La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 4 marzo 2017

Tentazione neocentrista e nazionalsocialismo lepenista

di Alessandro Casiccia
Con l’esito della corsa alla Casa Bianca e l’avvicinarsi delle elezioni in Francia, era naturale che l’opinione pubblica focalizzasse la propria attenzione sull’emergere di movimenti comunemente detti “populisti”, ma meglio denominabili “neo-nazionalisti”. Entro questo scenario, assume in Francia un ruolo rilevante, il Front National. Il caso deve essere tuttavia considerato nella sua specificità. Occorre non dimenticare i tratti peculiari del nazionalismo nelle vicende della Repubblica francese. E riflettere, al tempo stesso, sul tanto dibattuto distacco dell’attuale leader dal proprio padre. Se per alcuni osservatori quel distacco costituisce una frattura reale e profonda, per altri invece non rappresenta che un temporaneo camuffamento.
E questa seconda ipotesi parrebbe trovare riscontro nelle dichiarazioni di Marine Le Pen a favore dei poliziotti dopo l’odiosa violenza da essi compiuta a danno di un giovane di colore nei primi giorni di febbraio. Resta fermo comunque che occorrerà tener conto anche del carattere molto particolare che nella storia francese ha più volte assunto il rapporto fra destra e sinistra (dal tardo ottocento, al periodo dell’occupazione, fin poi ai giorni nostri). Guardando a quel rapporto però i punti di contatto parvero spesso presentarsi non tanto nelle posizioni moderate di entrambi in fronti, quanto piuttosto in quelle radicali. E ciò parrebbe riproporsi ai nostri giorni in forme nuove. E non solo in Francia. Il che, considerando anche l’attuale rovina delle classi medie, potrebbe contribuire a rendere vieppiù discutibile il classico tema della “corsa al centro” come tattica vincente nei confronti elettorali. Tale “corsa” viene ora lanciata dal concorrente centrista Macron, facendo leva su un superamento delle opposte tensioni. Ma non si dimentichi che per un curioso paradosso proprio nella tradizione francese la prospettiva “né destra né sinistra” caratterizzò a suo tempo movimenti tendenzialmente fascisti.
Il partito oggi guidato da Marine Le Pen sembra confrontarsi con alcune questioni cruciali. L’immigrazione è una di queste: non solo perché non facile da gestire in assenza, al riguardo, di programmi europei coerenti, ma anche perché il fenomeno viene messo in rapporto, da una parte considerevole dell’opinione pubblica, con l’irruzione del terrorismo marcato “stato islamico”; irruzione particolarmente tragica proprio in Francia, come appare guardando agli eventi degli ultimi due anni.
Ma sarebbe assurdo ignorare quanto il fenomeno migratorio sia percepibile da una parte considerevole dell’elettorato tradizionalmente di sinistra come pressione competitiva nel mercato del lavoro. Non manca la possibile lettura del fenomeno quale “esercito industriale di riserva” utilizzabile programmaticamente da parte della classe capitalistica, grazie allo sgretolamento dei confini nazionali. Giustificabile o meno, una certa drammatizzazione del fenomeno migratorio pare presentarsi anche in altre linee politiche. Ad esempio, con la candidatura alle primarie di François Fillon, ora messa nuovamente in difficoltà per l’emergere dei noti scandali.
Un altro punto che appare oggetto di discussione è il ruolo dell’Unione Europea. Le cui politiche vengono in genere percepite, da un lato come un tentativo di limitare o controllare taluni effetti della globalizzazione, d’altro lato invece (e qui già si erano manifestate posizioni radicali di opposti segni) come un aspetto del processo globalizzante stesso, perlomeno in quanto la sua azione riduce i poteri sovrani degli stati membri; e accentua, almeno fra essi, la liberalizzazione degli scambi.
Anche sotto questo aspetto, la linea di Marine Le Pen merita attenzione in quanto, pur dichiarandosi europeista sotto il profilo culturale, esprime scetticismo e critica riguardo all’azione politica dell’Unione. Nell’ indirizzo da lei impresso al Fronte, emerge una riaffermazione dello stato-nazione, accompagnata dal progetto di un forte controllo pubblico sull’economia: aspetto, quest’ultimo, che segna una differenza marcata rispetto alle posizioni del padre. E così pure rispetto ad apparentemente simili posizioni neo-nazionaliste in altri paesi a sviluppo maturo; compresa quella rappresentata ora dalla Casa Bianca, nonostante il plauso formale di Marine Le Pen all’inaspettato successo di Trump.
A ciò si aggiunge, nella linea della leader del Fronte, una dichiarata sfiducia riguardo alle attuali élites della politica; e ancor più a quelle dell’economia finanziaria. A completare il profilo “socialista” che la nuova leader mostra (quasi a riempire il vuoto della sinistra politica), potrebbero ricordarsi le sue dichiarazioni a favore dei diritti dei lavoratori, di un fisco progressivo, del Welfare State, e contro il libero mercato globalizzato. Un atteggiamento critico nei confronti del grande capitale privato, e della crescente diseguaglianza parrebbe insomma delineare l’attuale indirizzo del Fronte. E non manca chi ritiene che un analogo atteggiamento avrebbe potuto (se assunto tempestivamente) ridare vita e seguito a molte linee politiche di sinistra, oggi in declino. L’entrata in scena, sia pur tardiva, di un candidato socialista radicale come Hamon potrebbe forse ridisegnare la scena, pur senza mutare il corso delle prossime elezioni.
È pure da tener presente che la dichiarata sfiducia nelle élites genericamente intese costituisce un tratto caratterizzante di molte posizioni demagogiche oggi presenti nel mondo; non esclusa quella espressa da Trump con frettolosa e paradossale demagogia durante la sua campagna per la Casa Bianca. In quella campagna erano oggetto di denuncia anche i poteri dell’alta finanza; rappresentanti della quale però, una volta ottenuto il successo elettorale da parte del tycoon, sono stati da lui chiamati a far parte della compagine governativa in posizioni strategicamente decisive. Del resto andrebbe sempre tenuto presente lo stretto rapporto fra il grande patrimonialismo immobiliare (di cui Trump è un rilevante esponente) e il mondo bancario.
In linea generale, la convinzione che lo sgretolarsi dei confini e delle barriere sia imputabile in buona misura alle élites cosmopolite del potere economico-finanziario, alimenta diversi movimenti neo-nazionalisti. Che tali movimenti poi si ergano anche a difesa di un’identità (linguistica, religiosa, “etnica”) e che soprattutto oggi tale difesa possa esprimersi attraverso la drammatizzazione sopra accennata delle ondate migratorie, tutto ciò acuisce la differenza rispetto a orientamenti propriamente definibili “di sinistra radicale”, pur non meno critici nei riguardi delle élite del potere, oltre che dell’attuale assetto economico-politico mondiale e dell’incontrollabilità del libero mercato senza confini e senza regole.

Fonte: alfabeta2.it 

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