La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 9 gennaio 2016

Dal materialismo storico ai rettiliani: il complottismo come forma di resistenza

di Riccardo Fabiani
Il numero di teorie del complotto reperibili online è quasi infinito – si va dalle insinuazioni sugli attentati dell’11 Settembre, basate su contraddizioni e incongruità nella versione ufficiale dei fatti accaduti quel giorno, agli approcci più fantasiosi, che spesso includono ebrei, massoni, banchieri, Illuminati fino addirittura ai “rettiliani”. Le teorie del complotto non sono certo nate adesso: basti pensare ai celebri “Protocolli dei Savi di Sion” per trovare un facile antecedente.
Ci sono, poi, numerosi complotti che si sono rivelati in parte o interamente veri, come per esempio il trattato segreto fra Francia, Regno Unito e Israele nella guerra di Suez del 1956, o i depistaggi degli anni di piombo in Italia. Costa distingue questi complotti da altri approcci, che ci sembrano invece più fantasiosi? I “complottisti” tendono ad interpretare l’interezza del reale attraverso un’unica (o a volte molteplici) teoria, mentre le cospirazioni dimostrate dalla storia sono spesso quasi sempre limitate nel tempo e nello spazio.
Negli ultimi anni la proliferazione delle teorie del complotto e il numero di persone che sostiene alcune o parte di queste sembra essere aumentato. Tutti abbiamo avuto almeno una conversazione con qualche sostenitore di almeno un approccio complottistico alla realtà. Senza tentare di sviscerare i meccanismi psicologici dietro il complottismo nè la sociologia dello stesso, è interessante però cercare di gettare le basi di una possibile spiegazione politica di questo fenomeno. Perchè oggi molte persone, spesso con buoni livelli d’istruzione, ricorrono a queste tesi per spiegare il mondo? Soprattutto, perchè queste persone preferiscono delle teorie prive di spessore scientifico invece di “narrazioni” filosofiche, politiche o religiose ben più complesse ed esaustive?
La mia tesi è che la lunga agonia della politica intesa come esperienza collettiva capace di dare senso alla vita e al mondo ha avuto come effetto collaterale il proliferare di narrazioni esoteriche e autoconsolatorie che mirano a ricreare un orizzonte di senso per sottrarre i complottisti alla minaccia dell’anomia e dello smarrimento. Davanti alla crisi delle religioni tradizionali e al disincanto politico, le teorie del complotto riempiono un vuoto di senso e garantiscono una spiegazione lineare davanti ad una realtà altrimenti incomprensibile.
Come è ben noto, negli ultimi trent’anni abbiamo assistito all’ascesa di una nuova ideologia incentrata sulla credenza che i meccanismi di mercato siano sufficienti a regolare la nostra esistenza collettiva. Questo approccio mira a limitare il ruolo della politica, dando spazio invece all’interazione fra individui e aziende attraverso il mercato per gestire la maggior parte delle relazioni sociali. Sostenuta dalla liberalizzazione dei movimenti di capitale, questa ideologia ha portato allo svuotamento della sovranità democratica e alla sostituzione dei meccanismi di rappresentazione con strutture tecnocratiche sempre più complesse volte a gestire la politica secondo criteri “scientifici” consoni a questo approccio.
Le conseguenze politiche di questo fenomeno sono ben note. Affluenza alle urne in graduale calo nella maggior parte delle democrazie mature, riflusso nel privato, spostamento permanente verso il centro dei principali partiti politici fino alla quasi perfetta identità fra le alternative disponibili, declino delle idee e dei movimenti di sinistra e così via. In poche parole, la politica si sta lentamente spegnendo davanti all’evidenza che il voto democratico o la partecipazione collettiva è ormai incapace di avere un impatto significativo sulla realtà, mentre i processi decisionali sono nelle mani di attori economici, esperti e lobby di varia estrazione.
Tuttavia, il paradosso che emerge in questo contesto è che il declino delle masse e l’emancipazione dell’individuo hanno generato una resistenza imprevedibile e irrazionale, a dimostrazione della natura semplicistica dell’ideologia neoliberista dominante. Così come la religione, anche la politica si rifiuta di sparire, producendo una risposta nevrotica all’attuale tentativo di repressione di ogni forma di azione collettiva.
In un certo senso, quindi, il complottismo rappresenta il ritorno della politica, sebbene in forme esoteriche, irrazionali e autoconsolatorie. Colti in un processo di transizione dall’egemonia della politica al trionfo della finanziarizzazione dell’economia e dei meccanismi autoregolatori di mercato, un numero crescente di persone si rivolge a narrazioni nuove capaci di spiegare il mondo in maniera semplice e rassicurante e allo stesso tempo di sfidare l’ideologia neoliberista dominante. Può essere utile citare Gramsci e la sua definizione di interregno: “Il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”. In questo senso, il complottismo è un fenomeno nevrotico che illustra una resistenza ostinata davanti al trionfo dell’ideologia di mercato.
Un esempio che illustra bene le intuizioni e allo stesso tempo la fragilità del complottismo riguarda il ruolo delle banche nella maggior parte delle teorie di questo genere. Che si tratti di antisemitismo mascherato (come nell’ossessione per i Rotschild) o dell’identificazione del signoraggio come problema centrale dell’attuale assetto socio-politico, i complottisti accusano le banche di avere un ruolo fondamentale nella cospirazione che domina il mondo.
Adesso, è noto a chiunque abbia un minimo di dimestichezza con approcci economici eterodossi o anche solo progressisti che l’ipertrofia del settore finanziario (la cosiddetta “finanziarizzazione” dell’economia) è comunemente indicata come uno dei principali aspetti critici dell’attuale evoluzione del capitalismo. Persino un’istituzione di certo ortodossa come McKinsey ha indicato che il valore totale degli attivi finanziari aveva raggiunto il 343% del PIL mondiale nel 2007, una percentuale senza precedenti che illustra bene come negli ultimi trent’anni la crescita economica si sia basata su un’enorme bolla finanziaria potenzialmente insostenibile nel lungo periodo.
Senza dilungarmi troppo sulle origini di questo fenomeno (su cui numerosi autori si sono già espressi in maniera più esaustiva), la finanziarizzazione dell’economia e la difficoltà incontrata dai sistemi politici nel cercare di regolamentare quello che è stato il principale motore della crescita dalla fine degli anni ’70 ad oggi sono questioni che sono state ampiamente analizzate a livello accademico. A sua volta, la crescita ipertrofica del settore finanziario ha portato a squilibri macroeconomici e interferenze con i processi decisionali democratici evidenti nell’attuale crisi dell’Eurozona, ad esempio.
In poche parole, il problema del ruolo della finanza è stato dibattuto e analizzato ampiamente, soprattutto a sinistra. Tuttavia, questa mole di analisi non ha trovato quasi alcuno sbocco nei programmi politici dei partiti di sinistra occidentali, se non in modo limitato e incompleto. Per esempio, la questione della regolamentazione dei flussi internazionali di capitale rimane arenata in una discussione senza conseguenze sulla “Tobin Tax” all’interno dell’Unione Europea, mentre il PSE o i governi progressisti europei si limitano a sostenere solo a parole questa battaglia, preferendo invece abbracciare in maniera acritica l’ideologia neoliberista.
Ed è in questo contesto che si inseriscono le teorie del complotto, offrendo una spiegazione comprensibile ad un problema complesso e percepito in termini solo vaghi ma minacciosi. Se l’analisi del problema è complicata, se la sinistra non offre soluzioni decifrabili e chiare a tutto ciò, se non esiste una narrazione leggibile di certe dinamiche, ma esiste solo una passiva e rassegnata accettazione del mantra che non esistono alternative allo status quo, inevitabilmente molti si rivolgono a qualcos’altro – a teorie del complotto esoteriche ma inequivocabili e in grado di offrire una spiegazione efficace ad una realtà sociale e politica che per molti si traduce in precariato, redditi reali stagnanti o in calo, diseguaglianze sociali in aumento, erosione dello stato sociale, svuotamento della sovranità democratica, insicurezza ecc.
Certo, il complottismo non è una filosofia della praxis – invece di incitare all’azione, invita alla critica distruttiva, oscillando fra il fatalismo e la fuga dalla realtà. Come già detto, il complottismo è consolatorio, perchè offre una spiegazione e un’ancora di salvezza davanti all’anomia di una società in fase di destrutturazione. Inoltre, nella coltivazione di certi riferimenti culturali impregnati di ribellione e anarchia (si pensi solo all’abuso della simbologia mutuata da “V per Vendetta”, per esempio), c’è innanzitutto una fuga dalla realtà e la creazione di un mondo immaginario fatto di violenza salvifica che mina alla base il rapporto fra una parte della popolazione e le sue istituzioni rappresentative. Ma non solo: dentro un certo complottismo, ci sono in potenza anche i semi di un millenarismo allucinato e senza speranza, alimentato da un desiderio di rivolta violento e fine a se stesso, di cui la nostra società dovrebbe preoccuparsi se non fosse troppo assorbita dall’inseguire un altro tipo di violenza millenarista, quella del radicalismo islamista.
L’invito, insomma, è di guardare alle teorie del complotto da una prospettiva diversa – non come un fenomeno ridicolo o trascurabile, ma come un sintomo di un problema più ampio, ovvero quello della crisi della Sinistra e in generale della politica. Tradotto in termini concreti, quei militanti del Movimento Cinque Stelle che oggi riempiono i nostri social media di teorie strampalate sulla realtà sono elettori che la Sinistra ha abbandonato e ci ricordano come l’approccio riduzionistico del neoliberismo tecnocratico ha prodotto un numero non trascurabile di scontenti. La sfida per la Sinistra è adesso quella di trovare un linguaggio e un programma adatti a questo elettorato alla ricerca di spiegazioni efficaci per le proprie insicurezze sociali ed economiche.

Fonte: Esseblog.it 

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