La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 20 settembre 2016

La scuola al tempo di Uber. Quando un algoritmo cambia la vita

di Roberto Ciccarelli 
Se la scuola di massa era un’istituzione della società disciplinare con la fabbrica, la caserma, la prigione e l’ospedale, la “Buona scuola” è un’istituzione del controllo che organizza la vita degli uomini e delle donne indebitate attraverso gli algoritmi, la meritocrazia, l’autodisciplinamento. È già realtà: l’istruzione è sempre meno un ambito chiuso e, nella crisi permanente indotta dal regime delle riforme continue, sarà progressivamente sostituita dal dispositivo della formazione permanente e dell’apprendistato professionalizzante, da un controllo continuo operato sugli studenti, mentre i docenti sono già oggi valutati e puniti in base alle prestazioni e alle competenze, ai bonus elargiti dal governo e dalla sua propaggine aziendale: il “preside-manager”.
Il docente, il vero obiettivo disciplinare della caotica ma impietosamente incalzante riforma renziana, è trasformato in un burocrate della didattica delle competenze. Il reale contenuto della sua professionalità è conformato alla nuova precettistica dell’automazione, mentre la relazione con lo studente – ciò che costituisce la scuola – è un accessorio. Si può prevedere, in un prossimo e non lontanissimo futuro, una nuova “riforma”: la trasformazione di questa relazione secondo i parametri di una governance di cui i test Invalsi, e l’idea del portfolio delle competenze degli studenti, è solo una piccola anticipazione.
Se la scuola di massa voleva costituire il cittadino, la “Buona Scuola” crea l’imprenditore che risponde in tempo reale a schemi algoritmici e logiche performative del capitale umano. L’algoritmo usato dal ministero dell’istruzione per collocare i docenti quest’estate ha suscitato proteste e indignazione. Per lo più, soprattutto nella scuola primaria, si è trattato di contestazioni per un’irrazionale applicazione dei dati rispetto a un accordo sindacale sulla mobilità. Il ministero ha ammesso alcuni errori e si cercherà un rimedio. Ma è del tutto sfuggita la principale innovazione che sopravviverà alla Buona Scuola e, presto o tardi, sarà applicata ovunque, a partire dalla pubblica amministrazione: l’algoritmo, ha detto la ministra Giannini, “è la traduzione informatica di un contratto tra governo e sindacati con tutte le variabili del caso”, “la formula equivale alla traduzione matematico-informatica del contratto sindacale di lavoro”.
Ciò non esclude il contratto di lavoro, ma lo assoggetta al livello superiore del governo dei dati e dei numeri. È l’«uberizzazione» della scuola. Il noleggio auto con conducente avviene attraverso una piattaforma gestita da una multinazionale. Il salario è legato alla valutazione dei clienti e dell’azienda. Questo uso dell’algoritmo trasforma in maniera radicale la contrattazione e gli stessi contenuti della relazione tra lavoratore e datore di lavoro. I numeri sono inappellabili, l’errore è solo un episodio. La razionalità messa in campo non sbaglia mai. È il nuovo dogma teologico-informazionale. L’apparente oggettività in realtà nasconde arbitrii sui quali il governo non intende intervenire. I docenti sono le cavie di un nuovo modo di governare la vita. Quest’ultimo aspetto della “buona scuola” è il più grande esperimento di massa effettuato da un governo, non da una multinazionale, e produrrà effetti a catena nella società del controllo.
In questa svolta la scuola non prepara gli individui alla fabbrica o all’ufficio, ma all’impresa, concetto da intendere non solo come “azienda”, ma come itinerario esistenziale in cui si sperimenta e subisce una rivalità inestinguibile, motivazioni proprietarie che oppongono studenti e docenti tra di loro, e attraversano ciascuno, dividendoli nel loro intimo. La nuova istruzione non è meno disciplinare di quella precedente, prevede sanzioni e promozioni, oltre a uno spiccato senso dell’autorità identificato nel mitologema del manager. In questo modello si introduce il principio del salario secondo il merito, la stella polare di tutte le politiche del lavoro, e non solo.
Così l’impresa ha sostituito la fabbrica, la formazione permanente pervaderà fino in fondo la scuola, la valutazione continua sussume l’esame, la burocrazia sostituisce la ricerca e l’insegnamento. Il nuovo regime dell’istruzione, in via di perfezionamento, spiega perché il lavoro è stato assorbito e rovesciato nello stage permanente e dal lavoro gratuito per i feudatari delle piattaforme in rete. Sta a chi vive nella piattaforma interconnessa 24 ore su 24, sette giorni su sette, scoprire di cosa siamo diventati servi, così come i nostri padri e madri hanno scoperto, non senza dolori e conflitti, la resistenza alle discipline. Non è il caso né di avere paura né di sperare, bisogna cercare nuove armi, ha scritto Gilles Deleuze nel 1990 all’inizio della trasformazione. Quella ricerca non è ancora, mai, finita.

Fonte: Il manifesto 

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