La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 18 febbraio 2016

La Cirinnà, le sabbie mobili e il blocco conservatore a geometria variabile

di Adriano Manna
Il pietoso teatrino andato in scena al Senato in occasione della votazione sul “canguro” per gli emendamenti presentati sul DDL Cirinnà, prassi parlamentare che permette di votare tutti gli emendamenti analoghi sottoponendoli ad un’unica votazione, ha fatto emergere un livello di ipocrisia diffusa tra tutti i protagonisti della vicenda, su cui sarebbe opportuno riflettere.
Innanzitutto occorrerebbe entrare nel merito della questione: il “canguro” è una pratica anti-ostruzionistica molto discussa; di fatto impedisce il libero dibattito parlamentare, dall’altro trova una sua giustificazione nei casi (assai diffusi nel nostro paese) di utilizzo di emendamenti-fiume al solo fine di praticare attività ostruzionistica.
Questo poteva essere il caso del DDL Cirinnà sulle unioni civili, dove le opposizioni di destra (e non solo) al Disegno di Legge, avevano depositato quasi 800 emendamenti, quasi tutti identici tra loro o privi di senso compiuto, al solo fine di impantanare nella palude parlamentare il procedimento.
Il Partito Democratico ha fatto uso della prassi del “canguro” in maniera assai disinvolta nel corso di questa legislatura , spesso in maniera impropria e su tematiche di tale rilevanza da rendere quanto meno inopportuno un contingentamento di questa portata del dibattito parlamentare, arrivando spesso a sfiorare un vero e proprio svuotamento del Parlamento dalle sue funzioni costituzionali.
Il M5S, dopo vari tentennamenti e pur giurando di voler arrivare all’approvazione del DDL Cirinnà, ha deciso di votare contro, adducendo a questioni di principio. Chiunque abbia un minimo di dimestichezza col diritto parlamentare e con le dinamiche delle assemblee legislative, sa perfettamente che in un contesto come questo, dove il margine dei voti è incerto, le pressioni fortissime e i franchi tiratori dietro l’angolo, fare a meno del “canguro” vuol dire sottoporre il DDL a quasi 800 “trappole” da cui difficilmente uscirà vivo, o comunque votabile per gli stessi promotori. Eppure il M5S ha fatto questa scelta, forse per ignoranza parlamentare, o forse (più probabilmente) per cinico calcolo tattico (Restituire a Renzi un bel colpetto, ma sulla pelle delle persone che rischiano di non veder riconosciuti i propri diritti).
In ogni caso, per il M5S non è un bel risultato, ed evidenzia nel migliore dei casi un’immaturità politica che prima o poi pagherà anche a livello di consenso elettorale.
Il PD, dal canto suo, ha mostrato un grave dilettantismo nel modo in cui ha portato avanti questo provvedimento, tale da non poter essere giustificato semplicemente dal “voltafaccia” grillino: il gruppo parlamentare democratico non è mai stato compatto sulle Unioni civili, e specialmente l’area CattoDem ha sempre dichiarato la sua contrarietà, a partire dal testo riguardante la stepchild adoption.
Eppure il Partito Democratico ha mostrato in altre occasioni, nel corso di questa stessa legislatura, una capacità di pragmatismo parlamentare senza eguali, che le ha permesso di passare come un carrarmato su ogni opposizione parlamentare, anche quando l’opposizione se l’è trovata in casa.
La spregiudicatezza con cui lo stesso Premier Renzi ha allargato la sua maggioranza parlamentare, prima inglobando organicamente il NCD di Alfano e poi arruolando di fatto l’ala verdiniana, ha permesso alla maggioranza di isolare de facto la sinistra interna al partito, lanciando veri e propri ultimatum in occasione dei dissensi interni registrati specialmente su Jobs Act e riforma costituzionale.
In quelle occasioni si è fatto più volte ricorso al principio della “disciplina di partito”, che vincolerebbe la minoranza ad attenersi alle indicazioni dettate dalla maggioranza, specie in ambito parlamentare.
Era infatti proprio la “disciplina di partito” quella invocata dai vertici PD quando c’era da votare il disgraziato Jobs Act e qualche deputato, con rimorsi di coscienza provenienti da una remota appartenenza culturale alla sinistra, non si sentiva di approvare. Si minacciarono espulsioni, si pose la fiducia, addirittura vennero convocati dalla Direzione nazionale del Partito i tre dissidenti PD che al Senato si rifiutarono di votarla.
In questo caso, invece, con i CattoDem e con gli alleati di NCD la mano è stata soffice: Renzi ha cercato i numeri fuori dal partito e dalla maggioranza (il PD da solo comunque non avrebbe potuto approvare la legge, neanche col supporto di Sel) finendo nelle mani dei seguaci del blog di Grillo&Casaleggio.
Il punto però, è che lo stesso Renzi è perfettamente cosciente di non poter forzare la mano sulla “destra” interna al partito e alla maggioranza, non può farlo perché il blocco politico e sociale su cui ha costruito la sua egemonia è intrinsecamente conservatore. Talmente conservatore da non assicurargli la tenuta neanche su un provvedimento di natura liberale, come è quello sulle Unioni civili.
L’idea stessa di alternare provvedimenti regressivi, con taluni atti dal sapore “progressista” giocando su maggioranze parlamentari a geometria variabile si scontra con la realtà di un parlamento dove una maggioranza progressista, è difficilmente raggiungibile perfino su basilari diritti civili (guai a parlare poi di eventuali estensioni di quelli sociali).
Questo succede perché l’elettorato progressista, che su temi come quelli etici sarebbe anche maggioranza nel paese reale, si ritrova la propria proiezione parlamentare, o rappresentanza politica, ingabbiata in un PD divenuto perno di un nuovo blocco conservatore e di un M5S (che tanti voti da sinistra ha preso) più interessato a veicolare le pulsioni del paese, che per loro natura sono conservatrici quando non apertamente reazionarie in tempi di crisi economica, piuttosto che svolgere una funzione di alfabetizzazione politica di massa presso il proprio elettorato e quella di indirizzo politico autonomo.
Per il DDL Cirinnà la partita ovviamente non è chiusa: Renzi, almeno a voce, si dice indisponibile a stralci anche solo parziali della legge; vuole andare avanti come suo solito ma non sa come fare. La settimana di rinvio prima della nuova discussione in aula sarà tempo di riflessioni e di intelaiatura di nuove strategie parlamentari, ma la sensazione è che sulle adozioni lo stesso Renzi dovrà scendere a compromessi con la componente cattolica della maggioranza.
Questo succede perché la mano pesante, con il proprio baricentro di azione di governo, non è altrettanto facile da usare così come fatto a suo tempo con la sinistra interna. E ogni buon comandante sa che una volta scelti i propri soldati, non si può scontentarli troppo, perché il rischio di ammutinamento è sempre dietro l’angolo.

Fonte: Sinistra in Europa

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