di Franco Berardi Bifo
In un numero recente del Foreign Affairs, Zachary Karabell scriveva: “Il McKinsey Global Institute ha recentemente stimato che i robot potrebbero svolgere il 45% delle attività che oggi sono svolte da lavoratori umani, il che significa circa due trilioni di dollari di salari annuali. Ma mentre rende più efficienti i processi di fabbricazione, la tecnologia abbassa il costo di quasi ogni merce nel mondo, dagli hamburgers alle automobili.”1 Dunque il paradiso è a portata di mano? Sfortunatamente no, perché la Forma generale del capitale sembra incompatibile con la possibilità iscritta nello sviluppo dell’intelletto generale e nella tecnologia: la possibilità di una riduzione del tempo di lavoro e di una redistribuzione della ricchezza prodotta. Questa possibilità tecnica è incompatibile con le attese culturali prodotte da quaranta anni di egemonia liberista, e particolarmente con quel contesto di semiotizzazione che chiamiamo economia, che in realtà è la naturalizzazione del sistema di interpretazione che corrisponde al dominio del capitale.
Secondo Eric Brynjolfsson economista del M.I.T. quella della sostituzione di lavoro umano con tecnologia sarà la sfida principale delprossimo decennio2.
Secondo Eric Brynjolfsson economista del M.I.T. quella della sostituzione di lavoro umano con tecnologia sarà la sfida principale delprossimo decennio2.
Gli effetti delle tecnologie debbono ancora manifestarsi a pieno nei processi produttivi, e la massificazione della robotica nel settore produttivo e distributivo è solamente ai suoi inizi.
La conseguenza di questo trend tecnologico è che il tempo di lavoro necessario per la riproduzione del mondo delle merci si riduce ogni anno di più, mentre non è pensabile che si possa estendere ulteriormente la massa di merci prodotte, nelle condizioni attuali di stagnazione della domanda.
La crescita è un pregiudizio, il pieno impiego una superstizione, la disoccupazione è destinata a crescere fin quando non si accetterà l’evidenza: il tempo di lavoro umano deve diminuire drasticamente, il reddito deve essere scollegato dal tempo di lavoro.
Da almeno trent’anni la sostituzione di lavoro umano con macchine è il problema principale dell’economia e della società, ma potrebbe essere la soluzione.
Il problema è la soluzione, proprio così. La sostituzione di lavoro con macchine intelligenti è un problema fin quando riteniamo che il lavoro salariato sia la condizione necessaria e indispensabile per poter avere accesso alla ricchezza sociale, per poter sopravvivere. Ma diventerebbe una soluzione non appena ci liberassimo di questa visione limitata che nacque da una situazione di scarsità, ma che è un ostacolo al pieno dispiegamento del possibile, quando l’intelligenza tecnica e scientifica mette a disposizione della società una ricchezza potenzialmente illimitata.
Il codice semio-economico del capitalismo non è in grado di interpretare e di gestire la sostituzione di lavoro con macchine intelligenti, che pure nasce dalla relazione conflittuale tra lavoro e capitale. Il processo di sostituzione del lavoro con macchine intelligenti è una chiave che può aprire la porta verso un’evoluzione decisiva, ma il codice semio-economico del capitalismo è incapace di interpretare la riduzione del tempo di lavoro necessario se non come una contraddizione nel processo di sfruttamento del lavoro salariato, e come causa della disoccupazione.
“Stiamo per entrare in un mondo in cui ci sarà più ricchezza e meno lavoro per tutti. Questa dovrebbe essere una buona notizia. Ma se andiamo avanti con il pilota automatico non c’è alcuna garanzia che funzioni.” dice ancora Brynjolfsson sul New York Times. Il pilota automatico è il capitalismo, l’insieme degli automatismi che funzionano come una trappola, rendendo impossibile il pieno dispiegamento delle potenzialità contenute nella tecnica, o sottomettendole a finalità che non corrispondono all’interesse sociale né all’utilità intrinseca dei saperi, ma corrispondono soltanto alle finalità dell’economia di profitto la cui dinamica è fondata sullo sfruttamento del tempo di lavoro, sull’accumulazione di valore monetario, sulla crescita del volume di prodotto.
Negli ultimi tempi Google ha intensificato il suo interesse verso la robotica e le macchine capaci di apprendimento. Gli effetti li vedremo sicuramente nei prossimi anni. Larry Page ha posto la questione in una intervista che viene riportata da Computer World, affermando che sarà necessario estendere il numero di coloro che lavorano part time. Ma non si tratta di part time, si tratta proprio di un mutamento che riguarda la natura e la funzione del lavoro, e quindi anche la quantità di tempo che il lavoro deve occupare nell’arco della vita umana3.
L’ostacolo più grande alla possibilità di usare la potenza della tecnica in senso progressivo sta nel vincolo tra salario e tempo di lavoro. Quel vincolo va sciolto. Fin quando la gente dovrà rinunciare a una parte del salario per poter avere un orario ridotto, continuerà a considerare la riduzione del tempo di lavoro come una disgrazia o per lo meno un fatto negativo. Occorre dunque svincolare il reddito che rende possibile l’esistenza dalla prestazione di lavoro.
La riduzione del lavoro è finalmente possibile, e non comporta nessuna riduzione delle risorse cui possono accedere i lavoratori. Il tempo liberato dall’obbligo lavorativo può essere destinato all’attività ludica, affettiva, culturale, esattamente ciò cui dobbiamo rinunciare quando il paradosso del capitalismo ci costringe a lavorare di più quando potremmo lavorare di meno. E’ ora di metterci a riposo, di metterci in cura. Non vi è altra cura per l’umanità contemporanea che si trova con ogni evidenza in una situazione di confusione mentale da stress.
Nel loro libro recente Demand Full Automation Srnice e Williams scrivono: “La recente ondata di automazione si fonda su ampliamenti algoritmici, soprattutto nel campo del machine learning, rapidi sviluppi della robotica e crescita esponenziale della potenza di calcolo…. La tecnologia di pattern recognition sta progressivamente assoggettando all’automazione compiti di tipo ripetitivo e non ripetitivi…”4.
Quel che dicono Srnicek e Williams è condivisibile, ma nel mondo reale la potenzialità non si traduce in potenza e quindi non si dispiega secondo la razionalità del contenuto conoscitivo e tecnico.
La ragione sta nel fatto che non vediamo il modo per emancipare la possibilità di una società post-lavorativa dalla struttura esistente dell’economia e dalle attese prevalenti della mente collettiva. Srnicek e Williams suggeriscono di domandare piena automazione, basic income universale e riduzione della settimana lavorativa. Tutto giusto, ragionevole, ma occorre capire come si potrà rendere realistico questo programma.
Esiste una volontà politica di governo che possa aderire a queste richieste e attualizzarle? Non esiste perché la governance ha preso il posto del governo, e il comando non è più iscritto nella decisione politica, ma nella concatenazione di automatismi tecno-linguistici. Perciò la rivendicazione rimane inoperante, e costruire partiti politici è attività priva di interesse.
Coloro che hanno la potenza necessaria a liberare il contenuto di conoscenza e di tecnologia che rende possibile l’emancipazione dalla forma semiotica che comprime e perverte quel contenuto, sono coloro che questo contenuto lo producono, i lavoratori cognitivi, i milioni di lavoratori della Silicon Valley Globale.
L’attenzione politica del prossimo periodo, mentre, occorre dirlo, la guerra si diffonde, deve concentrarsi su questa unica questione: l’organizzazione autonoma del lavoro cognitivo.
L’autonomia delle pratiche di programmazione tecnica è il progetto politico cui occorre dedicarsi, ma sappiamo che l’autonomia della pratica presuppone l’autonomia del soggetto.
Dobbiamo pensare alla Silicon Valley Globale come nel ’17 pensavamo alle officine Putilov e negli anni ’70 pensavamo a Mirafiori: il reparto centrale della riproduzione del mondo, il luogo in cui si concentra il massimo di sfruttamento e il massimo di potenza trasformativa.
Mentre i poteri politici si afflosciano nell’impotenza e gli stati nazionali sono incapaci di governare i flussi semio-finanziari, la Silicon Valley Globale prende il posto dei poteri del passato. Ma (contrariamente a quel che pensa Eugenj Morozov) la Silicon Valley globale non è un luogo privo di conflitti, perché dentro ci stanno cento milioni di lavoratori cognitivi sparsi nelle città di tutto il mondo. E’ dalla loro sofferenza psichica che può venire il loro risveglio etico. E dal risveglio etico di cento milioni di lavoratori cognitivi, di ingegneri e di artisti viene la sola possibilità di evitare una regressione spaventosa, di cui ormai cominciamo a vedere i contorni.
Note:
1 Z. Karabell, Learning to love stagnation, Foreign Affairs, March April 2016 p. 48
2 E. Brynjolfsson, A. McAfee,The Second Machine Age: Work, Progress, and Prosperity in a Time of Brilliant Technologies, W.W. Norton & Company New York London, 2016
3 http://www.computerworld.com/article/2489745/it-management/google-s-
larry-page-talks-of-killing-the-40-hour-work-week.html
4 N.Srnicek, A. Williams, Inventing the future: Postcapitalism and a World Without Work, Verso 2016
Fonte: bin-italia.org
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