La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 27 gennaio 2016

Banche impopolari d’Italia

di Mag Roma
Lo ha detto pochi giorni fa il nostro presidente del consiglio: il sistema bancario italiano è solido e sicuro, migliore di quello tedesco! E ha aggiunto che la strada intrapresa è quella giusta: ottenere un panorama fatto di poche banche, grandi e solide. Via insomma quei piccoli istituti che lavoravano localmente, fatti di relazioni con il tessuto produttivo del territorio e contiguità con i risparmiatori. meglio pochi azionisti solidi, prodotti standardizzati e poche regole e chiare che governino tutti.
La riforma delle Banche Popolari va in questa direzione. Siccome alcune banche popolari si trovano in difficoltà, anche a causa della cattiva pratica di finanziarie gli amici degli amici pur in assenza di garanzie, allora eliminano le banche popolari, o meglio, facciamole assorbire dei grandi gruppi finanziari. La stessa sorte sembra prepararsi per le banche di credito cooperativo, anche se non sono usciti ancora decreti certi in proposito.
Per quanto riguarda le finanziarie l’operazione era già andata in porto. Poche, grandi, di emanazione bancaria e dentro uno schema di regole molto stringenti dettate da Banca D’Italia. Le uniche finanziarie “buone” che non sarebbero rientrate nello schema, le Mutue AutoGestione, recluse, per non far agitare troppo “certa sinistra”, nella riserva indiana del microcredito,fatta a beneficio di coloro che al sistema bancario tradizionale proprio non potrebbero mai accedere.
È una storia che si ripete: nelle fasi di confusione e crisi le persone preferiscono scambiare libertà per sicurezza. È successo col passaggio dalla repubblica all’impero romano, con quello dalla rivoluzione francese a Napoleone, con il biennio rosso seguito dal governo fascista. Probabilmente non siamo in una passaggio di tale portata storica, ma i fenomeni si assomigliano. Il governo ci ripete che la difesa contro le inevitabili crisi di sovrapproduzione su scala globale, contro il malaffare e le fluttuazioni delle borse mondiali, è avere poche istituzioni forti e centralizzate. E non ha tutti i torti: la tentazione di sentirsi rassicurati da un sistema chiaro e stabile, che tuteli i nostri, sempre più esigui, risparmi, c’è un po’ in tutti noi.
Poco importa poi che le Banche Popolari, tranne alcuni casi noti, siano stati, fin’ora, istituti sani e fondamentali per sostenere il tessuto produttivo, fatto di micro e piccole imprese, del nostro paese. Sono in buona salute, contengono buona parte dei piccoli risparmi degli italiani, sarà un affarone controllarle per i grandi gruppi. Che fine fanno però le relazioni? I risparmiatori che conoscevano la loro banca, le imprese che sapevano a chi rivolgersi, i prodotti e servizi pensati per le esigenze di quel territorio con quel tessuto produttivo? Tutto questo a quanto pare non ha più molta importanza.

Fonte: comune-info.net 

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