La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 25 febbraio 2016

La nuova Forza Italia è al governo. Intervista a Pippo Civati

Intervista a Giuseppe Civati di Giacomo Russo Spena
“Siamo alla legge più arretrata d’Europa che ribadisce, anziché superare, il ritardo ventennale accumulato. In più Renzi ha adottato Verdini o viceversa”. Pippo Civati attacca a testa bassa. Più desolato che arrabbiato. Parla di “spettacolo ipocrita”. Sul suo blog ha appena scritto che la “nuova Forza Italia è al governo” riferendosi all’ingresso in maggioranza di Denis Verdini e un fittiano che vanno ad aggiungersi al fedele Ncd: “All’appello manca solo Silvio. Tutti gli altri sono al governo. E se ci pensate quello era l’obiettivo, fin dall’inizio”.
Onorevole, il Pd si è trovato di fronte ad un bivio: affrontare l’Aula per le votazioni, alcune a scrutinio segreto, sperando nei voti del M5S dopo il precedente sul supercanguro o piegarsi alle volontà di Angelino Alfano e proporre un maxiemendamento, mediando al ribasso. Ha vinto la seconda opzione. Si poteva giocare diversamente la partita sul ddl Cirinnà?
"Innanzitutto la partita non si è giocata, il testo doveva passare per l’Aula. Anche il M5S, nella vicenda, ha conosciuto alti e bassi, frizioni, tatticismi e spaccature… con il provvedimento da votare avremmo scoperto le carte e sarebbe uscita, in modo trasparente, una legge. Inoltre il Pd ha sostenuto per giorni l’impossibilità di mettere la fiducia sul provvedimento mentre alla fine, dopo aver ceduto ai ricatti di Alfano, è stata posta. La stessa Cirinnà ha cambiato posizione. E una fiducia sui diritti è gravissima, il Parlamento è stato esautorato e superato da un accordo di potere. "
I renziani parlano di successo. Il Paese attendeva da anni una legge in materia, anche se mediata si rompe comunque un tabù. Meglio di niente, non trova?
"Già il ddl Cirinnà era un testo parziale e discriminatorio, adesso si può tranquillamente parlare di occasione mancata: una legge pessima ed arretrata. Vi sono persino alcuni aspetti contradditori: l’articolo 3 delega al giudice la possibilità di decidere di caso in caso ma le persone chiedono una legge per normare il quadro. La competenza è del Parlamento, sicuramente non può essere della magistratura."
L’Italia si conferma maglia nera sui diritti civili?
"Il panorama è grigio. Siamo il Paese più arretrato d’Europa. Si giunge ad un testo precedente – come grado di maturazione – alle unioni civili che in altre nazioni hanno votato 10/11 anni fa."
Prima con la manifestazione #SvegliaItalia dello scorso 23 gennaio, poi ieri con un presidio sotto il Parlamento con alcuni blocchi stradali, il movimento lgbt si sta facendo sentire. Migliaia le persone in piazza, in questo mese, in difesa del ddl Cirinnà. Il Paese è più avanti dei nostri politici?
"C’è sicuramente da registrare un tasso di arretramento della classe dirigente. Questa legislatura è compromissoria e doveva terminare due anni fa per dare la parola ai cittadini. Ne abbiamo la controprova. Purtroppo i cosiddetti progressisti preferiscono relazionarsi con Alfano e alcune associazioni lgbt promuovono mediazioni al ribasso. Sarebbe necessaria l’operazione inversa: il conflitto va esercitato e valorizzato. Parliamo di diritti che riguardano la vita di milioni di persone e del rispetto di una minoranza."
Cambiamo tema. Dopo mesi di attesa finalmente è stata calendarizzata la discussione in Parlamento sul fine vita. Una vittoria della “democrazia diretta”?
"Meglio tardissimo che mai. Le leggi di iniziativa popolare andrebbero discusse subito, sono l’unico strumento in mano ai cittadini per legiferare dal basso. Eppure nonostante gli appelli dell’ex presidente della Repubblica, Napolitano, la legge – per volontà di questa maggioranza – era caduta nel dimenticatoio. Ora si deve giungere ad un testo all’altezza del delicato tema perché l’Italia è ancora in straordinario ritardo rispetto all’Europa."
La questione è complessa e controversa: fino a che punto la vita è degna di essere vissuta? Il termine “eutanasia” viene spesso associato al concetto di “malato terminale”. Pensa sia giusto o parliamo di un diritto di scelta totale che si debba ampliare anche a chi non è malato?
"Quando si parla di eutanasia, si discute di libertà di scelta e autodeterminazione. Un altro retaggio culturale della nostra classe politica è considerarla invece una pericolosa forma di suicidio. Quasi un’aberrazione. Il termine genera panico e spaventa, malgrado i cittadini abbiano partecipato e affollato i banchetti nelle varie piazze l’Italia: chiedevano informazioni e con estrema serenità d’animo hanno firmato i moduli per la legge di iniziativa popolare. Un successo straordinario che palesa, ancora una volta, come il Paese reale sia più evoluto della politica dove il Parlamento, come abbiamo visto, sui diritti civili è impantanato."
Ma qual è la sua proposta? Lei è per l’eutanasia radicale?
"Dobbiamo ragionare per step. Io sono favorevole all’eutanasia ma proporla subito rischia di spaventare e condizionare il dibattito parlamentare. Alzerei un polverone sul “suicidio” e scoprirei il fianco a strumentalizzazioni. Connoterei la questione in chiave di “diritto dei morenti”. Quindi, senza ipocrisie, il ritardo va recuperato partendo dalla rapida introduzione del testamento biologico per poi improntare, in massima serenità, un confronto più approfondito sull’eutanasia, anche nella forma più radicale."
Intanto aumentano i viaggi della morte: alcune persone spendono fino a 10mila euro per andare a morire in Svizzera. E chi non può permetterselo? L’eutanasia sta diventando un diritto per censo?
"Succede perché l’Italia lavora per non garantire i diritti sostanziali alle persone. E con l’eutanasia, il diritto alla salute e quello all’autodeterminazione si sovrappongono. Oltre ad un discorso etico sulla libertà di scelta sul proprio corpo e sulla propria vita, si evidenzia una questione economica e di censo. Dobbiamo rilanciare una stagione di diritti per contrastare la piaga dell’enorme diseguaglianza: in tal senso, diritti civili e sociali sono collegati tra loro. "
Si spieghi meglio…
"Pensiamo alla liberalizzazione della cannabis, oltre ad essere un provvedimento giusto da un punto di vista morale e di libertà individuale, contro lo Stato etico, aiuta le casse dello Stato: meglio mandare una persona a rivolgersi dallo spacciatore o legalizzare la marijuana? Persino gli Usa – che nel passato hanno conosciuto il proibizionismo – stanno legiferando in materia e in California si vedono i primi risultati, mentre da noi è considerato un tema minoritario e secondario. Bisogna ristabilire un principio di uguaglianza e nell’accezione economico-egualitaria, diritti civili e sostanziali sono uguali."
Perché da noi esiste la primitiva idea che i diritti non siano tali, e quindi solo da riconoscere, ma concessioni che si possono mercanteggiare? Un vulnus culturale?
"Sicuramente. Un fatto religioso direbbe un idealista alla Feuerbach, una forma di incapacità di riconoscere la libertà personale che va assunta e riconosciuta e non concessa. La determinazione delle persone dipende da loro stessi."
Si può ricondurre tutto al Vaticano in casa o è una banalizzazione?
"Ultimamente nella Chiesa c’è una timida maturazione rispetto alla solita conservazione, papa Francesco è leggermente più avanzato rispetto ai precedenti pontefici. Credo sia più un riflesso condizionato della classe politica che ha paura di perdere rendita ed interessi economici: il timore che venga ribaltato l’ordine costituito. Come spiegavo, i temi etici ed economici sono correlati. Renzi appare coraggioso ma il suo coraggio è fittizio e legato al potere. Serve quello vero."
Ultima domanda, più politica. Alle prossime elezioni a Milano si presenteranno tre manager: Giuseppe Sala, Corrado Passera e Stefano Parisi. La sinistra avrebbe un’autostrada. Avete un programma comune ma non un “frontman” come candidato sindaco. Perché non si presenta lei? Teme il flop?
"I tre candidati sono separati alla nascita, si somigliano moltissimo. Troppo. Hanno programmi identici ma un pezzo di sinistra sostiene Sala come l’ex sindaco Pisapia e Balzani. Quindi l’autostrada è piena di caselli. Secondo punto, il frontman deve venire dalle forze politiche e sociali di Milano. Io sto fuori dalla partita, non mi candido."
E Cecilia Strada le piacerebbe?
"Il suo nome circola da tempo. Una persona che stimo. Poi vedremo, il candidato sindaco si deciderà collettivamente attraverso un processo dal basso.

Fonte: MicroMega online 

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