La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 10 ottobre 2015

La libertà radicale al setaccio di Giulio Giorello

di Andrea Comincini
«L’uomo libero a nes­suna cosa pensa meno che alla morte; e la sua sapienza è una medi­ta­zione non della morte, ma della vita». Il pen­siero è di Spi­noza, ma riflette lo spi­rito con cui Giu­lio Gio­rello, nel suo recente sag­gioLa libertà (Bol­lati Borin­ghieri, pp. 175, euro 11), affronta una delle dimen­sioni fon­da­men­tali dell’essere umano, annun­ciata dal titolo. Senza libertà, ovvero privi delle tre forme prin­ci­pali in cui si può ana­liz­zare (Free­dom, Liberty e Enfran­chi­se­ment: libertà, indi­pen­denza, eman­ci­pa­zione), non solo il sin­golo, ma è l’intera società a sof­frire. Davanti agli attac­chi degli «entu­sia­sti di Dio», dei fana­tici taglia gole e di chiun­que voglia imporre il pro­prio credo agli altri, la lotta per l’emancipazione sem­bra essere una impro­ro­ga­bile neces­sità per garan­tire un futuro all’umanità, o per rea­liz­zarla. Que­sta la bat­ta­glia dell’irlandese Bobby Sands, per esem­pio, che si lasciò morire in car­cere per riven­di­care i pro­pri diritti poli­tici, o del sin­da­ca­li­sta J. Con­nolly, pen­sa­tore e lea­der di un paese, l’Irlanda, dove fu fuci­lato seduto su una sedia, per­ché non riu­sciva più a stare in piedi.
«Coloro a cui sta a cuore la libertà più che la vita… mai, mai, mai vor­ranno cedere il cielo stel­lato scan­da­gliato dal can­noc­chiale di Gali­leo per quel “mirag­gio nella neb­bia” che è la pro­messa di una sal­vezza offerta da una qual­siasi sottomissione».
Sotto quel mede­simo cielo Gio­rello rac­conta di pirati e schiavi, filo­sofi e scien­ziati e di come ognuno di loro abbia sem­pre gri­dato le parole: «mai, mai, mai». Un infi­nito eros per la vita fonda la coscienza del ribelle, il quale ha la respon­sa­bi­lità di lot­tare anche per chi si offre volon­ta­ria­mente schiavo, avendo smar­rito il desi­de­rio. (Tale con­ce­zione si fonda sull’abbandono della teo­ria ago­sti­niana del male, per acco­gliere invece l’idea spi­no­ziana secondo cui il male è per­ver­sione di cona­tus, di auoconservazione.)
Di nuovo Spi­noza: la cul­tura della vita con­tro l’ideologia della morte; non è un caso che il nemico inneggi alla fine – si pensi al «viva la muerte!» di Franco; chi odia la libertà non com­prende il desi­de­rio, e non sa cogliere il canto dei grandi pirati: «Non abbas­se­remo mai la nostra ban­diera nera, e se ci negano i mari, sol­che­remo l’aria». La libertà infatti – e Gio­rello lo sot­to­li­nea vir­tual­mente in ogni pagina – non è un con­cetto, ma un oriz­zonte di vita. Viene prima della verità, e addi­rit­tura della demo­cra­zia. Sia l’una che l’altra non sono para­go­na­bili a un porto sicuro, bensì al viag­gio tra flutti e tem­pe­ste, come quello che accom­pa­gnò Ulisse, in un mare dove il timo­niere dovrà ogni volta cer­care la rotta migliore fra le avversità.
Tra le pagine più appas­sio­nate di que­sto lavoro emerge la volontà e l’auspicio di dif­fon­dere nelle isti­tu­zioni e nei cit­ta­dini lo spi­rito cri­tico della men­ta­lità scien­ti­fica, poi­ché «la scienza che reclama per sé libertà inse­gna col pro­prio esem­pio a lot­tare per la libertà».
L’obiettivo è rag­giun­gi­bile anche con lo stru­mento dell’ironia. Il riso, rive­lando il vuoto dell’imperium, è sov­ver­sivo. È inviso alle isti­tu­zioni – si pensi al vec­chio Jorge de Il nome della rosa – per­ché dis­sa­cra, ovvero con­fessa una libertà che il sin­golo, per il fana­tico, non dovrebbe pren­dersi né desiderare.
I liber­tari sono come i Greci ricor­dati da Eschilo nei Per­siani: «Hanno fama di non essere schiavi a nes­suno, di non obbe­dire a nes­suno». Attin­gendo da Nie­tzsche, Gio­rello sot­to­li­nea che solo chi è capace di ribel­larsi all’oppressione è per­sona vera­mente respon­sa­bile. E la respon­sa­bi­lità è innan­zi­tutto una que­stione della mente: «La mente è la cosa più impor­tante Se non rie­scono a distrug­gere il tuo desi­de­rio di libertà, non pos­sono stron­carti» (Bobby Sands).
Il libro di Gio­rello è un vero mani­fe­sto liber­ta­rio pen­sato per accom­pa­gnare chi non vuole arren­dersi alla tiran­nia dell’ignoranza bigotta. Lo sapeva bene Mal­colm X: «nes­suno vi può dare la libertà. Nes­suno vi può dare l’uguaglianza o la giu­sti­zia. Se siete uomini, prendetevela».

Fonte: il manifesto 

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