La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 28 aprile 2017

Il vento francese


di Nicola Melloni 
Le elezioni francesi sembrano confermare i venti di tempesta che scuotono l’Europa ed in generale il mondo Occidentale: i partiti storici sono sempre più in difficoltà e non riescono a rappresentare la voglia di cambiamento dell’elettorato. In particolare sono i socialisti a pagare il prezzo più alto: è successo in Grecia, in Spagna, in Olanda, nel Regno Unito – ed ora in Francia dove il Partito Socialista è praticamente scomparso. Non potrebbe essere altrimenti: la Terzia Via Blairiana ha di fatto cancellato la rappresentanza dei ceti più deboli cercando di sostituirla con una coalizione variegata tenuta insieme da cosmopolitismo culturale e attenzione ai diritti civili, ed è stata spazzata via dalla crisi che ha riportato lavoro, reddito e diseguaglianza al centro dei bisogni dell’elettorato e del dibattito politico.
Il PSE nel suo complesso – complice prima del disastro finanziario e poi dell’austerity che ha immiserito il Continente – non ha ovviamente nulla da dire ad un elettorato che cerca risposte e soluzioni ai drammi del presente.
Allo stesso tempo, anche la destra tradizionale soffre, schiacciata sempre più dall’avanzare di movimenti nazionalisti e xenfobi: in alcuni casi questi movimenti hanno di fatto preso il controllo dei partiti tradizionali – è successo sia in Gran Bretagna che negli Stati Uniti; in altri, come in Francia e Austria, hanno scalzato la destra ufficiale.
In questo panorama, le due novità – o supposte tali – sono Macron e Melenchon. Il primo rappresenta, alla pari di Matteo Renzi, il tentativo di riorganizzazione dell’establishment in crisi. Giovani “rottamatori” della vecchia partitocrazia, tanto Macron che Renzi sono in realtà ardenti sostenitori dello status quo ed una prima disamina del voto francese non fa che confermarlo: Macron stravince tra il ceto medio benestante e nelle grandi città, ma è virtualmente non pervenuto tra giovani e lavoratori – i più colpiti dalla crisi. Questa riorganizzazione è passata inizialmente attraverso la creazione di grandi coalizioni – ipotesi da non escludere anche in Francia visto che difficilmente Macron otterrà una maggioranza autonoma alle elezioni parlamentari di Giugno; ma sia Renzi che Macron paiono puntare decisamente verso il partito della nazione scavalcando la tradizionale – ed ormai da decenni fittizia – divisione tra destra e sinistra di governo. Il successo personale di Macron non può però nascondere il tracollo in termini di voti dei partiti dell’establishment: se nel 2012 socialisti, gollisti e centristi avevano ottenuto quasi il 70% dei voti al primo turno, nel 2017 non arrivano al 50, anche contando i voti di Hamon – la cui candidatura, radicalmente critica verso Hollande e Macron ha in realtà avuto l’unico effetto di tenere la sinistra fuori dal ballottaggio.
L’altra novità – questa sì inattesa fino ad un paio di settimane fa – è l’exploit di Melenchon, arrivato a pochi decimali da Fillon, ed appena un paio di punti sotto Marine Le Pen. Questo risultato, unito ai successi di Podemos, Syriza e della sinistra portoghese – e all’incredibile campagna di Sanders – dimostra che esiste uno spazio per una alternativa a sinistra, che il voto di protesta non deve per forza confluire verso forze reazionarie e xenofobe, quando non dichiaratamente fasciste. Questo successo, va detto, è stato ottenuto abbandonando i richiami identitari alla sinistra tradizionale: Melenchon è passato dal guidare il “Fronte delle Sinistre” a “La France Insoumnise” (la Francia che non si sottomette) sostituendo le bandiere rosse col tricolore e l’Internazionale con la Marsigliese. Il programma economico è dichiaratamente progressista, ma il cavallo di battaglia di Melenchon sono state soprattutto la critica radicale delle istituzioni politiche e la conseguente proposta di riforma costituzionale e di superamento della V Repubblica. Facendo sua la lezione di Podemos, Melenchon ha puntato non semplicemente a rappresentare la sinistra, quanto piuttosto a ridare voce al popolo tutto, al 99%, in contrapposizione all’oligarchia politico-economica che domina la Francia.
Così facendo Melenchon ha ottenuto un triplice effetto: ha ripreso molti dei voti di sinistra che sembravano ormai persi nell’astensione; ha penetrato la base sociale del Front National, giungendo secondo nel voto tra gli operai e, se i dati pre-voto saranno confermati, primo tra i ceti più poveri; e stravinto tra i giovani, doppiando Macron – e chissà se anche questa volta vedremo commentatori indignati dichiarare che i vecchi hanno deciso per i giovani, anzi gli hanno addirittura rubato il futuro (ne dubito fortemente...).
Siamo ancora lontani dalla formazione di un blocco sociale, ma sono passi incoraggianti nella giusta direzione, su cui cominciare a costruire una alternativa progressista all’establishment: a partire dalle elezioni parlamentari di Giugno.

Fonte: Micromega-online - blog dell'Autore 

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