La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 17 settembre 2016

Le 120 giornate di Babele

di Davide Gallo Lassere 
Dal 9 marzo al 5 luglio: centoventi giorni e sedici manifestazioni “autorizzate”; sedici manifestazioni “autorizzate” e centoventi giorni che rivelano bene la composizione sociale della mobilitazione e i movimenti incessanti di decomposizione e ricomposizione politica che l’hanno animata. Malgrado il fatto che la prima metà del mese di luglio sia stata disseminata da parecchi colpi di coda, sia auto-organizzati da gruppi autonomi sia di matrice sindacale, ci focalizzeremo essenzialmente su questi quattro mesi, che hanno visto scendere nelle strade un largo spettro di soggettività, unitario e multiforme.
Quest’arco temporale va dalla prima manifestazione degli studenti medi - che si è svolta mercoledì 9 marzo al mattino - all’interiorizzazione di una logica subalterna maturata attraverso il farsesco zoo per sindacalisti della mega-nassa[1] di giovedì 23 giugno fino alla conseguente domesticazione securitaria delle manifestazioni di martedì 28 giugno e martedì 5 luglio. Riteniamo dunque che le evoluzioni politiche della prima fase della contestazione contro la Loi Travail e il suo mondo - con i loro processi di convergenze e divergenze continui - debbano essere valutate all’interno di queste centoventi giornate. […]
d. Marzo-luglio: tout le monde déteste la police
Malgrado la propaganda dell’estremismo di centro, i picchi (elevati) di conflittualità raggiunti durante questa prima fase della contestazione contro la Loi Travail e il suo mondo sono stati ben lungi dal bloccare la metropoli. Lungo i percorsi delle manifestazioni, per esempio, le vetrine delle banche, delle agenzie immobiliari e d’interim come gli altri simboli capitalisti sono stati sistematicamente infranti; decine di manifestazioni selvagge sono partite regolarmente ogni settimana, durante tutta la primavera e l’inizio dell’estate, ponendo non pochi problemi a CRS, polizia e gendarmi; vi è stata qua e là qualche auto-riduzione in certi magazzini (con una significativa redistribuzione ai migranti dell’accampamento di Stalingrad); ma globalmente i tentacoli della méga-city di Parigi non hanno cessato di estrarre valore dal corpo sociale e di perseverare nella loro inerzia accumulatrice. Ciò detto, le sedici giornate di manifestazione sulle quali ci focalizziamo[2] costituiscono un eccellente prisma per leggere le tendenze e le contro-tendenze che hanno caratterizzato le differenti fasi della mobilitazione. Esse si configurano anzi come il banco di prova più convincente per stimare la validità di una lettura politica di questi primi quattro mesi di lotta e per cominciare ad avanzare qualche pista interpretativa di più ampio respiro, liberandosi una volta per tutte dai falsi problemi circa la legittimità del conflitto. La questione della “violenza” politica, infatti, non appartiene al regno astratto della critica della ragion pratica: si dispiega nella materialità della contingenza, ossia non si decreta per principio, ma si mette in pratica, eventualmente, se necessaria a far spostare i rapporti di forza[3].
Lo abbiamo detto, mercoledì 9 marzo è la prima data in calendario. Siccome il dibattito parlamentare sulla Loi Travail si avvicina, verso metà febbraio dei sindacalisti di base convocano una manifestazione alle 14h che parte da Place de la Répubblique e si dirige verso Nation. Nel frattempo, dei gruppi di studenti medi s’accorgono che gli animi si scaldano - molti compagni di scuola rilanciano l’hashtag #OnVautMieuxQueCa, mentre la petizione online per l’abrogazione della Loi Travail incontra un enorme successo - e decidono così di anticipare i sindacati, chiamando al blocco degli istituti il mattino presto e fissando un altro appuntamento: il “mitico” 11h Place de la Nation. Più di quindici istituti a Parigi (in particolare nel Nord-est della città), qualcuno a Bobigny, Clichy e Seine St. Denis e un altro centinaio nel resto della Francia rispondono positivamente, impedendo lo svolgimento normale delle lezioni. La manifestazione mattinale è vivace, con delle deviazioni tra Nation e Bastille, dei lanci di pittura a ripetizione, delle tag sulle icone dello sfruttamento e del dominio capitalisti e qualche piccola scaramuccia con le forze dell’ordine. Stesso discorso per il pomeriggio, ma niente di speciale da segnalare: il lungo inverno volge finalmente al termine e una leggere brezza primaverile è annunciata dai 2.000 manifestanti del mattino e dai 150.000 e più del pomeriggio. Giovedì 17 marzo si replica. Questa volta la storia è un po’ differente. Come per la settimana precedente, appuntamento alle 11h a Place de la Nation e, dopo, alle 14h a Place de la République. Durante tutta la settimana le facoltà sono in fibrillazione e le assemblee universitarie, liceali, interprofessionali e interlotta si susseguono senza sosta. Il vento soffia ormai in un’altra direzione e il dispositivo securitario dello stato d’emergenza può finalmente essere dispiegato in tutta la sua terribile potenza e testato a fondo per applicare delle nuove tecniche di gestione della piazza e sondare i diversi gradi di (in)tolleranza che suscitano: i muscoli non sono più lì per essere semplicemente mostrati, secondo l’ortodossia dottrinaria, ma devono essere bellamente utilizzati, come nelle enclave endo-coloniali. A Nation, diverse migliaia di studenti si presentano decisi a contrassegnare l’evento e a fare della manifestazione liceale qualcosa di diverso rispetto a una semplice passeggiata mattutina. Il corteo, ben equipaggiato di tutto ciò che serve per resistere alle cariche poliziesche, avanza risolutamente fino a quando non casca su un cantiere stradale: è a quel punto che le forze dell’ordine - volenti o nolenti - sono costrette a darsela a gambe levate[4].
Il giovedì seguente, 24 marzo, la tensione è palpabile nell’aria. Tutti quanti sanno ciò che implica presentarsi al mattino alla manifestazione dei medi, e i giovani vi arrivano muniti di sciarpe, maschere, occhialetti e collirio: il semplice fatto di essere lì può costituire un pericolo fisico ed è allora meglio premunirsi. Dopo la manifestazione sindacale del 17 marzo, conclusasi a Place d’Italie, vi è stata l’evacuazione violenta dell’anfiteatro di Tolbiac da parte dei CRS e della BAC[5]. Quest’evento a definitivamente rivelato a chiunque le forze in campo: le contro-misure della repressione appaiono incontestabilmente per quello che sono[6]. Partito da Place d’Italie in direzione di Montparnasse per raggiungere la manifestazione sindacale, il corteo liceale del 24 affronta lungo tutto il suo tragitto le forze dell’ordine, affermando ad alta voce il proprio “No” al mondo così come lo conosciamo. Lanciare una pietra contro un poliziotto, spaccare la vetrina di una banca, costringere un plotone a fare marcia indietro, costituiscono dei gesti che incarnano al contempo il grado zero della politica e una delle sue manifestazioni più compiute: nessuna mediazione è più possibile, rifiutiamo sistematicamente e in blocco tutto ciò che ci è imposto. Il giovedì seguente, big thursday del 31 marzo, sposta il cursore ancora più in là. Non più le 2.000 persone del 9 marzo, né le 5.000 del 17 e del 24, ma un grosso serpente di diverse centinaia di metri che precede le sigle sindacali. Dalle 11h alle 17h, i tragitti da Place de la Nation fino a Place d’Italie e da Place d’Italie fino a Place de la Nation sono instancabilmente segnati da scontri tesi tra corteo dei medi (al mattino)/corteo di testa (al pomeriggio) e agenti della sicurezza nazionale: sei ore non-stop di assalti, sassaiole e bastonate, le cui sequenze catturate sul Ponte d’Austerlitz sono ormai iscritte negli immaginari delle giovani generazioni.
Martedì 5 aprile, dopo l’en-plein dello sciopero generale, della manifestazione nazionale e dell’occupazione delle Nuits debout, vede un po’ meno di gente. Il mattino a Place de la Nation gli sbirri prendono la loro rivincita: perquisizioni, nasse, pestaggi e prelievo di più di 120 studenti, il tutto condito da una buona dose di violenza gratuita[7]. Sabato 9 aprile, tuttavia, prima giornata di manifestazione non feriale, succede qualcosa di molto significativo. Se le forze dell’ordine continuano a “scortare” il corteo sui tre lati della sua testa provocando deliberatamente molte tensioni e se le nasse rimangono all’ordine del giorno, gli agenti della BAC hanno sempre più difficoltà ad infiltrarsi: i gruppi autonomi, l’interfacoltà, gli attivisti di Nuit debout e tutti i giovani che animano le prime fila del corteo s’organizzano e si equipaggiano sempre più e a Place de la Nation gli scontri durano diverse ore. È qui che, per la prima volta, si assiste a un fenomeno inedito. Aiutati dal bel pomeriggio di sole, diverse migliaia di persone del corteo sindacale - lavoratori, cittadini, curiosi, ecc. - non se ne vanno una volta terminata la sfilata. Sulle collinette fiorite che separano i due sensi di marcia della rotonda e nel piccolo giardino in mezzo alla piazza, la composizione dei manifestanti che accordano il proprio sostegno implicito alle scene d’antagonismo urbano è vasto e relativamente diversificato. Malgrado le centinaia di lacrimogeni che piovono da tutte le parti, drone che sorvola la piazza incluso, le persone filmano con i cellulari tutto ciò che succede o, molto semplicemente (ma non innocentemente) restano ad osservare. È solo verso le 18h che Nation comincia a svuotarsi, siccome le persone s’incamminano verso Nuit debout, dove, nei giorni a venire, sarà posta senza successo la questione di una chiamata autonoma a manifestare per colmare il vuoto di due settimane che ci separano dalla prossima data lanciata dai sindacati, giovedì 28 aprile: una bella occasione mancata per verificare, nel momento del suo massimo splendore, la risonanza di Nuit debout presso la cittadinanza…
Per il weekend festivo del 28 e del 1° maggio molta gente accorre a Parigi. Il corteo di testa continua a massificarsi. Ciò è dovuto non solo alla moltiplicazione dei gruppi che si auto-organizzano, ma anche ai sindacalisti di base che superano i servizi d’ordine e, in parte, ai giovani dei quartieri popolari che vengono ad esprimere il loro parere su l’“Etat, les flics et les patrons ”. Infatti, quel poco di mescolanza sociale che si è vista durante la contestazione contro la Loi Travail e il suo mondo si è chiaramente manifestata in quelle centinaia di metri che dividono i servizi d’ordine dei sindacati dai cordoni di polizia, i quali hanno via via sempre più difficoltà ad irreggimentare il corteo di testa[8]. L’uso brutale delle cosiddette armi non-letali e il sadismo fascistoide di un buon numero di “tutori” dell’ordine, molto presenti fin dall’inizio delle proteste, si svelano per l’ennesima volta durante la manifestazione del 28 aprile e, soprattutto, la sera stessa a Place de la République, durante le resistenze all’espulsione di Nuit Debout[9]. Il 1° maggio è peggio ancora. Nel bel mezzo della giornata internazionale della festa del lavoro, abbiamo ammirato l’arte poliziesca della “contro-insurrezione” in tutta la sua bellezza: flashball sui giovani a distanza ravvicinata, manganelli sui crani dei sindacalisti, granate stordenti ad altezza di giornalista e gas lacrimogeni sulla retroguardia dei passeggini. È in questo momento che accade un secondo fatto estremamente significativo. Le forze dell’ordine tentano deliberatamente di dividere in due il corteo, a 500 metri da Nation (una mossa già tentata, del resto, il 28 aprile, ma in modo meno spettacolare), proponendo ai sindacati di terminare la sfilata altrove. Un cordone di gendarmi e, subito dopo, uno di CRS s’interpone a metà corteo, separando la testa (con i movimenti sociali, l’interfacoltà, i precari e i disoccupati) dal resto del serpente, proprio davanti al servizio d’ordine dei sindacati: eccola qua, la demiurgia securitaria che manipola la materia cerebrale dell’opinione pubblica, creando delle false idee in merito ai “casseurs” e ai lavoratori onesti. Davanti, il corteo non si è mosso per almeno un’ora e un quarto; dietro, il servizio d’ordine dei sindacati è stato lentamente superato dalla sua base e dai lavoratori. Dopo un’ora e mezza di “stasi dinamica”, il corteo di testa decide di avanzare lentamente per un centinaio di metri, fino a quando - all’incrocio Diderot/Reuilly - le forze dell’ordine tentano di impedire unilateralmente il passaggio ai sindacalisti con delle camionette e delle griglie: è a questo punto che la nassa è infranta da dietro, ossia dai militanti di base dei sindacati (e da un’altra cinquantina di giovani che erano riusciti a uscire dal dispositivo securitario grazie a degli abitanti che avevano aperto loro le porte di un condominio), riunendo il corteo. Questo è senz’altro uno degli eventi più significativi - e gioiosi! - della prima fase della mobilitazione, il quale ha probabilmente svolto una funzione nell’accelerazione delle settimane seguenti.
È giovedì 12 maggio, due giorni dopo l’imposizione del 49-3, e martedì 17 maggio che non solo vi sono stati degli scontri con le forze dell’ordine, ma anche delle scaramucce tra corteo di testa e servizio d’ordine dei sindacati. Quest’ultimo non si è limitato, com’è sovente il caso, a intralciare più o meno attivamente il percorso della manifestazione (chiunque ha visto le confabulazioni oscene il 24 marzo sul Boulevard des Invalides con la BAC o le ostruzioni ostentate sul Boulevard Arago il 28 aprile), ma ha tentato d’intervenire direttamente nella repressione. Tuttavia, l’ingiunzione governativa all’ordine e alla sicurezza non ha sortito l’effetto sperato: molto rapidamente il corteo di testa e un buon numero di sindacalisti hanno reagito con fermezza, facendo comprendere ai servizi d’ordine che il terreno era molto scivoloso per loro.
Giovedì 19 è un intermezzo. La tattica di gestione della manifestazione è totalmente inattesa (questa iniziativa è probabilmente nata dai confronti tra ministero, prefettura, vertici delle forze dell’ordine e base, spossata e sotto pressione da tre mesi). Si parte da Place de la Nation e i servizi d’ordine dei sindacati, dopo i tafferugli delle due ultime manifestazioni, sono ben visibili ed equipaggiati, ma restano ai margini. A differenza di quanto s’è prodotto nelle dieci manifestazioni precedenti, il corteo di testa sfila tranquillamente fino alla stazione d’Austerlitz, senza che i CRS, i gendarmi e i poliziotti tentino di seguirlo in modo provocatorio sui suoi tre lati. Sono presenti in massa di fronte, chiaramente, a diversi metri di distanza dalle prime fila. Nei boulevard che incrociano il percorso, di nuovo, li si vede molto presenti, ma sempre a una ventina di metri dal tragitto del serpente: delle piccole camere di decompressione hanno rimpiazzato la benzina sul fuoco. Questo per quanto riguarda Parigi. Nelle altre città - e in particolare al Nord - invece vi è il solito comportamento abusivo di sempre. È in questi giorni, infatti, che il baricentro della contestazione si sposta più lontano dalla capitale.
Arriviamo così al 26 maggio, momento apicale degli scioperi sindacali. La base scalpita, i giovani pure e la brevità del percorso, molto corto (da Bastille a Nation), si presta a facilitare l’intensità degli scontri. Ancora una volta più di 100.000 manifestanti. E ancora una volta dei picchi di conflittualità molto elevati. Le forze dell’ordine, che contano diverse centinaia di feriti, hanno ormai rinunciato a tentare di contenere il corteo di testa accompagnandolo sui tre lati di punta, e ciò da libero corso al desiderio di rivolta di migliaia di soggetti che si accalcano davanti ai sindacati. Per bersaglio i soliti obiettivi: banche e assicurazioni, agenzie d’interim e immobiliari, pannelli pubblicitari, segnaletici e parchimetri, magazzini e fast-food. Una concessionaria Skoda rischia il falò, ma, per sua fortuna, si trova al piano terra di un edificio di molti piani. Quando si arriva a Nation due piccole novità ci attendono. Innanzitutto, il dispositivo securitario è più imponente che mai, con delle griglie che bloccano l’accesso a una buona metà della Piazza e che filtrano le uscite di tutti i boulevard circostanti. E poi, i CRS si trovano già nel mezzo del piccolo giardino al centro della Piazza, con i “bacquex” che orbitano attorno a loro: le forze dell’ordine caricano immediatamente, ma a piccoli distaccamenti, al fine di impedire la formazione di gruppuscoli, installando volta per volta dei plotoncini iper-mobili su tutto il semi-cerchio della piazza rimasto libero, dove può sfogarsi il serpente del corteo. Gli elicotteri che sorvolano dall’alto fungono da ciliegina sulla torta. Per la prima volta, ad affrontarsi corpo a corpo con gli sgherri vi sono anche un sacco di lavoratori e salariati, e non soltanto i gruppi auto-organizzati dei cattivi “casseurs”: terzo elemento significativo, dopo i segnalatori d’incendio del 9 aprile e del 1° maggio. A differenza di altre manifestazioni, però, l’offensiva dei manifestanti non è “compensata” semplicemente da arresti massicci e da centinaia di feriti più o meno gravi: bisogna segnalare un giornalista in coma a causa di una granata stordente gettata intenzionalmente ai suoi piedi[10]!
Martedì 14 giugno è la seconda grossa data nazionale. È in questa occasione che la manifestazione è più impressionante, tanto dal punto di vista quantitativo che qualitativo. I sindacati confluiscono massicciamente da tutto l’Esagono e nei blocchi dei giovani auto-organizzati la solidarietà materiale e il mutuo aiuto non parlano solo il francese, ma anche il tedesco, lo spagnolo e l’italiano. La giornata comincia all’alba, con dei blocchi a ripetizione al mattino presto, e si conclude la sera, con diverse manifestazioni selvagge che gravitano attorno al Senato e, più tardi, a Place de la République, mentre il corteo pomeridiano costituisce semplicemente l’acme degli scontri di strada[11]. E di nuovo, l’arsenale e le tecniche anti-sommossa si aggiornano: questa volta sono i cannoni ad acqua a fare il loro ingresso in scena, a fianco di elicotteri, droni, griglie e di tutto l’armamentario maneggiabile dall’agente singolo che accompagna questo dispiegamento di tecnologia militar-poliziesca. Una volta scartata l’orizzontalità lineare della nassa classica, con le sue noiose interruzioni del flusso della manifestazione, le forze dell’ordine esperimentano un altro dispositivo ancora: delle cariche in verticale in mezzo alla strada che seguono il percorso del corteo alternate da barriere che tagliano ¾ della sua via di transito, e un lancio incessante di lacrimogeni e di granate stordenti al fine di tentare di evitare la formazione di blocchi omogenei di conflittualità. Questa tattica stimola la confusione, spingendo il serpente del corteo ad accelerare l’andatura e a mischiare le sue differenti componenti. Più ancora del 31 marzo, tuttavia, il 14 giugno si distingue per l’irreducibile ostinazione dei manifestanti ad organizzare il conflitto, piazzando i sindacati tra il martello dell’antagonismo e l’incudine securitaria.
Situati in questa posizione scomoda, nelle giornate che ci approcciano alla manifestazione del 23 giugno i sindacati cadono vergognosamente nella trappola della divergenza delle lotte. Il Sig. Valls, nella sua incomparabile preoccupazione per i diritti democratici, esorta incondizionatamente i sindacati a ritirare la chiamata alla manifestazione di giovedì 23 giugno: non è responsabile andare a braccetto con i “casseurs”, mentre la Francia è sotto il fuoco della minaccia terrorista. I media dominanti si affrettano a diffondere il verbo. I sindacati, invece, commettono l’errore più grave di questi quattro mesi. Anziché rifiutare cordialmente l’invito del Primo ministro e tirare dalla loro parte le componenti più moderate dell’elettorato[12], cedono alle pressioni e accettano il compromesso più immondo: una passeggiata avvilente di quindici minuti attorno al bacino di Bastille circondato da griglie ad ogni entrata e accerchiato fino a diverse centinaia di metri di distanza da distaccamenti di sbirri che sottomettono ogni individuo che voglia accedere al luogo della sconfitta a tre/quattro turni di perquisizioni. Le due manifestazioni successive, di martedì 25 giugno e martedì 5 luglio, sono in parte addomesticate dal dispositivo securitario legittimato dal precedente del 23 giugno e in parte disertate dai militanti, dai sindacalisti e dai giovani più attivi. Anche se in entrambi i casi un piccolo corteo di testa di qualche centinaio di persone riesce comunque sia a formarsi, la sua potenza esplosiva è largamente colpita.
Prossimi appuntamenti a partire dal 15 settembre: Paris calling!

[1] La “nasse” (in inglese “Kettling”) è un dispositivo poliziesco che mira ad isolare degli spezzoni di corteo al fine di contenere gli elementi più conflittuali. Poco usato in Francia fino a qualche anno fa, durante i primi mesi della mobilitazione è stato messo in atto a più riprese, per essere poi progressivamente abbandonato a partire da maggio. La manifestazione del 23 giugno, invece, si è interamente svolta all’interno dei cordoni e delle griglie delle forze dell’ordine. Per una presentazione del “Kettling”, cfr., per esempio, https://en.wikipedia.org/wiki/Kettling, oppure, per quanto riguarda la mobilitazione contro la Loi Travail, https://lundi.am/Kettling.

[2] Rispettivamente il 9, 17, 24 e 31 marzo, il 5, 9 e 28 aprile, il 1°, 12, 17, 19 e 26 maggio, il 14, 23 e 28 giugno e il 5 luglio 2016.

[3] Se si è ben coscienti delle poste in palio relative alla trasformazione sociale, allora non si può pensare di proscrivere apriori la “violenza” politica, limitandosi semplicemente a essere “altro” rispetto al sistema sociale senza essere al contempo “contro”.

[4] La maggior parte delle immagini di questo video sono state registrate durante la mattinata di giovedì 17 marzo nei pressi di Boulevard Voltaire:https://www.youtube.com/watch?v=mQkO0vL8UhY&feature=youtu.be.

[5] Le Compagnie Repubblicane di Sicurezza sono dei gruppi speciali formati per il mantenimento dell’ordinehttps://fr.wikipedia.org/wiki/Compagnies_r%C3%A9publicaines_de_s%C3%A9curit%C3%A9_en_France; le Brigate Anti-Criminalità, invece, sono dei gruppi scelti che operano in borghese nei quartieri popolari e che sovente si infiltrano nei cortei tra i manifestanti https://fr.wikipedia.org/wiki/Brigade_anti-criminalit%C3%A9.

[6] Per qualche immagine, cfr. http://www.liberation.fr/france/2016/03/17/loitravail-les-manifestations-en-images_1440154. Via via che la mobilitazione avanza, si diffonde la presa di coscienza di ciò che sono le violenze poliziesche per quello che esse esistono normalmente nei quartieri popolari. È così che si mette in luogo l’organizzazione, sulla scorta delle ZAD, di gruppi molto efficaci di Street Medics (spesso composti da giovanissimi e molto vicini alle prime fila) e di collettivi di auto-difesa.

[7] Lungo tutta la mobilitazione, la repressione non si è limitata al quadro dello stato d’urgenza, ma si è appoggiata anche su strumenti più classici, utilizzati ad oltranza, come le comparizioni immediate con reclusione a chiave o altre forme, largamente impiegate, di persecuzione giudiziaria. La giornata del 5 aprile rimane particolarmente impressionante per la portata relativa delle convocazioni, delle custodie cautelari e degli arresti domiciliari rispetto al numero di partecipanti alla manifestazione.

[8] Gli altri spazi sociali che si sono distinti in tal senso sono le manifestazioni liceali e le assemblee interprofessionali di Saint Denis…

[9] Dopo che tutti i segretari dei sindacati sono venuti a parlare davanti all’assemblea di Nuit debout, dei giovani, che avevano preso questa decisione da qualche settimana, non abbandonano la piazza. Per uno sguardo su quanto è successo nel bel mezzo di Parigi tra mezzanotte e le tre del mattino, cfr.https://www.youtube.com/watch?v=8xwcXpg2F2U.

[10] Cfr. https://www.youtube.com/watch?v=HjiNHfUXEqo. Ogni giornata si è conclusa con manifestanti che accusano diversi tipi di ferite: mutilazioni, accecamenti, cicatrici, ecc.

[11] Per una narrazione dal punto di vista degli Street Medics, cfr. https://paris-luttes.info/street-medics-bilan-provisoire-du-6180?lang=fr.

[12] La mobilitazione continua a essere largamente sostenuta dalla maggioranza dell’opinione pubblica, mentre è più di mezzo secolo che non viene impedito ai sindacati di manifestare (e infatti la Ligue des droits de l’Homme annuncia l’intenzione di citare questo divieto presso l’ONU stessa).

Questo testo è un'anticipazione del libro di Davide Gallo Lassere sul movimento in Francia. Dopo i quattro mesi di lotta della primavera scorsa contro la Loi Travail (approvata grazie al triplice ricorso al 49-3 del governo Valls) è ricominciata ieri in Francia la mobilitazione con i blocchi studenteschi della didattica e con le manifestazioni. Se le Nuit debout, dopo un primo momento di entusiasmo, hanno cominciato a stentare sempre più e se gli scioperi sindacali non sono riusciti a raggiungere l'ampiezza auspicata, le manifestazioni hanno invece espresso con continuità una forte carica conflittuale. Per fare il punto sulla prima fase della protesta, proponiamo quindi la traduzione di un pezzo che offre una narrazione teorica delle varie manifestazioni primaverili. Si tratta di un paragrafo di un libro che uscirà sul mercato francofono nel mese di novembre presso l'editore Eterotopia France.

Fonte: commonware.org 

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