La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 31 gennaio 2016

La lezione di Davos: nessun collegamento con la realtà

di Roberto Savio
I ricchi e i potenti che si riuniscono annualmente nel World Economic Forum (WEF) questa volta sono stati d’umor tetro. Non solo perché il giorno in cui si sono incontrati quasi otto trilioni di dollari sono stati spazzati via dai mercati azionari globali. Bensì perché nessun leader poteva essere d’umore ottimista.
La cancelliera tedesca Angela Merkel sta perdendo terreno a causa del modo in cui ha gestito la crisi dei profughi. Il presidente francese Francois Hollande sta subendo un declino nei sondaggi che favoriscono Marine Le Pen. Il presidente spagnolo Mariano Rajoy ha praticamente perso le elezioni. Il presidente italiano Matteo Renzi sta affrontando una crisi gravissima del sistema bancario italiano, che potrebbe mandare a pezzi la terza economia dell’Europa. E i leader di Cina, Brasile, India, Nigeria e di altre economie dei paesi emergenti (come sono chiamati nel gergo economico) stanno tutti attraversando un serio rallentamento economico, che sta colpendo anche le economie del Nord. L’assenza dei presidenti di Brasile e Cina è stata rivelatrice.
Tuttavia l’ultimo Davos (20-23 gennaio) resterà nella storia del WEF come il miglior esempio del crescente distacco tra le élite e i cittadini. Il tema del forum era “come governare la quarta rivoluzione”, una tesi esposta da Klaus Schwab, fondatore e direttore generale di Davos, in un libro pubblicato poche settimane prima. La teoria è che stiamo ora assistendo a una fusione di tutte le tecnologie, che modificherà completamente il sistema della produzione e del lavoro.
La Prima Rivoluzione Industriale consistette nel sostituire, all’inizio del diciannovesimo secolo, il lavoro umano con le macchine. Poi, alla fine di quel secolo, è arrivata la Seconda Rivoluzione Industriale, che ha combinato la scienza con l’industria con un cambiamento totale del sistema di produzione. Poi è arrivata l’era dei computer, a metà del secolo scorso, producendo la Terza Rivoluzione Industriale, quella digitale. E ora, secondo Schwab, stiamo entrando nella quarta rivoluzione, in cui i lavoratori saranno sostituiti dai robot e dalla meccanizzazione.
La banca svizzera UBS ha diffuso nella conferenza uno studio in cui afferma che la Quarta Rivoluzione “avvantaggerà chi possiede di più”. In altri termini i ricchi diverranno più ricchi … è importante per i non iniziati sapere che il denaro che va ai super-ricchi non è stampato per loro. In altri termini è denaro che è risucchiato dalle tasche della gente.
Davos ha prodotto due considerevoli reazioni: la prima è arrivata con la creazione del World Social Forum (WSF) nel 1991, in cui 40.000 attivisti sociali si sono riuniti per denunciare come illegittima la riunione dei ricchi e potenti a Davos. Affermavano che dava all’élite una piattaforma decisionale senza alcun mandato da parte dei cittadini e diretta principalmente agli interessi dei ricchi.
Il WSF dichiarava che “un altro mondo è possibile”, in contrasto con il Consensus di Washington, formulato dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), dalla Banca Mondiale e dal Tesoro degli Stati Uniti. Il Consensus dichiarava che poiché il capitalismo aveva trionfato sul comunismo, la via da seguire consisteva nello smantellare lo stato quanto più possibile, nel privatizzare, nel tagliare i costi sociali che sono per definizione improduttivi e nell’eliminare ogni barriera al libero mercato. Il problema è stato che, per evitare il contagio politico, il WSF ha fissato regole che hanno ridotto i forum a dibattiti interni e alla condivisione tra i partecipanti, senza la capacità di agire sulle istituzioni politiche. Nel 2001 Davos considerò in effetti Porto Alegre come un’alternativa pericolosa; presto scomparve dai suoi radar.
All’ultimo Davos il WSF non è stato un punto di riferimento. Ma lo è stato l’altro attore, l’organizzazione internazionale di aiuti Oxfam, che ha presentato un rapporto sulla Ricchezza Globale a ogni WEF.
Quei rapporti hanno documentato quanto rapidamente la concentrazione della ricchezza a un livello osceno stia creando un mondo di disuguaglianza ignoto dalla Prima Rivoluzione Industriale. Nel 2010, 388 persone possedevano la stessa ricchezza di 3,6 miliardi di persone, metà dell’umanità, Nel 2014 solo 80 persone possedevano quanto 3,8 miliardi di persone. E nel 2015 il numero è sceso a 62 individui. E la concentrazione della ricchezza sta accelerando. Nel suo rapporto del 2015 l’Oxfam ha previsto che la ricchezza dell’un per cento al vertice supererà quello del resto della popolazione entro il 2016; in realtà tale livello è stato raggiunto nel giro di dieci mesi. Vent’anni fa l’un per cento super-ricco aveva un equivalente del 62 per cento della popolazione mondiale.
Sarebbe stato logico attendersi che quelli che governano il mondo, osservando i fenomeni senza precedenti di una rapida disuguaglianza crescente, avrebbero collegato il rapporto Oxfam a quello dell’UBS e preso in considerazione l’immensa sfida che sta affrontando l’attuale sistema economico e politico. Anche perché la Quarta Rivoluzione prevede l’allontanamento progressivo dei lavoratori da qualsiasi funzione possa essere assunta dalle macchine. Secondo Schwab l’uso di robot nella produzione passerà dall’attuale 12 per cento al 55 per cento nel 2050. Ciò causerà naturalmente un’enorme disoccupazione in una società in cui la rete di sicurezza sociale è già in profondo declino.
Invece il WEF ha largamente ignorato il problema della disuguaglianza, facendo eco all’attuale livello di mancanza d’interesse da parte delle istituzioni politiche. Siamo ben avanti nella campagna presidenziale statunitense e se non fosse per un unico candidato, Bernie Sanders, il problema sarebbe stato ignorato o aggirato dagli altri 14 candidati. Nemmeno nel dibattito politico europeo c’è alcun riferimento alla disuguaglianza, a parte dichiarazioni di rito: i profughi sono oggi un problema molto più pressante. E’ un segno dei tempi che le istituzioni finanziarie, come FMI e Banca Mondiale, siano molto più avanti delle istituzioni politiche, pubblicando numerosi studi su come la disuguaglianza sia una zavorra allo sviluppo economico e su come il suo impatto sociale abbia un impatto molto negativo sul tema centrale della democrazia e della partecipazione. Le Nazioni Unite hanno fatto della disuguaglianza un tema centrale. Alicia Barcena, segretaria esecutiva del CEPAL, il Centro Regionale per l’America Latina, ha anche pubblicato, in tempo per Davos, un rapporto molto preoccupante sulla stagnazione in cui sta entrando la regione e indicando il tema della disuguaglianza come un problema urgente.
Ma, a parte la disuguaglianza, anche il tema centralissimo del cambiamento climatico è stato largamente ignorato. Tutto questo nonostante i partecipanti alla Conferenza di Parigi sul Clima abbiano riconosciuto che l’impegno assunto da tutti i paesi abbasserà l’aumento della temperatura a non più di 3,7 gradi, mentre un obiettivo sicuro sarebbe di 1,5 gradi. Nonostante questo pericolosissimo fallimento, i leader di Parigi hanno fatto un mucchio di dichiarazioni ottimiste, affermando che la soluzione verrà dallo sviluppo tecnologico, spinto dai mercati. Sarebbe stato logico pensare che in una vasta accolta di titani della tecnologia, con leader politici, il tema del riscaldamento climatico avrebbe avuto una chiara priorità.
Dunque mettiamoci d’accordo sulla lezione di Davos. I ricchi e i potenti avevano tutti i dati necessari per concentrarsi su problemi esistenziali per il pianeta e per i suoi abitanti. Tuttavia non l’hanno fatto. Questo è un forte esempio del distacco tra l’interesse dei cittadini e quello della loro élite. Il sistema politico e finanziario è auto riverente ma sta anche rapidamente perdendo legittimità agli occhi di molti. Candidati alternativi come Donald Trump o Matteo Salvini in Italia, o governi come quello ungherese e polacco, non sarebbero mai stati possibili senza un massiccio scontento. Quella che è sempre più in gioco è la democrazia stessa? Stiamo entrando in una fase Weimar del mondo?

Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: IPS
traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

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