La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 2 marzo 2017

Per risolvere il problema delle disuguaglianze serve la Sinistra

di Nicola Fratoianni 
Vorrei ringraziare Milena Gabanelli per aver affrontato nei giorni scorsi sul Corriere il tema del futuro del lavoro: è un tema fondamentale, senza discutere il quale nessuna scelta politica può dirsi davvero lungimirante e consapevole. In molti, tra cui umilmente io stesso, denunciamo da tempo i guasti di un modello di sviluppo che non riesce davvero a fare i conti con gli effetti dei grandi mutamenti tecnologici, prima con la globalizzazione dei mercati e la finanziarizzazione dell'economia, e oggi con la crescente automazione dei processi produttivi e lo sviluppo del "capitalismo di piattaforma". Scendono i posti di lavoro e crescono fatalmente le diseguaglianze.
Cresce la forza politica del populismo, del protezionismo e della xenofobia perché le sinistre non hanno cercato risposte a questi problemi, nella convinzione che una moderata crescita del Pil sarebbe stata sufficiente a dare sollievo a un tessuto sociale drammaticamente segnato dalla grande recessione dell'ultimo decennio.
Sappiamo tutti che non è e non potrà essere così: oggi per i colossi della nuova economia la quantità di lavoratori dipendenti necessaria a produrre grandi volumi di profitto è molto minore di quella del passato. 
Cambia il lavoro, per quantità e qualità, e cambia il modo in cui si produce ricchezza: la riproduzione sociale - e quindi l'auto privata, la bici, la casa, il sapere, l'interazione e lo scambio dentro le città - sono nuovi asset su cui viene generato valore.
Il profitto che ne deriva - come ci ricorda saggiamente Milena Gabanelli - solo in minima parte contribuisce attraverso la tassazione all'aumento delle entrate. Stando al recente rapporto della Commissione Europea, in un anno Apple, Google, Amazon, Twitter, Facebook e Ebay hanno versato al Fisco italiano soltanto nove milioni di euro, a fronte di un mercato e-commerce che vale più di 11 miliardi.
Nel 2015 facebook ha incassato nel nostro Paese 350 milioni di euro con la pubblicità e, grazie alla legislazione in materia, ha versato all'erario appena lo 0,057 %. Il paradosso è - in altri termini - che un web designer free lance paga in Italia circa il 27% di tasse sul reddito, mentre la famosa società di Mark Zukerberg soltanto lo 0,057%!
Dalla capacità di rimediare a queste storture passa il futuro, oltre che dai grandi temi macroeconomici di cui stiamo discutendo da tempo a causa di un'Europa nata malformata e cresciuta sulle politiche di austerity. Perché se è vero che l'automazione del lavoro contiene anche un sacrosanto principio di liberazione dal lavoro usurante, è altrettanto vero che precarietà e povertà non possono essere considerate un destino auspicabile per nessuno.
Per questo sono davvero colpito dai toni liquidatori e semplicistici con cui l'ex premier Matteo Renzi parla del reddito di cittadinanza. Opponendo ad esso solo uno slogan, quello del lavoro di cittadinanza, che a ora sembra nient'altro che la riedizione in salsa contemporanea di strumenti vecchi come quelli usati nella stagione del lavoro socialmente utile.
Una sinistra davvero moderna dovrebbe invece costruire misure strutturali per affrontare il tragico problema della precarietà esistenziale e della disoccupazione dei giovani e degli over-50. Prima di tutto, è ovvio e lo diciamo da tanti anni, con una vera politica espansiva sul fronte degli investimenti, in istruzione e ricerca, per la messa in sicurezza del territorio, per lo sviluppo di nuova economia sociale.
Ma dobbiamo saper guardare ancora più lontano: grazie alla tecnologia potremmo, già ora, ridurre sensibilmente l'orario di lavoro, redistribuendo opportunità e tempo libero. Con la gradualità necessaria, e la consapevolezza che queste sarebbero le vere riforme necessarie al paese.
E ancora: con un fisco più progressivo, con una patrimoniale che incida sulle grandi ricchezze, con una "web tax" o "digital tax" (il governo dovrebbe smettere di temporeggiare nell'attesa di un fantomatico intervento coordinato a livello europeo), e infine adottando le proposte del Beps, il comitato speciale creato in seno all'Ocse per limitare le pratiche di elusione fiscale delle multinazionali, potremmo recuperare ciò che serve a sottrarre al ricatto di un lavoro mal pagato un'intera generazione e indurre una dinamica positiva sulla crescita dei salari. A questo serve il reddito minimo garantito, o "di dignità" come a noi piace chiamarlo.
In ultimo credo sia venuto il tempo di ammettere che la strada della rincorsa alla svalutazione del lavoro è stata già percorsa ed è stata fallimentare. I dati che ci consegna il Jobs Act parlano da soli e non è qui necessario ripercorrerli.
Viviamo in un interregno, in cui il passato non c'è più e il futuro non è ancora arrivato: modernità vuole che si discuta con serietà e responsabilità di come impedire che milioni di persone vengano lasciate sole di fronte a un mercato del lavoro sempre più cinico e umiliante.
Per esempio discutendo la nostra proposta di legge a tutela del lavoro nella gig economy, depositata dopo le mobilitazioni dei rider di Foodora. E indicendo velocemente i referendum proposti dalla Cgil: non sarebbe un ritorno al passato, sarebbe l'avvio di una nuova stagione democratica su cui incardinare i tanti temi che anche il vostro giornale propone al dibattito pubblico.
Così si può dare un futuro all'Italia e all'Europa, tutto il resto rischia di passare alla storia come una controproducente tattica elettorale.

Fonte: Huffington Post - blog dell'Autore 

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