La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 7 gennaio 2016

Contro Trident, rimpasto pacifista nel governo-ombra del Labour

di Rachele Gonnelli
Fulminante in puro stile british la battuta con cui il premier David Cameron si è scusato per aver interrotto, con il suo primo discorso dell’anno alla Camera dei Comuni, «il rimpasto più lungo della storia», paragonando la lotta politica all’interno del Labour, con una caduta di sapore renziano, alla saga di Star Wars.
La verità è che il rimpasto da cui è emerso ieri il leader del Labour Jeremy Corbyn è durato soltanto 48 ore.
Ma è stato lungamente preceduto da stilettate su Twitter e prese di distanza in tv degli esponenti laburisti meno inclini a seguirlo su una direttrice chiara: il no alla guerra in vista di un prossimo voto sul rinnovo del programma nucleare Trident.
Il rimpasto nel governo ombra non ha estromesso le figure più in vista. Maria Eagle, peso massimo dell’opposizione interna al nuovo approccio pacifista, è stata semplicemente spostata, non senza un malcelato disappunto trapelato dai suoi sostenitori, dall’incarico sulla Difesa a un più tranquillo ministero-ombra della Cultura. E Hilary Benn è rimasto al suo posto agli Esteri, anche se per evitare uno smottamento di una decina di deputati più critici, è stato necessario raggiungere un accordo nella notte di martedì sulle regole del dissenso interno, una sorta di «centralismo democratico». Lo stesso Benn ha dovuto poi dichiarare di non aver indossato «la museruola», insomma di non essere stato silenziato da Corbyn e di continuare a occuparsi di politica estera in accordo con lui nella battaglia per vincere le prossime elezioni politiche.
È noto però che sui raid in Siria i due hanno posizioni speculari, lui a favore, Corbyn fermamente contrario.
Chi è stato effettivamente rimosso è Pat McFadden, figura di secondo piano anche se portavoce per l’Europa, ostracizzato per aver implicitamente criticato e banalizzato in diretta tv le dichiarazioni di Corbyn sul terrorismo e la responsabilità dell’Occidente all’indomani degli attacchi di Parigi. McFadden adesso veste i panni del martire rigettando le accuse di infedeltà che hanno colpito oltre a lui anche Mike Dugher, ex sodale di Gordon Brown e ormai anche ex ministro-ombra della Cultura, pure lui in abiti di martire della libertà d’espressione.
La resa dei conti interna al Labour, ampiamente annunciata prima di Natale, ha provocato le dimissioni di tre «frontbencher», deputati con incarichi governativi d’opposizione ma non di primo piano: Kevan Jones, Jonathan Reynolds e Stephen Doughty.
Queste tre dimissioni hanno allungato di un giorno la fine del rimpasto. Reynolds ha ammesso di essere fondamentalmente d’accordo con McFadden e comunque lontano alla coalizione Stop the War presieduta dallo stesso Jeremy Corbyn fino al settembre scorso. Jones ha lasciato per protesta per il passaggio della Difesa dalla Eagle a Emily Thornberry, secondo lui meno autorevole. Doughty ha annunciato il suo addio in uno studio tv della Bbc dopo aver esplicitato dure critiche sul rimpasto in corso. La perdita più rilevante, secondo fonti Labour, è quella di Dugher, ex operaio dello Yorkshire con un solido radicamento territoriale.

Fonte: il manifesto 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.