di Gianni Marchetto
Torino, elezioni. La sinistra, che sia con Fassino (Progetto Torino con Passoni) o con Airaudo e Artesio (Torino in comune), si attesta maggiormente, e con numeri ridotti, nei quartieri del centro. Sparisce nei quartieri tradizionali della sinistra: Mirafiori, Barriera Milano, Vallette, dove si attestano i Cinque Stelle. Alle Vallette, quartiere proletario per eccellenza, i Cinque Stelle addirittura vincono. Fassino raccoglie con evidenza tutti i voti moderati, e va comunque al ballottaggio. Torino, città operaia, senza la sinistra. Questo è! (da un post su Facebook di Maria Teresa Fenoglio). Tutto il contrario di ciò che in campagna elettorale aveva (giustamente) affermato Airaudo e i suoi: “bisogna dar voce alla Torino che non ce la fa, a quella Torino dimenticata anche da Fassino”, ecc. Ebbene questa Torino si è rivolta altrove.
Provo a darne una spiegazione “scientifica”. Il meglio della psicologia sociale da me letta (di marca americana) in “Immagini e Piani del comportamento” così spiega il comportamento delle persone: “di fronte ad un modello consolidato, la famiglia, la tribù, la nazione, il capitalismo, il socialismo, il taylorismo, il tojotismo, ecc. cosa ci si aspetta dal comportamento delle persone? Che si INTEGRINO o si RIBELLINO”. (È evidente che qui sto parlando del comportamento elettorale). Sono due facce di una unica medaglia che nei fatti lascia il tutto così com’è. Nella storia ci sono stati innumerevoli casi in cui ci sono state delle ribellioni che hanno lasciato tutto com’era. Nel nostro paese andando indietro si può fare l’esempio del “bruciare i municipi” nel nostro meridione. Fino ad arrivare ai moti di Reggio Calabria. Per brevità non enumero i casi più vicini a noi.
Ci sono state due sole generazioni che hanno emancipato la loro (giusta) ribellione in strumenti di potere, in contrattazione, con obiettivi generali e specifici che hanno inciso sullo “stato di cose esistente”: la generazione di giovanissimi partigiani (dal 1943 al 1945) che pur minoritaria pose in essere, andando ad un duro scontro con i tedeschi e i fascisti, un profondo mutamento del quadro allora esistente. La generazione del ’68 studentesco e quella operaia del ’69 entrambe giovanissime. In tutte e due i casi realizzando una necessaria (anche se combattuta) saldatura con le esperienze delle generazioni precedenti. Altro che l’azzeramento di Renzi o del M5S! l’uno (il Renzi) che rappresenta l’integrazione, l’altro (con Grillo) rappresenta la ribellione.
Ritorniamo a noi. Manca a questa sedicente sinistra quella di cui A. Gramsci dice a proposito della “connessione sentimentale” con le ragioni di coloro i quali si vogliono rappresentare. Mi spiego: la connessione sentimentale non la si può interpretare con “l’amore a prima vista”! e no. Con le persone in carne e ossa ci deve essere l’ascolto dei loro problemi, la valorizzazione del saper fare diffuso, quindi “un corpo a corpo” molto sostenuto, e protratto nel tempo, non solo a ridosso degli appuntamenti elettorali. Lontano mille miglia dalle pratiche dei moderni dirigenti di questa sinistra (sempre gli stessi, inamovibili!) che si dilettano a voler rovesciare “il loro vaso di sapere” nelle teste che loro pensano vuote dei loro potenziali elettori. Poveri mentecatti alle prese con questo “leninismo straccione”.
I beneducati e i maleducati: infondo in fondo il ceto politico di questa sinistra è oltre modo bene educato (è chiara l’origine piccolo borghese), mentre la situazione di radicalizzazione in atto comporterebbe una dose di “mala educazione”, nel senso di dire fino infondo le cose che invece si dicono nelle sedi dei partiti a tu per tu.
Il cambio: io sono per il cambio. E sì che vengo da Venaria, dove nel 2014 (ultime elezioni amministrative) si sono istallati i penta stellati di Grillo. E ho sotto gli occhi i disastri democratici che questi giornalmente vanno facendo: non danno risposte alle Organizzazioni Sindacali che a Luglio del 2014 fecero un accordo con la vecchia amministrazione, mandano a stendere tutte quelle Associazioni del territorio che non gli garbano, vogliono andare alla rielezione dei Comitati di Quartiere con procedure ridicole (quorum zero e sorteggio) e via azzerando e disfacendo. Ciliegina sulla torta: la stragrande maggioranza degli assessori presi attraverso i “curriculum vitae”. Tutta gente che non abita a Venaria, non ne conosce la storia, i bisogni, ecc. Anche bravi tecnici, esperienza politica: Zero. Quindi io dico (specie al ballottaggio a Torino), mandare a casa Fassino e la sua “casta” (25, 30 persone sempre le stesse che da oltre 20 anni si vanno spartendo tutti i posti di potere, magari assieme alla locale Confindustria, alla Banca San Paolo, all’Unicredit, a vecchi arnesi della dirigenza FIAT, ecc.).
Epperò: questa situazione di rottura può diventare per noi una porta che si apre nella realtà, da sempre sonnacchiosa, di piccoli e grandi opportunismi che hanno investito buona parte della popolazione. Quel tanto che abbiamo assistito a due assemblee dove la presenza delle Associazioni pur minoritarie dava comunque il segnale di malcontento che attraversa tutti questi cittadini “socialmente attivi” (trattasi di un tessuto associativo di 160 associazioni per ca. 35.000 abitanti), che può contare dai 1.000 ai 1.500 persone (il 3% della popolazione di Venaria).
Al prossimo giro c’è il Sindacato. Di riffe e di raffe a me pare che i Sindacati non orientino più neanche i loro iscritti. Questi Sindacati (chi più chi meno) si sono ridotti a fare solo i servizi alla persona (cosa più che giusta e doverosa). La contrattazione sociale con le controparti pubbliche soffre oramai dei “cascami della concertazione” che è diventata altra cosa da come l’aveva pensata a suo tempo Bruno Trentin. Ci sono da anni i vari tavoli, occorre presidiarli e accontentarsi delle briciole che qui e là qualche sindaco prova a darti.
Le mosse già si vedono: l’attacco ai Patronati (e quindi alle finanze del Sindacato). La presa di distanza da questa “concertazione”: che fa perdere tempo! Il numero di permessi per le RSU nel Pubblico Impiego, per non dire il numero in distacco: pare ci dicano “la festa è finita”.
E a me pare non vedere in giro un movimento rivendicativo che si ponga l’obiettivo di organizzare e rappresentare i bisogni dei cittadini. Intanto che da noi raccogliamo le firme per gli 8 referendum della CGIL, possiamo fare il tifo per gli scioperi dei cugini francesi. Un po’ poco.
Fonte: controlacrisi.org

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