La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 7 giugno 2017

Corbyn e la sinistra che può vincere

di Nicola Melloni
L’ultimo mese di campagna elettorale in Gran Bretagna è stato caotico: la vittoria sicura dei Conservatori, che quando furono indette le elezioni avevano oltre 20 punti di vantaggio, è ora in forse. Le tre opzioni sul tavolo, in ordine decrescente di probabilità, sono a) una vittoria rosicata dei Tories b) un parlamento senza maggioranza e c) un possibile governo di minoranza dei Laburisti. Se anche, come più che possibile, Theresa May dovesse vincere le elezioni, Corbyn e il “suo” Labour avranno comunque dato una prova di forza e vitalità che nessuno davvero si aspettava.
Non vi sono dubbi che, in questa rimonta spettacolare, abbiano ricevuto diversi “aiutini”: la goffaggine e l’impreparazione dell’attuale Primo Ministro, e, forse, anche un senso di sfiducia verso un governo che, tra i tanti tagli di questi anni, ha ridotto in maniera consistente il numero di agenti per le strade – soprattutto i famosi poliziotti di quartiere – per poi trovarsi con due attentati evitabili, condotti da persone più che note alle forze dell’ordine.
Eppure, quel che più ha fatto la differenza è stato il tipo di campagna elettorale del Labour. Per la prima volta dopo due decenni, la Gran Bretagna si è trovata davanti ad una vera scelta politica, tra sinistra e destra, tra due programmi economici radicalmente diversi. Proprio la svolta a sinistra della nuova leadership era stata strenuamente attaccata dai giornali, dagli avversari politici e dalla “quinta colonna” blairiana che domina il gruppo parlamentare laburista. Si era fatto passare il messaggio caro alle elite e al maistream economico che un governo di sinistra non sia eleggibile: i media, con la complicità degli avversari interni ed esterni, avevano ridicolizzato Corbyn come un residuo degli anni 70, un estremista che non capiva come si era modificato il mondo. Non che la musica sia cambiata troppo in campagna elettorale: la stampa nazionale ha continuato ad attaccare i Laburisti e anche la compassata BBC si è scoperta improvvisamente partigiana. La differenza però è stata che, per la prima volta, il pubblico britannico ha potuto ascoltare Corbyn in prima persona e leggere il manifesto dei laburisti senza il filtro dei media. E hanno scoperto una persona affabile e sincera ma, soprattutto, un programma che, con la radicalità del buon senso, vuole rifondare le basi della società inglese: tasse alte per i più ricchi per rendere di nuovo gratis l’accesso all’Università, per garantire pasti dignitosi agli studenti nelle scuole pubbliche, per costruire un sistema di asili nido dignitoso e che non costringa le madri a smettere di lavorare (la retta mensile a Londra e dintorni si aggira tra i 1.500 e i 2.000 sterline al mese…); oltre la ri-nazionalizzazione di monopoli naturali, quali le ferrovie e i servizi comunali che sono diventati marchi di vessazione per i consumatori e inefficienza dei servizi. Politiche “radicali” solo perché rompono il consenso neoliberale, ma che, in fondo, propongono solo scelte di buon senso, per una economia a favore di tutti e non delle elite – come dice l’azzeccato slogan del Labour, “for the many, not the few”.
A prescindere dai risultati di giovedì, Corbyn ha mostrato che una svolta a sinistra ha possibilità di vincere, che la rottura con il centrismo è, in fondo, l’unica possibilità di sopravvivenza e rinascita per una sinistra altrimenti moribonda. L’entusiasmo scatenato, l’appoggio massiccio da parte dei giovani, le piazze stracolme possono non essere abbastanza per entrare a Downing Street, ma sono le fondamenta indispensabili per costruire una alternativa. Ed il successo delle campagne di Corbyn, di Melenchon e di Sanders sono la prova provata che non solo esiste un crescente appetito per un nuovo “radicalismo politico”, ma che questa alternativa è tutt’altro che perdente.
Per la sinistra italiana, che ormai da decenni guarda all’estero incapace di esprimere una propria linea politica, la campagna di Corbyn dovrebbe essere un momento di risveglio e consapevolezza: invece di perdersi nel politicismo esasperato, affannandosi a inseguire le chimere del centro-sinistra; invece di continuare a guardare al PD, vagheggiandone un futuro senza Renzi, per riprendere una storia che si è già dimostrata fallimentare, la lezione inglese ed europea è che la sinistra, per essere rilevante, deve tornare a essere tale, ad occuparsi dei ceti più poveri, a rompere i paradigmi neoliberali. E’ forse nella logica delle cose che per governare si debba guardare ad alleanze più ampie, ma ciò è possibile solo dopo aver ricostruito la propria casa.

Fonte: Micromega-online - blog dell'Autore 

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