La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 17 gennaio 2016

Noam Chomsky contro Erdogan per gli arresti di accademici e l'appoggio all'estremismo

di Juan Cole 
Matthew Weaver del Guardian riferisce la risposta del linguista in pensione del MIT Noam Chomsky a un attacco personale del presidente turco Tayyip Erdogan.
Erdogan ha criticato Chomsky e altri studiosi internazionali che hanno firmato una petizione contro l’attuale vendetta del governo turco contro cittadini curdo-turchi del sud-est del paese. Erdogan ha chiesto che Chomsky si rechi nel sud-est della Turchia a constatare con i suoi occhi il terrorismo attuato dal Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), implicando che Chomsky e altri firmatari della petizione siano dei meri studiosi in pantofole.
Chomsky ha replicato con una email al The Guardian:
“[Dell’attentato a Istanbul] la Turchia ha incolpato l’ISIS che Erdogan ha aiutato in molti modi, appoggiando contemporaneamente il Fronte al-Nusra, che è ben poco diverso. Ha poi scagliato una tirata contro quelli che condannano i suoi crimini contro i curdi, che capita siano la principale forza sul terreno che si oppone all’ISIS sia in Siria sia in Iraq. C’è bisogno di altri commenti?”
Chomsky fa notare che l’aviazione turca ha bombardato i curdi siriani dell’YPG, che sono remotamente collegati al PKK. Sono post-marxisti con un’inclinazione anarchica, cioè la loro ideologia è prossima a quella di Chomsky. Quei curdi siriani sono stati i combattenti più efficaci contro il Daesh (ISIS, ISIL). Dunque per la Turchia tentare di indebolire i curdi siriani aiuta inevitabilmente il Daesh.
I combattenti del PKK sono stati d’aiuto anche contro il Daesh in Iraq. La Turchia li ha bombardati. Ma il PKK ha ucciso dozzine di soldati e poliziotti turchi nell’Anatolia orientale dopo che Erdogan ha abbandonato i dialoghi di pace l’estate scorsa.
Il governo di Erdogan sta appoggiando l’Esercito Siriano della Conquista, un movimento salafita di ribelli, appoggiato dai sauditi, contro il governo di Bashar al-Assad in Siria. Un elemento dell’Esercito della Conquista è il Fronte Nusra o al-Qaeda in Siria. Così Chomsky sta ricordando a Erdogan che, implicitamente, il suo governo appoggia al-Qaeda mentre bombarda i curdi che sono la miglior speranza di una vittoria sul Daesh.
Dubito che il governo di Erdogan stia aiutando il Daesh. Ma è chiaro che armamenti turchi e statunitensi sono filtrati da gruppi “selezionati” ad al-Qaeda e al Daesh. E non ci sono grandi prove che Erdogan abbia preso molto sul serio il Daesh; l’aviazione turca è volata in missioni contro il PKK centinaia di volte più che contro il Daesh.
La disputa è iniziata con riferimento a migliaia di accademici che in Turchia e all’estero hanno firmato una petizione indirizzata a Erdogan e al suo primo ministro Ahmet Davutoglu che affermava che sono sarebbero stati complici dei crimini commessi contro innocenti abitanti curdo-turchi dei villaggi del sud-est del paese, colpiti e persino ridotti alla fame da arbitrari coprifuochi. La lettera affermava:
“Nella nostra qualità di accademici e ricercatori di questo paese non saremo complici di questo crimine!
Lo stato turco ha effettivamente condannato i suoi cittadini a Sur, Silvan, Nusaybin, Cizre, Silopi e in molte altre cittadine quartieri delle province curde alla fame mediante il suo ricorso a coprifuoco che sono proseguiti per settimane. Ha attaccato tali insediamenti con armi ed equipaggiamenti pesanti che si mobiliterebbero solo in tempo di guerra. In conseguenza sono stati violati il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza, e in particolare il divieto della tortura e dei maltrattamenti, protetti dalla costituzione e da convenzioni internazionali.
Questo massacro deliberato e pianificato è una grave violazione delle stesse leggi turche e di trattati internazionali che la Turchia ha sottoscritto. Queste azioni sono una grave violazione della legge internazionale.
Chiediamo che lo stato abbandoni il suo massacro e le sue deportazioni deliberate di curdi e altri popoli della regione. Chiediamo anche lo stato cancelli il coprifuoco, punisca i responsabili delle violazioni dei diritti umani e risarcisca i cittadini che hanno subito danni materiali e psicologici. A tal fine chiediamo che a osservatori indipendenti nazionali e internazionali sia dato accesso alla regione e che sia loro consentito di controllare e riferire sugli incidenti.
Chiediamo che il governo prepari le condizioni per negoziati e crei un percorso che conduca a una pace duratura che includa le richieste del movimento politico curdo. Chiediamo l’inclusione in questi negoziati di osservatori indipendenti provenienti da vasti segmenti della società. Dichiariamo anche la nostra disponibilità a offrirci volontari come osservatori. Ci opponiamo alla repressione di qualsiasi genere di opposizione.
Noi, in qualità di accademici e ricercatori che lavorano sulla e/o in Turchia, dichiariamo che non saremo complici di questo massacro restando in silenzio e chiediamo un’immediata fine delle violenze perpetrate dallo stato. Continueremo la nostra azione presso partiti politici, presso il parlamento e presso l’opinione pubblica internazionale fino a quando le nostre richieste non saranno soddisfatte.”
Lo stato turco ha reagito con mano pesante, arrestando quasi due dozzine di accademici accusati di aver firmato la petizione; la maggior parte di loro è stata rilasciata dopo l’interrogatorio. La petizione non appoggia il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, un’organizzazione classificata terroristica, ma appoggia piuttosto i diritti umani dei cittadini turchi del sud-est. Ma Erdogan e i suoi sostenitori hanno accusato i firmatari di appoggiare il terrorismo. E’ un’accusa ridicola, simile alle tattiche del partito israeliano Likud che assimila l’opposizione all’Occupazione e all’oppressione dei palestinesi con il sostegno al terrorismo.
Il Comitato per la Libertà Accademica dell’Associazione Nordamericana per gli Studi sul Medio Oriente ha scritto una lettera al governo turco contestando tali mosse:
“Egregio Primo Ministro Davutoglu,
Scriviamo nel nome dell’Associazione Nordamericana per gli Studi sul Medio Oriente (MESA) e del suo Comitato per la Libertà Accademica, per esprimere profonda preoccupazione per le notizie che il Consiglio dell’Istruzione Superiore (Yusek Ogretim Kurulu, o YOK) ha tenuto una riunione d’emergenza per avviare un’inchiesta su studiosi che hanno firmato una petizione per la pace nelle regioni curde del paese (“Petizione di Pace”). Dirigenti dello YOK risultano aver trattato questa petizione come “propaganda terroristica” filo-PKK che non rientra tra le protezioni della libertà accademica. Ci sono inoltre notizie che lo YOK ha in programma di convocare rettori universitari per prendere ulteriori provvedimenti contro i firmatari presso le loro università. Queste azioni dello YOK costituiscono una violazione della libertà accademica e sono coerenti con più ampi tentativi da parte dello stato di punire i critici delle politiche statali.
La MESA è stata fondata nel 1966 per promuovere gli studi e l’insegnamento sul Medio Oriente e il Nord Africa. Da organizzazione preminente nel settore, l’Associazione pubblica l’International Journal of Middle East Studies e ha quasi 3.000 membri nel mondo. La MESA è impegnata a garantire libertà accademica e libertà di espressione sia nella regione sia in rapporto allo studio della regione in America del Nord e altrove.
Le azioni del governo contro i firmatari della Petizione di Pace sono angoscianti per almeno tre motivi. Primo: la messa sotto inchiesta dei firmatari dopo che il presidente Recep Tayyip Erdogan aveva criticato la campagna in un discorso pubblico, definendo “traditori” i firmatari, suggerisce che le azioni dello YOK sono scorrettamente politicizzate. Come abbiamo fatto notare con la nostra lettera del 7 gennaio 2016, il governo ha potenziato l’autorità disciplinatrice dello YOK in modi che sono nocivi all’autonomia universitaria. In un simile contesto non sorprende certo che le università stiano attivamente adottando misure punitive anticipando le iniziative del Suo governo. Nel giro di giorni dal discorso del presidente Erdogan e dall’annuncio dell’inchiesta dello YOK numerose università hanno avviato misure punitive contro i propri docenti. La professoressa assistente Hulya Dogan dell’Università Bartin risulta sotto inchiesta da parte della sua università per essere stata firmataria della petizione. Analogamente l’Università Sivas Cumhuriyet risulta aver avviato un’inchiesta contro il professor Ali Celiksoz per aver firmato la petizione. La professoressa associata Latife Akyuz è stata sospesa dall’amministrazione dell’Università Duzce ed è stata aperta nei suoi confronti un’indagine penale per “propaganda terroristica”, il tutto per essere stata firmataria della petizione. Il rettore dell’Università Abdullah Gul di Kayseri risulta aver chiesto le dimissioni del professor Bulent Tanju unicamente a motivo della sua firma della petizione di pace. Il procuratore di Kayseri, prendendo nota dell’azione del rettore, ha anch’egli avviato un’indagine penale contro il professor Tanju in base agli articoli 216 e 301 del codice penale. Il semplice atto di firmare la petizione di pace ha messo il professor Tanju a rischio di possibili accuse di “incitazione all’odio e all’ostilità tra i popoli” e di “denigrazione della nazione turca” in base a tali norme penali. Il docente Umran Roda Suvagci dell’Università Hakkari è stato incarcerato per aver firmato la petizione. Altre inchieste disciplinari risultano essere state avviate dai rettori di quattro università – l’Università Samsun Ondokuz Mayis, l’Università Antalya Akdeniz, l’Università Abant Izzet e l’Università Ankara Hacettepe – contro membri firmatari delle loro facoltà. Molte altre università probabilmente seguiranno l’esempio, determinando un’ondata di interventi punitivi contro accademici unicamente per il fatto di aver criticato le politiche del governo nelle provincie sud-orientali. In un sistema universitario in cui i rettori sono nominati dallo stato e lo YOK è libero di avviare indagini politicizzate sugli accademici, le azioni intraprese contro i firmatari della petizione di pace ricordano con forza che le restrizioni alla libertà accademica sono divenute una questione di politica statale in Turchia.
Secondo: tra i firmatari della petizione ci sono studiosi le cui ricerche vertono sui curdi, su altre minoranze, sulla politica, la storia e altri campi correlati. Cioè il loro lavoro di studiosi è collegato alle preoccupazioni sollevate nel testo della petizione. Trattando la petizione di pace come tradimento e lanciando un’inchiesta sui firmatari, il governo sta in effetti interferendo con la capacità di tali accademici di condurre le loro ricerche. Il presidente Erdogan suggerisce che la petizione sollecita stranieri a intervenire per correggere la situazione in Turchia. In realtà la petizione ha richiesto osservatori indipendenti nazionali e internazionali per controllare la situazione nella regione curda. Questa non è una richiesta di intervento straniero bensì piuttosto un invito a impegnarsi nel tipo di osservazione indipendente che è il marchio sia del controllo dei diritti umani sia della ricerca accademica. Indagare e criminalizzare una petizione in cui studiosi chiedono osservatori indipendenti per controllare aree sotto assedio e coprifuoco in cui sono state riferite morti di civili significa attaccare al cuore l’attività accademica, la capacità di condurre ricerche indipendenti.
Infine, dopo le elezioni generali del 2011 questa è la nostra ventesima lettera che chiede al Suo governo di proteggere la libertà accademica in Turchia. Purtroppo, più spesso che no, queste lettere hanno identificato casi in cui membri del Suo governo hanno usato la loro autorità per mettere a tacere critici nei circoli accademici turchi accusandoli di essere terroristi o traditori per l’impegno in ricerche accademiche o per l’esercizio del loro diritto alla libertà di espressione per sollecitare un cambiamento politico pacifico. Ugualmente, questi casi sono spesso sorti nel contesto di accademici che conducevano ricerche o avevano pubblicato risultati critici delle politiche del Suo governo riguardo ai cittadini curdi o alle regioni curde del paese. La politicizzazione dei poteri disciplinari sull’istruzione superiore per punire il dissenso e mettere a tacere critici delle politiche del Suo governo su vari temi, compresi i diritti dei curdi, rappresenta un grave violazione della libertà accademica, della libertà di espressione e della libertà di riunione e getta un’ombra pesante sulle credenziali democratiche del Suo governo.
Come stato membro del Consiglio d’Europa e firmatario della Convenzione Europea sulla Protezione dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali, alla Turchia è richiesto di proteggere la libertà di pensiero, di espressione e di riunione. La Turchia è firmataria anche della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici e dell’Atto Finale della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OCSE), che proteggono i diritti alla libertà di espressione e di associazione, che sono al centro della libertà accademica. Questi diritti sono anche onorati negli articoli 25-27 della Costituzione turca. Sollecitiamo il Suo governo ad assumere tutte le misure necessarie per assicurare che questi diritti siano protetti.
Chiediamo rispettosamente che il Suo governo compia passi immediati per assicurare che lo YOK abbandoni ogni inchiesta o iniziativa contro i firmatari della petizione di pace e che sia annullata ogni azione – comprese quelle delle università, dello YOK o le indagini o accuse penali – contro i professori Bulent Tanju, Hulya Dogan, Latife Akyuz, Umran Roda Suvagci e altri. Mentre scriviamo stanno emergendo notizie di altre inchieste disciplinari e di indagini penali indipendenti avviate dall’Ufficio della Pubblica Procura di Istanbul contro tutti i firmatari in base all’articolo 301 del codice penale e all’articolo 7 della legge contro il terrorismo con la denuncia di “propaganda di organizzazione terroristica”; rispettosamente chiediamo che sia cancellata anche ogni simile indagine. Nel contesto della montante condanna internazionale dell’erosione dei diritti e delle libertà democratiche sotto la Sua amministrazione, compiere passi per proteggere la libertà accademica e il diritto all’istruzione sarebbe un passo importante per affrontare le preoccupazioni riguardanti i diritti umani in Turchia.
Grazie per la Sua attenzione al riguardo. Restiamo in attesa della Sua positiva risposta.
Sinceramente,
Beth Baron MESA President Professor, City University of New York
Amy W. Newhall MESA Executive Director Associate Professor, University of Arizona ”

Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: Informed Comment
traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

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