La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 16 settembre 2016

Passare dall’invettiva alla mobilitazione (altrimenti…)

di Giuseppe Civati
A frequentare i social sembrano tutti scatenati sulle riforme costituzionali, da sempre esperti di sistemi bicamerali (perfetti e imperfetti), ma soprattutto campioni olimpionici dello specchio riflesso, capaci di rinfacciarsi qualsiasi cosa, dall'unità di Italia a oggi (Cavour come avrebbe votato? E Garibaldi?). Viene in mente lo scontro tra il tennico da bar e l'uomo con il cappello di Stefano Benni del Bar sport (pubblicato per la prima volta quarant'anni fa e consigliabilissima lettura quarant'anni dopo).
Ora, è tutto bellissimo, ma a tanto ardimento non sembra corrispondere una mobilitazione equivalente: finché c'è da menare qualcuno tirandogli in testa il modello tedesco o il senato americano (che fa più male), sono tutti energumeni. Se invece si tratta di organizzarsi per le proprie ragioni, staccarsi un momento dalla tastiera, allora diventano tutti timidi e introversi.
Dai Padri costituenti siamo passati a un dibattito adolescenziale, in cui spesso si confonde cosa si vota, perché si vota, con quali conseguenze.
Il mio modestissimo appello è di passare, soprattutto per chi si oppone alla riforma, dall'invettiva alla mobilitazione, dalla legittima incazzatura a una più proficua spiegazione della riforma ai propri colleghi, amici, familiari. Magari de visu, di persona, personalmente.
Si è tanto parlato della personalizzazione delle riforme, molto sbagliata: e allora che ciascuno personalizzi per i fatti suoi, da solo o in compagnia, si attivi e dedichi le proprie energie a una campagna complessa e importante.
Con Possibile ci stiamo provando. Fatelo anche voi. Esercitando la vostra sovranità nelle forme e nei limiti della Costituzione. E del confronto serio e documentato.

Fonte: ciwati.it 

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