saperne qualcosa: ricordando come, ai tempi della strategia della tensione e delle stragi di Stato, qualche centinaio di vittime civili erano servite a bloccare l’avanzata dei comunisti e a garantire la stabilità atlantica. 
Abbiamo insomma solidissime ragioni per rimettere in movimento le menti intorpidite dei cittadini italiani. Ma dobbiamo mettere tra parentesi alcune differenze di analisi che attraversano lo schieramento dei promotori anti-guerra e concentrarci su ciò che ci unisce. Avremo tempo per mettere in agenda una comune e articolata discussione ad esempio sulla natura e il ruolo dei Brics o sul peso specifico e la pericolosità da attribuire rispettivamente agli imperialismi Usa e Ue. Sono questioni importanti su cui non vi sono, a quanto pare, orientamenti univoci: ma ciò non deve impedire di rispondere unitariamente all’emergenza immediata. Nel merito, vi sono due opposte propensioni "spaccanti" da evitare e a cui voglio qui accennare schematicamente. 
Da un lato c'è chi confonde Putin con Lenin e/o, peggio, scivola in contiguità rosso/brune: tali forzature non aiutano e anzi concorrono a seminare zizzania all’interno del movimento. Dall'altro lato, c'è chi scambia Putin con i baffoni di Stalin e va in tilt, finendo per mettere sullo stesso piano le responsabilità della Nato e quelle della Russia. Una sciocchezza sul piano dei fatti: non mi risulta che i confini Usa siano assediati da una rete di basi militari russe dotate di armamento nucleare, né che il Messico sia appena entrato nel Patto di Varsavia (come è appena avvenuto per il Montenegro con la Nato). Non c'è bisogno di scambiare Putin con Lenin per capire che è difficile dar torto al leader russo quando dice: non siamo noi che stiamo soffiando sul riarmo e sulla guerra; e le centinaia di basi militari sparse per il mondo con armamento nucleare non sono russe, sono tutte statunitensi e Nato. Per questo è demenziale accreditare in merito un parallelismo di responsabilità. Né ciò serve ai fini di spuntare un consenso più largo: al contrario, basti pensare alle posizioni non dico della Lega, ma di Famiglia Cristiana e del M5S. Ho l'impressione che faremmo fatica a spiegare anche al bar una simile posizione. 
Concentriamo quindi il fuoco della controinformazione sui temi più urgenti e unificanti: no a nuove avventure belliche e fuori l’Italia dalla Nato; stop a riarmo e spese militari e stop alle politiche di austerità; no a misure restrittive interne e allo stato di emergenza.

Fonte La Città futura 

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