La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 26 maggio 2016

È morta l'austerità, evviva l'austerità

di Mattia Granata
Dopo diciassette ore di negoziato, e dopo che Tsipras aveva lanciato la giacca sul tavolo dicendo “prendetevi anche questa” mentre sul suo viso compariva un orrendo herpes da stress, si sospesero i lavori per rispondere al telefono. Ai tedeschi Obama chiese che cosa volevano per non buttare la Grecia fuori dall’Ue, come era nella sadica testa del Dr. Schaeuble: risposta, austerità. Ai greci chiese che cosa volevano per ingoiare ancora austerità: risposta, fate voi; ma in pratica: tagliate il debito. Si rientrò, si firmò, sipario. Del resto all’interno del Fondo monetario internazionale, come del resto ovunque, già dal 2010 si sapeva che le politiche macroeconomiche imposte ai paesi europei da un manipolo di tecnici non eletti e rappresentanti degli interessi di chissachi, erano una follia. E una follia si dimostravano ogni giorno, poichè appariva evidente che la combinazione di tasse e tagli alla spesa in funzione della riduzione del debito pubblico, nel mezzo della crisi economica, produceva effetti opposti.
L’austerità, infatti, fondata sull’errato presupposto che gli stati non potevano crescere con un debito pubblico troppo alto (oltre il 90%, il baratro), otteneva l’effetto di non far crescere gli stati e innalzare il debito pubblico.
Sarebbe stata una disputa accademica da economisti di scuole diverse, se non fosse che tali assurdità erano diventate politica, che la politica le aveva istituzionalizzate in meccanismi impersonali, e che questi meccanismi impersonali le imponevano a tutti noi.
Al di sotto delle dispute accademiche e dei meccanismi impersonali, ci sono stati milioni di disoccupati, il crollo dei Pil nazionali, l’innalzamento dei debiti pubblici: il corto circuito delle economie europee che con il suo impatto sociale ha alimentato i famigerati “populismi” che stanno mettendo in discussione l’Ue. E, soprattutto, dietro tali dispute si svolge un immenso processo di redistribuzione al contrario.
La decisione di martedì notte, che sblocca una quota di aiuti alla Grecia, per altro dovuti, in cambio di un piano di alleggerimento degli interessi sul debito, è un passaggio simbolico importante. Sul piano materiale, infatti, è la solita mediazione dilatoria per venire incontro alle esigenze elettorali tedesche. Nondimeno, per la prima volta il Fmi, su pressione dei suoi azionisti non europei, e quindi non soggiogati al delirio rigorista, ottiene di sancire che l’austerità, imposta per abbassare i debiti pubblici, applicata alla lettera nel famoso “laboratorio dell’austerità” ha aumentato i debiti pubblici.
E, oltretutto, la Grecia è distrutta; chiunque abbia camminato per le vie di Atene recentemente ha osservato le conseguenze economiche e sociali della signora Merkel: intere vie di negozi chiusi e mai riaperti, povertà assurda, disoccupazione alle stelle, accattonaggio, una classe media sprofondata, un paese in guerra senza più un’economia da rivitalizzare: vedere per credere, al posto di strologare di babypensioni.
Altro che helicopter money; osservando la situazione sul campo, esiste probabilmente un solo modo di riattivare un minimo di circolazione e vita economica: prendere in contanti i soldi che nel 2010 sarebbero serviti per salvare la Grecia (30 mld?), senza le assurde “condizionalità” europee, e distribuirli agli angoli delle strade, a piene mani, cosicchè chi non guadagna, consuma e produce da ormai sei anni, rimetta immediatamente il denaro in circolo.
Ovviamente, non si farà così; nei prossimi mesi si ridurrà il servizio del debito, si alzerà l’Iva dal 23 al 24% (!), si continueranno a fornire prestiti condizionati che passando dalle banche torneranno immediatamente nelle mani dei creditori, si imporranno privatizzazioni di cui i creditori beneficeranno, insomma, si proseguirà con l’austerità.
Perchè i meccanismi in cui siamo ingabbiati, creati con le logiche descritte, sono ancora in vigore, hanno reso perpetue le politiche recessive.
Cosicchè sappiamo che l’austerità è fallita, ma non possiamo uscirne, possiamo mediare con essa, contrattare alcuni decimali, ma non cambiare strada: sappiamo che la terra non è piatta, ma non possiamo dirlo; sappiamo che le sanguisughe non sono una cura, ma dobbiamo farci dissanguare silenti.
Perchè è morta l’Austerità, evviva l’austerità.

Fonte: glistatigenerali.com

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