La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 9 luglio 2016

La modernità di Bauman nel razzismo occidentale

di Lorenzo Carchini
Dal nigeriano a Fermo per difendere la moglie al padre di famiglia ucciso davanti a moglie e figlio in Minnesota, l’Occidente torna a fare i conti con il razzismo rimasto latente in alcune fasce della società. Qualcosa che già il sociologo e antropologo Zygmunt Bauman aveva analizzato e che oggi torna con drammatica prepotenza. “Noi sospettiamo (anche se ci rifiutiamo di ammetterlo) che l’Olocausto possa semplicemente aver rivelato un diverso volto di quella stessa società moderna della quale ammiriamo altre e più familiari sembianze, e che queste due facce aderiscano in perfetta armonia al medesimo corpo”. Questo breve periodo costituiva il cuore del discusso capolavoro di Bauman, “Modernità ed Olocausto”.
Parole forti, che tornano costantemente come un boomerang ogni volta che l’Occidente si scopre ancora preda di questo “antico male”, dimostrando come il sentimento razzista – sia esso nella sua più estrema concezione che nelle più semplici (e grottesche) forme che vediamo quotidianamente – non costituisca affatto un’improvvisa irruzione dell’irrazionale che la ragione non saprebbe “contenere”.
Come scrivevano ancora nel ’64 Edmund Stillman e William Pfaff, non è possibile, infatti, rifiutare il razzismo come “aberrazione casuale di un mondo occidentale fondamentalmente sano“; dopotutto, sostenevano i due autori, “Si può desiderare di negare tale connessione, ma Buchenwald appartiene all’Occidente tanto quanto Detroit”.
Solo partendo da questa concezione, possiamo analizzare con un orizzonte interpretativo aperto la morte di Emmanuel Chidi Namdi a Fermo, quella di Philando Castile a Minneapolis e quella di Alton Sterling a Baton Rouge, in Louisiana. Un filo nero che tiene in contatto il mondo occidentale in tutti i suoi strati sociali: nonostante i chilometri di distanza, questi tre omicidi non sono un incidente fortuito e “irrazionale” in un percorso “linearmente evolutivo” della nostra civiltà, ma appartengono ad essa.
Namdi, 36 anni, e la compagna Chinyery, 24, erano arrivati al seminario vescovile di Fermo lo scorso settembre, fuggiti dalla Nigeria dopo l’assalto di Boko Haram a una chiesa. Nell’esplosione erano morti i genitori della coppia e una figlioletta.
Martedì scorso stava camminando con la ragazza in via XX Settembre, quando due residenti del posto hanno iniziato a insultarla chiamandola “scimmia”. Emmanuel ha reagito, ha chiesto spiegazioni. Mossa che ha scatenato la violenza.
Alla fine della rissa, il richiedente asilo è caduto a terra ed è stato finito a calci e pugni. Uno dei colpi ha causato un’emorragia cerebrale che l’ha portato in coma irreversibile. Anche lei è stata picchiata, ha riportato escoriazioni alle braccia e a una gamba guaribili in sette giorni.
Chinyery ha disposto la donazione degli organi, perché quelli non hanno colore. L’autore del pestaggio era, inoltre, già noto alle forze dell’ordine per altri episodi di razzismo e violenza che gli sono costati un Daspo di 4 anni.
Migliaia di chilometri più a ovest, intanto, a Falcon Heights, sobborgo di Minneapolis in Minnesota, Philando Castile, 32 anni, veniva raggiunto da colpi di pistola mentre era in auto con la moglie e il figlio piccolo. Castile aveva una pistola legalmente dichiarata e, dalle ricostruzioni della dinamica, stava procedendo a consegnare la patente durante un regolare controllo.
Più a sud, ancora, a Baton Rouge, in Louisiana, a morire sotto i colpi di un tutore dell’ordine è stato il 37enne ambulante Alton Sterling. Diffuso il video della sua morte, nella quale si vede un ragazzo in maglietta rossa trascinato a terra, con uno degli agenti che punta la pistola contro il nero spalle a terra e fa fuoco da distanza ravvicinatissima contro di lui.
Ancora da chiarire se il ragazzo fosse armato, come sosterrebbero gli agenti, o meno, come avrebbe raccontato un testimone.
Tre omicidi in un giorno che ci raccontano molto della società transatlantica. La comunità nera statunitense è tornata ad insorgere contro la violenza, reale o percepita, delle forze di polizia, mentre in Italia parte della politica che, attenzione, non fomenta un clima di tensione xenofoba e anti-comunitaria, non ne avrebbe neppure la forza attrattiva, ma si limita ad attingere a piene mani da un apparato ideologico di lungo corso, ancor oggi estremamente moderno, continuando ad alimentare le angosce e i timori della società.

Fonte: Sinistra in Europa 

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