di Chiara Sità e Massimo Prearo
“L’omogenitorialità è contraria ai diritti dei bambini, all’evidenza e ai riscontri scientifici”, recita un volantino del comitato Difendiamo i nostri figli, principale organizzatore del prossimo Family Day. I protagonisti di questo dibattito – intensificato in concomitanza con la discussione in sede parlamentare del Ddl Cirinnà che include la stepchild adoption (la possibilità di adottare, all’interno di una coppia omosessuale e in costanza di unione civile, il/la figlio/la del/la partner, non, come da più parti sottinteso, la possibilità di adottare tout court) – fanno riferimento al variegato mondo dei movimenti in difesa della famiglia cosiddetta tradizionale o “naturale”: Giuristi per la Vita,Scienza e Vita, Voglio la mamma, Sentinelle in piedi, Generazione famiglia - La Manif Italia.
Un aspetto interessante del discorso pubblico prodotto da questo insieme di attori – principalmente attraverso conferenze e diffusione di video, testi e opuscoli – è costituito dal tentativo di ricorrere all’argomentazione scientifica per sostenere l’illegittimità di ogni forma di riconoscimento di un legame familiare tra genitori omosessuali e i loro figli.
L’argomento “scientifico”, ad esempio, viene dettagliatamente illustrato nel libretto L’omogenitorialità ovvero l’adozione omosessuale edito dal collettivo La Manif pour tous Italia, di Massimo Gandolfini (medico, specializzato in neurochirurgia e in psichiatria, portavoce del Comitato Difendiamo i nostri figli) e Roberto Marchesini (psicologo psicoterapeuta).
L’argomento “scientifico”, ad esempio, viene dettagliatamente illustrato nel libretto L’omogenitorialità ovvero l’adozione omosessuale edito dal collettivo La Manif pour tous Italia, di Massimo Gandolfini (medico, specializzato in neurochirurgia e in psichiatria, portavoce del Comitato Difendiamo i nostri figli) e Roberto Marchesini (psicologo psicoterapeuta).
La tesi di fondo è che l’evidenza scientifica sinora prodotta a livello internazionale sull’omogenitorialità è troppo scarsa e viziata da falle metodologiche. Esaminiamo di seguito i principali elementi di critica.
“Ci sono poche ricerche”. La mole di ricerche sulla crescita, la salute e l’adattamento dei bambini cresciuti con genitori omosessuali è costituita – secondo Gandolfini e Marchesini – da “soli 9 studi” (p. 4). Non si comprende come questi 9 studi siano stati identificati, ma quello che è certo è che, sin dagli anni Settanta, la comunità scientifica ha prodotto centinaia di ricerche sull’argomento, che hanno continuato a confermare l’assenza di danni sui bambini derivanti dal crescere con genitori dello stesso sesso, e hanno soprattutto analizzato in profondità processi, dinamiche e transizioni della famiglia a fondazione omosessuale.
“I campioni sono viziati”. La seconda obiezione riguarda presunti vizi nel campionamento nelle indagini sinora condotte. Sempre secondo gli autori, mancherebbero ricerche sui “grandi numeri” (e se questo è vero per l’Italia, non lo è certo per altri Paesi, come gli Stati Uniti). In mancanza di grandi numeri, si ricorre allora a un paragone inquietante e scientificamente improponibile. Gli autori affermano che gli effetti dell’assenza di una figura paterna o materna sarebbero infatti già stati resi noti dall’enorme mole di ricerche sulle patologie e le sofferenze“dell’infanzia orfana, abbandonata, istituzionalizzata” (p. 17), come se i bambini che crescono con due genitori dello stesso sesso potessero essere assimilati a bambini che hanno subito un abbandono o una perdita.
Sempre rispetto al campionamento, si addita come grave problema il fatto che nelle indagini esistenti i genitori partecipanti “si sono offerti volontari” (p. 5). In realtà, come gli autori dovrebbero ben sapere ma fingono di ignorare, in ogni ricerca che coinvolge soggetti umani i partecipanti devono essere volontari, poiché il ricercatore è tenuto (per legge, e per etica professionale) a rispettare in ogni fase della ricerca la loro libera scelta di prendere parte allo studio. La correttezza metodologica nella costruzione di un campione è responsabilità del ricercatore e non ha nulla a che vedere con la volontarietà dei partecipanti.
“Manca il gruppo di controllo”. L’unica metodologia di ricerca scientificamente valida, secondo Gandolfini, è quella di tipo sperimentale. Applicata alle relazioni familiari, questa idea di ricerca richiederebbe di isolare l’orientamento sessuale dei genitori, o la convivenza prolungata con una coppia omosessuale, come fattore che incide sullo sviluppo dei figli, e misurare i suoi effetti a partire dallo scarto rispetto a un gruppo di controllo costituito da famiglie eterosessuali “pure” (che dovrebbero essere sposate e intatte – a rappresentare la “norma”, probabilmente).
Su questo punto, le questioni aperte sono due.
Innanzitutto, la ricerca sull’omogenitorialità utilizza già modelli sperimentali e quasi-sperimentali sin dai suoi albori. La più recente bibliografia ragionata in materia, elaborata da Federico Ferrari in La famiglia inattesa. I genitori omosessuali e i loro figli, mostra che quasi la metà degli studi condotti, anche in Italia, ha utilizzato un gruppo di controllo per studiare salute psicofisica, adattamento sociale, capacità genitoriali e molti altri temi.
La ricerca sperimentale, però, sia in medicina sia nel campo delle scienze umane, ha abbandonato da tempo il modello causale lineare che vorrebbe Gandolfini (genitori omosessuali = aumentato rischio di disagi nei figli) e utilizza modelli di spiegazione complessi e multi-fattoriali, che tengono conto, per esempio, del fatto che una famiglia non vive in un vuoto, ma ha delle caratteristiche (come la condizione economica, o la storia familiare); interagisce con un contesto – con le sue norme e i suoi sistemi di significato – ed è protagonista di dinamiche sociali (per esempio, ha o non ha una rete di supporto). Lo studio della relazione famiglia-contesto consente, inoltre, di comprendere l’esperienza di stress nelle situazioni di costante disconferma sociale dei genitori (minority stress) e le probabili ripercussioni sulla vita quotidiana dei figli.
Infine, la logica sperimentale è una modalità di ricerca, non l’unica. È adatta a rispondere ad alcuni tipi di domande (un farmaco funziona? L’introduzione di un nuovo metodo di insegnamento ha un impatto sulla riuscita scolastica dei bambini?), ma non a tutte le domande a cui la ricerca scientifica può e deve dare risposte. Gandolfini e Marchesini criticano la ricerca corrente sull’omogenitorialità, colpevole a loro avviso di studiarla come fenomeno sociale esistente.
Sarebbero pertanto inutili e tendenziose le indagini sulla vita concreta delle famiglie con genitori dello stesso sesso: studiare queste famiglie senza l’obiettivo di verificarne la “validità” porterebbe, pericolosamente, a considerarle parte integrante dell’universo sociale. Tutto questo dimenticando – piccolo particolare – che la scienza, almeno da Galileo in poi, si propone di indagare in modo approfondito e critico i fenomeni reali, e non di dare, al prezzo di dubbie contorsioni pseudoscientifiche, patenti di legittimità o circoscrivere le possibilità di esistenza di ciò che non si conforma a un modello dominante.
Fonte: Rivista Il Mulino
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.