La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 20 febbraio 2016

Lessico famigliare

di Marco Schiaffino
Mentre l’epopea del DDL Cirinnà continua ad andare in scena in parlamento, qualche certezza sulla vicenda della battaglia per i diritti civili delle coppie omosessuali c’è. La prima è che il Family Day ci ha regalato la migliore collezione di sfottò pubblicati via Twitter con l’hashtag #familyflop. Per il resto, dal manipolo di talebani della famiglia tradizionale che hanno visitato il Circo Massimo sono arrivati solo i soliti non-sense sulla difesa di un supposto ordine naturale minacciato dalla solita lobby gay, infiocchettati dalla chiusa del patron Massimo Gandolfini: “a noi la battaglia, a dio la gloria”. Roba da propaganda per le crociate, che se non fosse per la fredda logica dei numeri potrebbe davvero preoccupare.
I numeri, per fortuna, ci dicono che siamo nell’anno di grazia 2016 e che milioni di persone trovano perfettamente naturale che il diritto a vivere il proprio orientamento sessuale sia garantito, ma anche che al Family Day ha partecipato un’infinitesima frazione dei 2 milioni sbandierati sui media. Fotografie alla mano, i fan della famiglia tradizionale erano (molti) meno di quelli che hanno potuto godersi il concerto dei Rolling Stones. Visto che ad ascoltare Mick Jagger e soci nel giugno del 2014 c’erano 71 mila persone, possiamo anche rilassarci: le truppe cammellate dai fondamentalisti di Gandofini sono meno di quelle che si trovano nelle code fuori dai negozi per il lancio del nuovo iPhone.
Al di là della fredda logica dei numeri, rimane il dato di una tempesta mediatica che ha ragioni profonde, non tutte correlate con una reale contesa sull’approvazione della norma sulle unioni civili. Anche perché tutte le parti politiche hanno interesse a far credere all’opinione pubblica che esista davvero uno scontro culturale su un tema (i diritti civili delle coppie omosessuali) sul quale in realtà ci sarebbe ben poco da discutere. Basterebbe rendersi conto che la realtà, come succede sempre più spesso, ha notevolmente superato la politica. La rappresentazione di un paese spaccato in due sul tema, però, fa comodo un po’ a tutti. L’interesse più ovvio è quello della destra cattolica, che con le balle sulla propaganda gender cerca di trovare una qualche ragione che giustifichi la sua esistenza. La pantomima, però, piace anche a Lega ed estrema destra, che nell’Italia del terzo millennio provano a guadagnarsi uno spazietto di agibilità politica intossicando le piazze con il sempre verde (o nero-verde) slogan “dio-patria-famiglia”, rimodulato per l’occasione nella versione più efficace di “razzismo-discriminazione-omofobia”. Non è un caso che buona parte degli ospiti stranieri al Family Day arrivassero da quell’est Europa che negli ultimi anni ha funzionato egregiamente come laboratorio per l’incubazione del neo-fascismo in salsa terzo millennio. 
Il più grande fan del Grand Guignol Cirinnà è però il PD di Matteo Renzi, che con la rappresentazione sui diritti civili può finalmente spostare il baricentro della politica creando l’illusione di una linea che separi destra e sinistra, collocando il Partito Democratico dalla parte sinistra. Come dire: “facciamo politiche economiche ultra-liberiste, politiche sociali degne di Luigi XVI, ma sui diritti civili siamo dei sinceri progressisti”. Meglio ancora, la vicenda permette di mettere in scena una simulazione di confronto anche all’interno del partito democratico a uso e consumo dei vari blogger, commentatori e simpatizzanti (i militanti si sono estinti da tempo) che possono così sfogare la loro indignazione su Facebook. In definitiva, quindi, Renzi può dormire sonni più che tranquilli: fino a quando i contrasti riguardano la categoria dei temi etici, se ne può uscire tranquillamente lasciando le decisioni alla provvidenziale libertà di coscienza, apprezzata anche dal Movimento 5 Stelle. Questioni più spinose, come il progetto di riforma costituzionale che punta alla creazione di una nazione azienda epurata da qualsiasi spazio democratico, rientrano invece nella categoria “ce lo chiede l’Europa”. Ma questa è un’altra storia…

Anticipazione dal Granello di Sabbia n. 23 di Gennaio-Febbraio 2016 "Verso una Nuova Finanza Pubblica e Sociale: Comune per Comune, riprendiamo quel che ci appartiene!" di prossima pubblicazione. 

Fonte: Attac Italia 

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