La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 24 luglio 2016

La Turchia ed il muro dei quaquaraquà europei

di Gustavo Piga
Perché è nato Erdogan? Rileggendo la sua recente affermazione – «per 53 anni abbiamo bussato alle porte dell’Unione europea e ci hanno lasciato fuori, mentre altri entravano» – mi è tornata alla mente la mia lettera al Corriere del 2004, al dott. Mieli, che così recitava: "Caro Mieli, leggo sulla sua rubrica lettere scettiche sull’allargamento alla Turchia dell’Unione europea. Grecia, Portogallo e Spagna, quando uscite da un periodo buio quanto al rispetto delle norme democratiche, furono accettate nella Comunità Europea – pur con redditi nazionali relativamente modesti – sulla base del ragionamento «vi aiuteremo a crescere».
Alla Turchia, anch’essa uscita da un periodo oscuro, opponiamo invece il «crescete ancora, diventate più democratici e vi accetteremo». Un trattamento alquanto diseguale nonché sospetto. Ma soprattutto un trattamento così miope da lasciare stupefatti. Forse solo chi ha viaggiato in quel magnifico paese e conosciuto i suoi straordinari abitanti può capire la portata per il mondo occidentale di questa occasione, forse irripetibile: utilizzare la Turchia come chiave di volta per una pacificazione duratura con il mondo islamico." (Gustavo Piga – Università di Roma Tor Vergata)
Conoscevo la Turchia dal 1999, avendoci lavorato come consulente. Nel 1999 il paese era pronto ad entrare, entusiasta, nell’UE. Già nel 2004 il mio disagio cresceva per i troppi “no” inspiegabili per la popolazione turca: la porta andava chiudendosi. Oggi l’ultimo spiraglio si è chiuso e con esso è svanita la luce della speranza. Abbiamo perso per sempre la Turchia e poco vale consolarci con le barbarie e le violazioni dei diritti umani a cui assistiamo per dire «abbiamo fatto bene a non ammetterli». No, sbagliammo allora e i responsabili di quell’errore – quaquaraquà della politica europea – sono ormai spariti, inghiottiti da note a piè di pagina dei libri di storia.
Quello che questi vent’anni con la Turchia ci insegnano è che il nostro destino è nelle nostre mani e che una serie di impercettibili errori – da parte di una leadership che ha eretto muri invece che ponti – ha conseguenze infinitamente più drammatiche e permanenti di quanto non riusciremmo mai a sospettare.

Articolo pubblicato sul blog dell’autore il 20 luglio 2016. 
Fonte: Eunews Oneuro 

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