La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 16 settembre 2016

Tisa, come le multinazionali cambieranno le nostre vite

di Stefania Maurizi 
Il Ttip è davvero morto, come ha dichiarato due settimane fa il vicecancelliere tedesco? Anche se fosse, per un Ttip in fin di vita, c'è un Tisa vivo e vegeto, che viene negoziato con successo nelle segrete stanze della diplomazia. Ma ogni volta che ci sono novità importanti, puntuale, arriva l'organizzazione di Julian Assange, che rende pubblico quello che dovrebbe rimanere riservato o comunque lontano dalla luce dei riflettori e destinato, al massimo, a una corte ristretta di burocrati e politici. E' successo anche stavolta: WikiLeaks pubblica tredici file del “Tisa” in collaborazione esclusiva con l'Espresso e con alcuni giornali internazionali, tra cui il quotidiano tedesco “Sueddeutsche Zeitung”.
Dall'accordo di base (core text) al capitolo sulle telecomunicazioni e a quello sui servizi finanziari, si tratta di documenti fondamentali di un trattato commerciale che, se andrà in porto, cambierà la vita di milioni di cittadini e lavoratori: dall'Italia all'America Latina, dagli Stati Uniti all'Asia.
Si chiama “Trade in Services Agreement” (Tisa), ovvero “accordo di scambio sui servizi” e il mondo ne ha sentito parlare per la prima volta due anni fa grazie alla squadra di Assange. Si tratta del più importante trattato commerciale in corso di negoziazione, perché punta a riscrivere in chiave sempre più liberista le regole del mercato dei servizi: dalla finanza ai trasporti, dal commercio elettronico alle aziende di stato, non c'è praticamente settore che non verrà investito dal Tisa.
A negoziarlo a Ginevra sono ventitré nazioni: Stati Uniti, Unione Europea, Australia, Canada, Cile, Taipei, Colombia, Costa Rica, Hong Kong, Islanda, Israele, Giappone, Corea, Liechtenstein, Mauritius, Messico, Nuova Zelanda, Norvegia, Pakistan, Panama, Perù, Svizzera, Turchia. L'Italia partecipa ai negoziati tramite la Commissione Europea, che tratta per tutti i paesi dell'Unione.
L'accordo monstre. Gli interessi in gioco sono giganteschi: secondo un rapporto ufficiale del Congresso americano , nel 2014 negli Usa il mercato dei servizi valeva, in termini di esportazioni, 710,6 miliardi di dollari e nel 2013 costituiva l'82% dei posti di lavoro del settore privato, per un totale di 87 milioni di lavoratori. Sono queste cifre a fare degli Stati Uniti il più grande esportatore al mondo di servizi, che ha un forte «interesse nell'apertura dei mercati internazionali ed è in prima linea nella liberalizzazione del mercato dei servizi», come spiega il report.
Mettendo intorno a un tavolo quei ventitré paesi negoziatori, il Tisa arriva a investire il 70 per cento del mercato mondiale dei servizi. Un Leviatano, dunque. E un trattato inevitabilmente controverso. Sì, perché come spiega il rapporto del Congresso Usa sul Tisa , «mentre nel mercato dei beni le barriere commerciali sono tariffe e dazi alla frontiera, in quello dei servizi le restrizioni si riscontrano una volta superate le frontiere, in forma di leggi imposte dai governi locali [per regolamentare i servizi, ndr]». Per liberalizzarli, dunque, è necessario intervenire sulla possibilità degli stati di regolamentarli, limitandola, per lasciare il campo più libero possibile alle corporation e ai loro affari.
Non a caso il Tisa suscita forti opposizioni tra le organizzazioni sindacali che difendono il diritto degli stati di legiferare nel pubblico interesse, per proteggere salari e condizioni di lavoro e tra le organizzazioni che difendono l'ambiente e i diritti umani. Non solo: poiché nel 21esimo secolo tantissimi servizi vengono forniti per via elettronica, la partita della “libera” circolazione dei dati di aziende e consumatori è centrale. Per questo il Tisa è percepito come una minaccia dai difensori della privacy.
I file rivelati oggi da WikiLeaks confermano molte delle preoccupazioni sul Tisa. Questi documenti costituiscono le versioni più aggiornate dei testi in corso di negoziazione. Il cosiddetto “core text”, che contiene l'impianto generale del trattato e che venne rivelato per la prima volta un anno fa da WikiLeaks , porta la data del 21 giugno scorso: un anno dopo i dubbi sollevati dai critici del Tisa rimangono.
Come fa notare la professoressa Jane Kelsey della facoltà di legge dell'università di Auckland, in Nuova Zelanda, che segue da molto vicino le trattative ed effettua un'analisi certosina del testi negoziali pubblicati di volta in volta dall'organizzazione di Assange, con il Tisa, «i governi cedono il diritto di dare la preferenza ai fornitori locali di servizi», ad esempio, «e cedono il diritto di limitare gli investitori stranieri e di richiedere che la maggioranza degli amministratori di una certa azienda di servizi sensibili sia costituita da gente locale».
Di fatto il “core text” pubblicato oggi da WikiLeaks recita che «ciascuno paese membro dovrà accordare ai servizi e ai fornitori di ogni altro paese parte dell'accordo un trattamento non meno favorevole di quello che garantisce ai propri». Che spazi di manovra avranno i governi che puntano a tutelare la funzione sociale di alcuni tipi di servizi?
La professoressa Kelsey ci tiene molto a sottolineare la filosofia che affiora dai capitoli ad oggi noti: «Il Tisa tratta i servizi come dei beni commerciabili e nega o subordina le loro funzioni sociali, culturali, ambientali, e di sviluppo economico e d'impiego. E le persone non sono viste come cittadini o membri di comunità, ma come 'consumatori'. Coloro che forniscono servizi non devono avere alcuna connessione con le persone della comunità che fanno affidamento sui loro servizi: possono essere forniti da società offshore o lavoratori temporaneamente presenti nel paese o attraverso aziende straniere con una presenza sul territorio, ma la cui priorità sia fare profitti per gli azionisti offshore. Nessuno di questi fornitori ha alcuna responsabilità di lungo termine o nessun vincolo che li costringa a rendere conto alla nazione che 'consuma' i loro servizi».
Kelsey è critica anche sul futuro dei dati nel Tisa: «leprotezioni della privacy sono illusorie», analizza l'accademica, «le leggi e i regolamenti che puntano a tutelare il processamento e la diffusione dei dati personali e la loro confidenzialità non devono essere in contrasto con le disposizioni dell'accordo». In altre parole, gli stati parte di questo trattato potranno anche darsi tutte le leggi che vogliono in materia di protezione della privacy, purché però rimangano nel perimetro del Tisa. E di fatto, i documenti pubblicati oggi da WikiLeaks lasciano affiorare che la partita dei dati personali, emersa come problema fin dalle prime negoziazioni, rimane spinosa.
Anche il capitolo sulla trasparenza, che porta la data di fine giugno, continua a presentare criticità emerse fin dall'inizio delle trattative: le nazioni parte del Tisa potranno approvare leggi e regole per disciplinare i servizi, ma dovranno pubblicarli con il dovuto anticipo «per consentire ai soggetti interessati e agli altri paesi membri dell'accordo di valutare se e come i loro interessi possono esserne condizionati in modo significativo» e per «fornire ad essi ragionevoli opportunità di commentare tali iniziative [legislative e regolamenti, ndr]». Paradossalmente, un valore benigno come la trasparenza può fornire alle grandi corporation l'opportunità di sapere con anticipo quali regole e misure avranno conseguenze negative sul proprio business e di intervenire in tempo.
Il pericolo che invece sembrerebbe scongiurato è quello degli “Isds”, i famigerati tribunali speciali che permettono alle multinazionali di promuovere azioni legali contro gli stati che danneggiano i loro affari, anche quando quest'ultimi prendono iniziative lodevoli e nel pubblico interesse, tipo la difesa della salute della popolazione. Esistono nazioni, come per esempio l'Australia, che si sono viste trascinare in un tribunale Isds da colossi come la British-American Tobacco per aver approvato una legge che limitava la pubblicità delle sigarette.
Nei file pubblicati oggi da WikiLeaks è presente una proposta dell'Unione Europea per creare un meccanismo di risoluzione delle controversie, diverso dai tribunali Isds. Il sistema è basato su corti di esperti che giudicano i casi in cui gli stati parte del Tisa hanno violato le disposizioni dell'accordo. Secondo l'analisi della professoressa Jane Kelsey, tuttavia, questa soluzione non prevede un meccanismo di appello, «questo significa che non c'è un controllo sulle decisioni di queste corti».
Anche se la minaccia dei tribunali Isds sembra al momento rientrata, Rosa Pavanelli, segretaria generale di Public Services International – una federazione globale di sindacati che rappresenta 20 milioni di lavoratori dei servizi pubblici nel mondo – avverte, tuttavia, che non bisogna abbassare la guardia sul Tisa: «La prossima settimana si svolgerà il 20esimo round di trattative», spiega a l'Espresso, «permane una grande ambiguità circa l'inclusione dei servizi pubblici [in questo trattato, ndr]».
In altre parole, i sindacati hanno ragione di temere che anche partite fondamentali come istruzione e sanità potrebbero finire nel girone delle negoziazioni Tisa e che misure estremamente controverse come gli Isds che oggi sembrano uscite dalla porta, potrebbero in futuro rientrare dalla finestra, attraverso il “Ceta”, il trattato commerciale tra Unione Europea e Canada in corso di trattativa. «Un segnale molto importante sono le manifestazioni che avranno luogo nei prossimi giorni a Bruxelles, Berlino e Bratislava», conclude Pavanelli.

Fonte: L'Espresso

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