La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 4 marzo 2016

Il disastro delle adozioni in Italia

di Lidia Baratta
«Perché deve essere un giudice a stabilire se una coppia ama a sufficienza il bambino che vuole adottare? E perché si deve subire un processo per arrivare all’adozione?». Mentre i partiti si accapigliano sulla stepchild adoption (l’adozione del figlio del proprio compagno nelle coppie omosessuali), Marco Griffini, presidente dell’Ai.bi, associazione Amici dei bambini, denuncia le ingiustizie e lo stato di abbandono dell’intero sistema delle adozioni nel nostro Paese. «Solo in Italia i tribunali dei minorenni hanno totale potere decisionale sull’idoneità delle coppie, e ognuno fa a modo suo. E da due anni la Commissione per le adozioni internazionali (Cai) non organizza un incontro con le delegazioni straniere né pubblica i dati sul numero di bambini adottati dall’estero», dice. Tanto che il Permanent Bureau de L’Aja, che sorveglia sulla applicazione della Convenzione sulla protezione dei minori, ha richiamato l’Italia per il mancato rispetto delle sue linee guida.
Oggi negli orfanotrofi italiani ci sono 35mila bambini. Li chiamano «minori fuori famiglia». A questi si aggiungono i 400 neonati abbandonati ogni anno alla nascita. Le adozioni nazionali, in compenso, sono pochissime. In un anno si aggirano tra le1.000 e le 1.300. «Non sappiamo però quanti sono i bambini dichiarati adottabili dai tribunali per i minorenni perché una banca dati non esiste», dice Griffini. «Se ci fosse, i bambini adottati sarebbero certamente di più». Una legge del 2000 prevedeva l’istituzione della banca dati. E l’Ai.bi ha anche vinto una causa al Tar. Ma nulla è stato fatto. «Questo fa capire il grado di attenzione della politica verso le adozioni», denuncia il presidente dell’Ai.bi. «Oggi c’è grande interesse per lastepchild adoption perché riguarda gli adulti, mentre per le migliaia di bambini abbandonati l’interesse è scarsissimo. I bambini, purtroppo per loro, non votano».
In Italia a decidere se una coppia può adottare o meno un bambino è il tribunale per i minorenni. Succede solo nel nostro Paese. Altrove sono i servizi sociali a guidare gli aspiranti genitori verso l’adozione. «Da noi per adottare devi subire un processo», dice Griffini. Una coppia viene vista, valutata e rivalutata. E se diecimila coppie all’anno chiedono di adottare un minore italiano, alla fine solo una su dieci ci riesce.
La cosa peggiora con le adozioni internazionali. «In questo momento c’è una totale assenza del governo italiano su questo tema», spiega Griffini. «Sono quattro anni che la Commissione per le adozioni internazionali praticamente non funziona». Prima la regola era che a capo della Commissione ci fosse un ministro. Dal governo Monti in poi il vertice è stato affidato a un tecnico. E la cosa, secondo Griffini, ha allontanato il tema adozioni dall’agenda delle politica. «Quando al vertice c’era Carlo Giovanardi, al di là dell’opinione che si può avere per Giovanardi», spiega il presidente di Ai.bi, «la Commissione funzionava e c’erano quattromila adozioni all’anno. Si facevano incontri con le delegazioni straniere, si apriva a nuovi Paesi e si andava all’estero. Poi alla presidenza arrivò Andrea Riccardi. In due anni ci fu un solo incontro con una delegazione straniera».
Ma «l’apice si è raggiunto con il governo Renzi che, invece di nominare un ministro, ha messo alla presidenza della Cai il magistrato Silvia Della Monica. In due anni non ha mai riunito la commissione, né ha fatto un incontro con le delegazioni straniere». Lo denunciano tutti gli enti autorizzati che si occupano di adozioni. Le richieste per aprire canali adottivi con nuovi Paesi stranieri vengono puntualmente rigettate. Molti lamentano addirittura di non riuscire a mettersi in comunicazione con la Commissione. E per mesi 150 famiglie sono state in attesa di una lettera per sbloccare altrettante adozioni dalla Bielorussia. «Sono quattro anni che non si apre a Paesi nuovi», dice Griffini. «Nelle adozioni i rapporti di diplomazia sono fondamentali. Se la commissione non favorisce questi incontri, i Paesi stranieri preferiscono dare figli ai francesi o agli spagnoli, non a noi».
Senza dimenticare le trafile burocratiche da seguire per adottare un bambino. Tutto è a totale discrezionalità dei tribunali per i minorenni. «In Veneto, ad esempio, i tribunali non danno l’idoneità per le adozioni di bambini al di sopra dei sei anni», racconta Griffini. «Altri tribunali dicono invece che non puoi adottare più di un figlio. È una violazione impressionante dei diritti umani. La coppia non ha alcuna garanzia di ottenere l’idoneità».
In più ci sono i costi. «Se devi adottare un bambino in Russia, devi fare almeno quattro viaggi. Per adottarne uno in Brasile, devi stare lì due mesi. A questi si aggiungono i costi burocratici: in alcuni casi per regolarizzare la documentazione bisogna pagare fino a 2mila euro, e ci sono le tasse da pagare ai Paesi stranieri, oltre che le spese di gestione degli enti autorizzati».
Nel 2012 le adozioni internazionali erano 4mila. Nel 2015 il numero si è dimezzato. «Nonostante in Italia ci siano 5 milioni e 300mila coppie sposate senza figli», dice Griffini, «le coppie che chiedono di fare un’adozione internazionale quest’anno sono state solo 3mila. Si è impauriti e scoraggiati». L’adozione non viene promossa e «c’è una cultura negativa intorno alla coppia che vuole adottare. La coppia viene supervalutata, superselezionata, quando invece andrebbe accompagnata. La maggior parte delle coppie finisce per rinunciare in partenza, anziché affrontare questa via crucis».
Non è finita qui. Il nostro Paese, in tema di adozioni, ha un grosso problema di trasparenza. Non solo per la mancanza della banca dati dei minori italiani adottabili. Nel nostro Paese non si conosce il numero delle adozioni internazionali, da quali Paesi provengono e l’età dei bambini adottati. Ogni anno ai primi di gennaio la Commissione per le adozioni internazionali pubblicava i numeri delle adozioni dell’anno precedente, appoggiandosi al settore statistico dell’Istituto degli Innocenti di Firenze. Fino al 2013. «Sono due anni che la Commissione non pubblica i dati», dice Griffini. «Renzi ha fatto della trasparenza una battaglia della sua politica, e invece l’organo di controllo delle adozioni internazionali ci ha appena fatto una tirata d’orecchie per l’assenza di trasparenza. Nessuno oggi in Italia sa quanti sono i minori italiani dichiarati adottabili né quante siano le adozioni internazionali. Come se fossero merce che non interessa a nessuno».

Fonte: Linkesta

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