La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 29 gennaio 2016

Guerra civile siriana: perché il conflitto senza fine è a un punto decisivo

di Patrick Cockburn
I colloqui siriani di pace tra governo e opposizione cominceranno nei prossimi giorni a Ginevra in un’atmosfera di quasi assoluto pessimismo riguardo alle prospettive di successo. Le due parti si odiano a vicenda e hanno passato 5 anni cercando di uccidersi l’un l’altro, rendendo improbabile che si accorderanno per condividere il potere in qualsiasi modo, tranne geograficamente, mentre ogni parte manterrà il territorio che attualmente ha e lo difenderà con le sue proprie forze armate.
Questo pessimismo è difficile da contraddire, dato che parecchi dei gruppi più potenti che si impegnano a sparare, saranno presenti a Ginevra. Né Isis né il Fronte al-Nusra sono invitati; non che fosse probabile che sarebbero comparsi anche se fosse stato chiesto loro di partecipare. Ci sono discussioni su chi sia esattamente un terrorista, mentre l’Arabia Saudita che spinge l’esercito dell’Islam che controlla la roccaforte dei ribelli sul lato orientale di Damasco e la Turchia che insiste sull’esclusione dei Curdi siriani, l’alleato più efficace dell’America contro Isis.
Il problema di porre fine alle guerre in Siria e in Iraq, è che c’è una moltitudine di protagonistiche sono troppo forti per perdere, ma troppo deboli per vincere. I paesi e i movimenti come l’Iran ed Hezbollah, si considerano combattenti proprio per la loro esistenza in una guerra che non possono permettersi di perdere. Altri, come l’Arabia Saudita e la Turchia hanno investito troppa credibilità nella lotta per la Siria, per ammettere che non raggiungeranno il loro scopo di cacciare via il Presidente Bashar al-Assad.
Talvolta le guerre finiscono per esaurimento invece che per un accordo, e questa potrebbe essere la cosa migliore che ci si possa aspettare per la Siria. Ci sarebbero dei cessate il fuoco locali e delle tregue armate, come le 6000 e più che periodicamente interruppero la guerra civile in Libano durata 15 anni. In questo caso la difficoltà è che i movimenti con una connotazione religiosa, come Isis e al-Nusra, esistono per combattere per la loro fede islamica ed esserne all’altezza, combattendo quelli che considerano nemici demoniaci. Non sono come i signori della guerra libanesi che di solito lo trovavano occasionalmente nel loro mutuo interesse di smettere di uccidersi a vicenda.
Mentre però, forse non vediamo molti fatti positivi emergere dai colloqui di Ginevra,
il panorama politico nella regione contribuisce un poco di più alla pace che in precedenza. L’intervento militare russo di quattro mesi fa significa che Assad non perderà, sebbene è improbabile che vinca in modo definitivo. Rimane al potere ma soltanto per l’accresciuto appoggio da parte dell’Iran, di Hezbollah in Libano e, anche con il loro sostegno, il suo esercito non si è ripresa le città che aveva perduto l’anno scorso, come Palmira e a Idlib. Forse il presidente Assad non vuole parlare a Ginevra, o in seguito, ma è più che mai dipendente da questi alleati esterni che non vogliono impantanarsi in una guerra civile siriana senza fine.
In Siria stanno cominciando a emergere i vincitori e i perdenti, anche se non tutti quelli che sono coinvolti possono capirlo. L’Isis sembra sempre più maltrattata da un miscuglio di nemici appoggiati dall’aviazione militare americana e russa, sebbene non sia per niente vicino alla sconfitta. Gli Stati Uniti continuano a strombazzare la loro perdita di Ramadi, in Iraq, ma le forze speciali irachene che si sono impadronite della città in rovina, ammontano soltanto a 500 soldati. I peshmerga curdi iracheni che hanno ripreso Sinjar non sono stati pagati per 5 mesi, perché il governo regionale del Kurdistan è in bancarotta. L’esercito siriano è a corto di uomini e, mentre il suo morale forse è più alto grazie ai Russi, è ancora sfinito da cinque anni di guerra. I Curdi siriani hanno successo ma sono contrari a essere usati come carne da cannone dagli Stati Uniti e sono nervosi per l’intervento turco.
E’ pericoloso definire ogni singola fase di una guerra civile che va avanti da tempo come decisiva, ma i prossimi mesi potrebbero essere proprio quello. Gli Stati Uniti e i loro alleati in Siria. Gli Stati Uniti e i loro alleati in Siria, soprattutto i 25.000 combattenti delle Unità di Protezione del Popolo Curdo (YPG) con alcuni alleati arabi sunniti, sono ansiosi di separare l’Isis dal suo ultimo collegamento, attraverso la Turchia, verso il mondo esterno. Non sono lontani dal raggiungerlo. Le unità arabe delle Forze Democratiche Siriane (SDF), un’organizzazione ombrello dominata dalle YPG, il 23 dicembre si sono impadronite della diga di Tishrin sull’Eufrate, 55 miglia a est di Aleppo, e sono vicine alla roccaforte di Manbij, appartenente all’Isis.
La notizia che un movimento di cui pochi avevano sentito parlare, sta minacciando un’oscura città della Siria non avrebbe mai incendiato il mondo. E’ però importante per tre ragioni: prima, l’Isis è ora quasi isolata all’interno del califfato autoproclamato; secondo, i curdi siriani, usando il loro surrogato, le SDF, hanno attraversato a ovest dell’Eufrate, malgrado le minacce della Turchia di non far mai accadere questo senza avere una reazione; terza e più importante di tutte, l’attacco delle SDF è stato appoggiato dagli attacchi aerei sia russi che statunitensi, anche se non contemporaneamente. “I russi stanno ora portando avanti la maggior parte degli attacchi aerei là,” ha detto un rappresentante curdo siriano. In altre parole, gli Stati Uniti e la Russia in questa parte della Siria stanno agendo come se avessero un’alleanza militare di fatto.
In questo caso la grossa perdente potrebbe essere la Turchia che sembrava essere in una posizione così forte da poter estendere la sua influenza in tutto il Medio Oriente nel 2011. La sua immagine di stato economicamente prospero, democratico e tuttavia islamico era attraente per molti dimostranti arabi che avevano intenzione di deporre e rimpiazzare il governo dittatoriale. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha però subito chiarito che stava appoggiando un cambio arabo sunnita settario che era anti-sciita, anti-curdo e anti-laico e che fosse destinato a subire opposizione. Avendo prima appoggiato la Fratellanza Musulmana, la Turchia ha poi tollerato o aiutato l’Isis, al-Nusra e gruppi estremi jihadisti.
E’ stato un disastroso calcolo errato per la Siria e la Turchia. Anche con tutti i sogni neo-ottomani del Presidente Erdogan di fare di nuovo della Turchia una grande potenza in Medio Oriente, ha ottenuto il contrario. Il modo in cui reagisce a questo fallimento dovrebbe diventare chiaro nei prossimi mesi dato che la Russia e gli Stati Uniti cercano, in modo diversi, e in appoggio a una lista piuttosto diversa di alleati, di chiudere il confine tra la Siria settentrionale e la Turchia.
Il Presidente Erdogan, dovrà o accettare l’esclusione della Turchia dalla Siria del Nord oppure aumentare il coinvolgimento militare turco che possibilmente comprenderà un’invasione. Commentatori critici in Turchia dicono che l’anno scorso Erdogan voleva invadere, ma che era stato trattenuto dai generali più esperti dell’esercito turco. L’impegno militare su vasta scala da parte della Turchia oggi sarebbe più difficile, fin dall’intervento militare russo e dall’abbattimento di un bombardiere russo a opera di un F-16 turco in 24 novembre. Una mossa turca nella Siria del Nord compiuta adesso si troverebbe davanti alla disapprovazione americana e all’opposizione da parte di aerei russi e di missili antiaerei.
La guerra in Siria e in Iraq è lungi dall’essere conclusa ma, dato che emergono vincitori e perdenti, le possibilità di cessate il fuoco locali e, fondamentalmente, di un certo tipo di pace, diventeranno più fattibili. Il governo di Assad e l’opposizione forse non sono in grado di accordarsi a Ginevra, ma le potenze esterne che li appoggiano stanno diventando sempre più ansiose di portare a conclusione il conflitto.

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: The Independent
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

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