La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 4 ottobre 2015

La narrazione della crisi alla prova elettorale

di Bruno Montesano
Andare além da troika, oltre la troika, è l’obiettivo che si è dato il governo Coe­lho, tra i più solerti d’Europa nel richie­dere l’applicazione del rigore in Gre­cia. La coa­li­zione al governo, com­po­sta dal cen­tro destra del Psd (Par­tido social demo­crá­tico) e dal Cds-Pp (Cen­tro demo­crá­tico social-Partido popu­lar), il 4 otto­bre esporrà al giu­di­zio del voto la pro­pria nar­ra­zione della crisi e del suo supe­ra­mento. Secondo l’ultimo son­dag­gio diPúblico, la Coli­gação è riu­scita a stac­care ampia­mente il Par­tido socia­li­sta(Ps) di Costa, pre­ce­den­te­mente dato in vantaggio.
«La pro­pa­ganda sul Por­to­gallo come caso di suc­cesso lavora essen­zial­mente su due indi­ca­tori: il defi­cit che è sceso dall’11,2% del 2010 al 4,5% del 2014 (oggi sti­mato al 7,5% con­teg­giando il sal­va­tag­gio del Banco Espí­rito Santo, ndr) e il tasso di disoc­cu­pa­zione che è dimi­nuito dal 16.4% del 2013 al 14.1% del 2014. Sono comun­que numeri più alti rispetto alle stime del memo­ran­dum d’intesa del 2011, che pre­ve­deva un 2,5% di cre­scita, men­tre oggi abbiamo lo 0,9% — spiega Mar­ga­rida Antu­nes, pro­fes­so­ressa di Eco­no­mia dell’università di Coim­bra -. Ciò che nes­suno può cele­brare è la cre­scita del rap­porto debito– Pil di 34 punti per­cen­tuali rispetto ai 22 sti­mati, e che fanno sì che il debito pub­blico sia al 130% del Pil». E infatti per Fran­ci­sco Louçã, eco­no­mi­sta tra i fon­da­tori del Bloco de esquerda, «essendo l’eccessivo debito la ragione dell’intervento» il solo dato dell’esplosione del rap­porto debito-Pil è suf­fi­ciente a soste­nere come l’intervento della Troika sia stato «una truffa e un modo per distrug­gere i ser­vizi sociali».
Antu­nes nota che se nel 2011 il tasso di disoc­cu­pa­zione si tro­vava al 12,9%, nel 2014 è salito al 14,1%. Così, se si con­si­de­rano le ore non lavo­rate di chi è costretto al tempo par­ziale (+8%), chi cerca lavoro ma non lo trova e chi è uscito dal mer­cato (100 mila per­sone in più), si arriva a una disoc­cu­pa­zione del 21%. Una cifra che comun­que non tiene conto di altri due feno­meni: l’enorme emi­gra­zione (circa mezzo milione di per­sone, il 5% della popo­la­zione) e il dila­gare del sotto-impiego.
La verità è che nean­che il Fondo Mone­ta­rio è così con­vinto del suc­cesso por­to­ghese, tanto è vero che, nelle dichia­ra­zioni fatte ad ago­sto nelSecond Post-Program Moni­to­ring with Por­tu­gal, si rile­vava come la rela­tiva sta­bi­lità por­to­ghese fosse influen­zata da fat­tori esterni come «il prezzo favo­re­vole delle mate­rie prime, i bassi tassi di inte­resse e un euro debole». Il rap­porto pro­se­gue poi pre­ve­dendo un atte­nuarsi della cre­scita oltre il breve ter­mine, in rela­zione alla fine del ciclo favo­re­vole. Ma già nell’analisi del Fondo mone­ta­rio inter­na­zio­nale di fine pro­gramma di mag­gio, rela­ti­va­mente alla caduta dello spread, si affer­mava l’importanza dei fat­tori come l’abbassamento del prezzo del petro­lio e del tem­pe­stivo inter­vento di Dra­ghi, più che dei fon­da­men­tali eco­no­mici, spesso peg­gio­rati per Antunes.
Nono­stante ciò, dopo l’estate del 2014, sono ces­sate le mobi­li­ta­zioni. Per pro­vare a inter­pre­tare tale feno­meno, Guya Accor­nero e Pedro Ramos Pinto del Cies (Cen­tro de Inve­sti­gação e Estu­dos de Socio­lo­gia), in ’Mild Man­ne­red’? Pro­test and Mobi­li­sa­tion in Por­tu­gal under Auste­rity, 2010–2013, ana­liz­zano le mobi­li­ta­zioni a par­tire dalla Rivo­lu­zione dei Garo­fani, che vide il suc­ce­dersi di mani­fe­sta­zioni ocea­ni­che, assem­blee quo­ti­diane e occu­pa­zione di fab­bri­che, case e terre. Di lì la par­te­ci­pa­zione poli­tica andò pro­gres­si­va­mente a dimi­nuire. Molto dipende da una società civile debole, in quanto scar­sa­mente alfa­be­tiz­zata — feno­meno deter­mi­na­tosi durante il regime sala­za­ri­sta. Per­tanto, nelle recenti pro­te­ste con­tro l’austerità, hanno pre­valso quelle indette dal sin­da­cato, ancora capace di mobi­li­tare grossi numeri, in par­ti­co­lare nel set­tore pubblico.
In ogni caso, anche se poi non sono dive­nuti mareas, i movi­menti sociali sono riu­sciti a coin­vol­gere nuove per­sone pre­ce­den­te­mente non poli­ti­ciz­zate, arri­vando a con­ta­mi­nare le pra­ti­che di par­titi e sin­da­cati. Tutto ciò a fronte di un’opinione pub­blica por­to­ghese che, secondo un son­dag­gio svolto nel 2008 dallo Euro­pean Value Sur­vey, era per oltre il 50% con­tra­ria alla par­te­ci­pa­zione a mani­fe­sta­zioni legali, con solo l’11,7% che vi aveva già preso parte, men­tre in Spa­gna, più del 30% degli inter­vi­stati rispose che già aveva preso parte a delle mani­fe­sta­zioni e solo meno di un terzo rispose che non lo avrebbe mai fatto. Secondo la socio­loga del Cies Britta Bau­m­gar­ten, che ha stu­diato le pro­te­ste sociali in Geração à rasca and beyond: mobi­li­za­tions in Por­tu­gal after 12 march 2011, la debo­lezza dei movi­menti por­to­ghesi risiede pro­prio nella pre­va­lenza, all’interno del ciclo di pro­te­ste, dei movi­menti “clas­sici”, legati a que­stioni par­ti­co­lari, cir­co­scritte entro un qua­dro nazio­nale. Chi recla­mava demo­cra­zia e par­te­ci­pa­zione oltre lo Stato-nazione non è riu­scito a sfi­dare il discorso uffi­ciale. Ma nel dibat­tito poli­tico si riflette sulla pos­si­bi­lità di uno spa­zio nazio­nale e sovra­na­zio­nale del con­flitto, con la vicenda greca a fare da spartiacque.
Così a luglio Boa­ven­tura De Sousa San­tos, pro­fes­sore di Socio­lo­gia all’università di Coim­bra, sul mani­fe­sto ha affer­mato l’impossibilità di uno spa­zio per la sini­stra in que­sta Europa. «Il pro­blema non è solo euro­peo ma glo­bale, di sistema. Non è pos­si­bile nes­sun muta­mento a livello nazio­nale – afferma Antu­nes –. Lasciando il neo­li­be­ri­smo intatto, infatti, ogni cam­bia­mento risulta gat­to­par­de­sco. E i par­titi socia­li­sti e social­de­mo­cra­tici hanno molte respon­sa­bi­lità in que­sto approc­cio». Antu­nes spiega la subal­ter­nità cul­tu­rale del Ps inse­ren­dola in una cri­tica gene­rale al socia­li­smo euro­peo, arte­fice della costru­zione euro­pea che pre­lu­deva neces­sa­ria­mente all’attuale stato di cose. Ma per Louçã «è impos­si­bile con­tare su una divi­sione tra Mer­kel e Hol­lande per un cam­bia­mento delle poli­ti­che e delle regole euro­pee. Per­tanto, l’uscita dall’euro diviene l’unica pos­si­bile alter­na­tiva per con­tra­stare l’austerità».
Anche André Carmo, geo­grafo dell’università di Lisbona e atti­vi­sta del movi­mento con­tro gli sfratti Habita, è estre­ma­mente scet­tico sull’esistenza di spazi poli­tici den­tro l’Eurozona e dell’europeismo di Costa, inter­prete di «un’austerity intel­li­gente», poi­ché «vuole rima­nere nella zona euro e stare alle regole e ciò vuol dire auste­rità per­ma­nente. Un governo vera­mente demo­cra­tico, senza neces­sa­ria­mente uscire dalla Ue, dovrebbe con­si­de­rare la pos­si­bi­lità di lasciare l’euro. Altri­menti rimar­remo una colo­nia dei paesi dell’Europa occi­den­tale, intrap­po­lati per sem­pre in una gab­bia di sot­to­svi­luppo. Anche per­ché c’è la pos­si­bi­lità di ricreare uno spa­zio lusofono».
Se nel Bloco de esquerda c’è un dibat­tito intorno al tema, che in alcune posi­zioni assume toni nazio­na­li­sti, nel Par­tito comu­ni­sta por­tu­gues (Pcp) l’antieuropeismo, accanto al “patriot­ti­smo”, è una con­so­li­data linea poli­tica. Sfugge a que­sto approc­cioLivre/Tempo de ava­nçar, che con­ti­nua a bat­tersi per un’Europa diversa e che alle ultime euro­pee ha tota­liz­zato il 2,2%. Il par­tito nasce nel 2013, ma per Carmo, non è affatto l’erede dei movi­menti e per­tanto, a dif­fe­renza di quanto si legge sui media, non è equi­pa­ra­bile a Pode­mos, dal momento che non vuole «rom­pere con l’alternanza Ps-Psd ma solo farvi parte, cer­cando di influen­zare i Socia­li­sti per ren­derli più social­de­mo­cra­tici e meno legati alla terza via blai­ri­sta». Anche se il Ps ha fatto entrare la troika nel paese, Livre guarda ai Socia­li­sti: il Por­to­gallo è stato il primo paese a rea­gire all’austerità, ma, a dif­fe­renza della Spa­gna e della Gre­cia, nes­suno a sini­stra è riu­scito a ver­ti­ca­liz­zare le lotte anti-austerity facendo leva sullo spa­zio lasciato dal cen­tro­si­ni­stra pie­ga­tosi alla Troika.
Per André Carmo, in un con­te­sto dove la mag­gio­ranza delle per­sone è con­vinta della ragio­ne­vo­lezza del neo­li­be­ri­smo, Bloco e Pcp, pesando insieme circa il 15% dei con­sensi elet­to­rali, esau­ri­scono lo spa­zio per una sini­stra d’alternativa. Il Bloco e i trotz­ki­sti del Mas (Movi­mento Alter­na­tiva Socia­li­sta) sono vicini ad alcuni gruppi di atti­vi­sti ma, forse invo­lon­ta­ria­mente, pro­vano a orien­tarli. Il Pcp, invece, con il suo approc­cio cen­tra­li­stico cerca costan­te­mente di influen­zarli e gli impe­di­sce di svi­lup­parsi, tenendo le pro­te­ste nei limiti del regime che cerca di com­bat­tere. Ma per Bau­m­gar­ten «anche se Cgbt (il più grande sin­da­cato del paese a cui è legato il par­tito comu­ni­sta, ndr) e Pcp hanno igno­rato le pro­te­ste orga­niz­zate dai movi­menti, non c’è alcuna ragione plau­si­bile per pen­sare che que­sti par­titi abbiano il potere per impe­dire mani­fe­sta­zioni di massa. Oltre a tutto ciò, a depo­ten­ziare la crea­zione di un nuovo movi­mento c’è “la sto­ria di suc­cesso” della Troika che lascia il Por­to­gallo nel 2014 in (debole) cre­scita e la sen­sa­zione dell’inesistenza di alter­na­tive. La lapi­da­ria sen­tenza della Tat­cher, TINA, there is no alter­na­tive, in Por­to­gallo è dive­nuto realtà», ter­mina André Carmo.

Si rin­gra­ziano Gof­fredo Adi­nolfi e Simone Tulumello
Fonte: il manifesto 

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