La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 4 marzo 2016

Il referendum che spaventa l’Eni

di Maria Rita D’Orsogna
La rivista Formiche manda una “analisi” sulla questione trivelle e referendum da parte di tale Alberto Clò**. Una analisi che potevano benissimo risparmiarsi, tanto è piena di assurdità e di inganni, e visto che più che una analisi mi pare propaganda.
Iniziamo con il notare che questo Alberto Clò è descritto come “docente di Economia applicata presso l’Università di Bologna” nonché direttore della rivista “Energia”. Così almeno dicono loro, quelli di Formiche. E uno allora dice: perfetto, abbiamo un economista, esperto di energia, vediamo che ha da dire. Interessante però che nella lista di qualifiche del professor Clò quelli di Formiche dimenticano di dire che è anche stato anche consigliere “indipendente” di Eni e dal 2013 consigliere “indipendente” di Snam. Una non trascurabile dimenticanza.
Quindi già dal primo rigo sai che stai leggendo una “analisi” dalla parte dei petrolieri, e che la rivista Formiche non è proprio indipendente e bilanciata, perché omette una informazione fondamentale che il loro economista è o e’ stato al soldo dei petrolieri. Mi pare un dettaglio fondamentale.
Ma cosa ha da dire il nostro eroe? Parla del referendum come di una “occasione sprecata” una “morte annunciata” perché, secondo lui, “gli elettori sono chiamati a esprimersi senza che sia fornita loro una ben che minima e corretta informazione sui quesiti referendari, senza la minima parvenza di dibattito, senza dar conto delle conseguenze che ne potrebbero derivare”.
Che ridere. E quindi chi dovrebbe darcela una informazione corretta sulle trivelle? Uno dell’Eni e della Snam? E dove erano l’Eni e la Snam e il professor Clò a fare informazione dieci anni fa, quando di petrolio non parlava nessuno? Crede che gli italiani siano scemi e l’informazione che circola da dieci anni a questa parte senza che nessuno sia riuscito veramente a smontare le tesi del “trivellare l’Italia è ridicolo” sia incorretta perché va contro gli interessi dell’Eni e della Snam? Non mi sono inventata niente in questi anni ed è stata la forza delle idee e dei fatti a vincere.
Vuole fare questo dibattito? Bene. Facciamolo. Forza, lo organizzi lei, caro Clo, care Formiche, in prima serata, sulla Tv nazionale. Avete i soldi dell’Eni dietro, non deve essere difficile. Se vuole, mi inviti e magari inviti pure tutti quello che hanno dovuto vivere le conseguenze delle trivelle in Italia, da nord a sud. In un confronto del tutto impari tra le voci contrarie all’attività mineraria fatte proprie e amplificate dai mass media e il niente che vi si contrappone.
Oh mio Dio, veramente crede che sia un confronto impari? Ma se noi siamo solo dei blogger, e lui è uno che ha dietro di sé una ditta intera di petrolieri!Come può dire questo? Dovremmo noi dire che è una lotta impari considerate tutte le oscene trame machiavelliche progettate da questo governo per far fallire il referendum, per non far raggiungere il quorum e per porre quesiti alla fine solo simbolici. Il niente che ci si contrappone sono le motivazioni dei petrolieri: inestistenti non perché i media non ne parlino – anche se ogni tanto ci sono sempre articoli di “quant’é bella la Basilicata con le trivelle” – ma perché non esistono.
La verità caro Clò è che a lei sembra impari perché quello dove vinciamo alla grande è il terreno delle idee, dei fatti, della scienza contro le balle di Assomineraria o di Petroceltic o di Po Valley. La gente ha capito e sa e lei di questo ha paura, dei nostri numeri e delle nostra argomentazioni. Come detto, la gente non è scema.
Quasi che la questione avesse solo rilevanza locale e non riguardasse l’intero Paese, la sua economia, la sua industria, la sua crescita. Non ultimo: la sua sicurezza energetica, termine tanto abusato quanto ritenuto irrilevante nei fatti e nelle politiche.
Ancora con queste assurdità della crescita e dell’indipendenza energetica? Ma se in Italia il petrolio ho solo portato morte e distruzione e polmoni anneriti e speranze spezzate! Come può dire che il nostro futuro dipende dalla melma petrolifera che abbiamo sottoterra? Gela, Falconara, Augusta, Priolo, Ravenna, Viggiano, Marghera, Sarroch. Tutte a modo loro distrutte dal petrolio. Vogliamo ripetere la stessa cosa nel resto d’Italia? È evidente che lei non conosce queste località e men che meno le ama, sennò le si rivolterebbe lo stomaco a vedere lo schifo che il petrolio ha lasciato dietro di se.
Vuole l’indipendenza energetica? Ma non sa caro Clò che il petrolio che abbiamo è cosi poco che anche se trivellassimo tutta la nazione da cima a fondo, non riusciremo mai e poi e mai a essere autosufficenti?
Vuole l’indipendenza energetica? Bene. La risposta non sono i buchi. La risposta è un pannello su ogni condominio, su ogni impianto industriale. La risposta è togliere la mafia dall’eolico, la risposta è il risparmio energetico. La riposta è la testa e non le anomalie di funzionamento un giorno sì e un giorno no a Viggiano.
Ma quante volte dobbiamo ripeterlo? Mi stupisce che lei dall’alto della sua cattedra non sappia che di petrolio ne abbiamo di poco e di schifoso. Ecco perché può ben parlarsi di cronaca di una morte annunciata con un risultato che appare scontato, in cui tutto sembra giocarsi sulla speranza che si raggiunga o meno il quorum necessario. Come scommettere alla carta più alta. Se sarà raggiunto è quasi certa la vittoria dei No triv. Per la semplice ragione che sui media, dalla grande stampa al servizio pubblico televisivo, la disinformazione ha finora trionfato, sostenendo le ragioni degli oppositori senza nulla dire di quelle altrui. Non vi è motivo perché un qualsiasi cittadino di buon senso possa dirsi favorevole a un’attività che – si proclama ogni giorno – provoca danni irrimediabili alla salute, alla natura, al territorio, alla pesca, al turismo, all’agricoltura. Senza che – si proclama ogni giorno – vi sia alcun vantaggio per le popolazioni o l’intero Paese, perché a guadagnarci, si sostiene, sarebbero solo le fameliche multinazionali del petrolio. Che tutto ciò sia mera propaganda nulla conta, così come il fatto che non vi sia uno straccio di studio che dimostri che estrarre petrolio o metano danneggi il turismo, la pesca, l’agricoltura.
Ce li dica lei di questi studi dove si dice che trivellare fa bene. In questi quasi dieci anni, ovunque sono andata ho prodotto dozzine di articoli, non miei, ma di gente più esperta di me, in cui quello che lei ignora è descritto nei minimi dettagli. Lo stato della California, ad esempio, dice che trivellare fa venire il cancro, feti deformi, e danni genetici. Non lo dico io. O ne sa più lei dell’Eni che lo stato di California? Come detto, ce li mostri lei i dati che sostengono il contrario. Ma poi, è il buonsenso, è l’evidenza mondiale, dalle foreste del Perù fino alle lande del Texas, dai mari del Nord fino a Viggiano che mostrano una sola cosa: il petrolio è la morte per chi ci deve avere a che fare giorno dopo giorno. Forse non è così per chi se ne sta seduto a pontificare dai suoi uffici bolognesi, ma per chi vive vicino a pozzi e raffinerie è tutta un altra storia.
E poi, non so che dire dell’ironia di quello che dice. Lei fa la vittima, come dire che poverino, non la vuol sentire nessuno. Ma se l’Eni controlla l’Agi, una delle più grandi agenzia di stampa, lei è il direttore di una rivista di energia, Lucia Annunziata è stata al soldo di Eni per qualche tempo. Le simpatie di Renzi non è difficile indovinarle in tema di petrolio. Come fa quindi a dire che la stampa non le da voce? Se la stampa ufficiale è tutta dei petrolieri e dei suoi amici!
Sono nove anni che faccio questo lavoro. E posso dire che la stragrande maggiornanza di quello che si ripete in Italia sulle trivelle viene da me: airgun, fanghi, H2S, sismicità indotta, fracking. Ne ho parlato per prima e con maggior dettaglio di chicchessia. Eppure in questi nove anni non ho mai avuto l’onore di essere intervistata dalla Tv italiana nazionale. Mai. Eppure le mie parole e le mie idee hanno camminato, e tanto, le risento dappertutto. Dai politici ai miei detrattori, dalla gente comune, agli accademici che ora si destano dopo tanto torpore. E questo perché sebbene io sia nemico numero uno dei trivellanti italici, caro prof Clò, i nuovi strumenti di comunicazione, da Facebook ai blog, ai video non hanno potuto fermare quello che, dal mio punto di vista almeno, è la verità. Non ho interessi, non lavoro per Eni e nemmeno per Solar City. La gente mi ha creduta. E non ha creduto alle petrol-promesse. Non volevo vedere l’Abruzzo e l’Italia nelle mani di gente senza scrupoli che avrebbero stravolto territori a me cari in cambio di pochi spiccioli. Non avevo niente e nessuno, e vivo in un altro continente. Eppure guardi dove siamo arrivati. L’attivismo, l’onesta intellettuale, la perseveranza e i moderni metodi di comunicazione non si possono fermare, anche se la Tv ufficiale finge che non esisto. E adesso siamo tanti, ed è qui che avete paura. Perché nessuno vi crede più.
Per rendersene conto basterebbe farsi un bel weekend a Milano Marittimae guardare dalla battigia le piattaforme al largo o andare all’annuale Festival delle cozze della vicina Marina di Ravenna, pubblicizzate “tra le più pregiate d’Italia raccolte alla base immersa delle piattaforme marine!”. Così come basterebbe, ma la cosa sarebbe più ardua, andarsi a studiare le esperienze estere di collaborazione dell’industria petrolifera con le aziende agricole francesi, le università inglesi, i pescatori norvegesi. Ma tutto ciò con conterebbe nulla.
Ma cosa dice? Ma lei sa, caro Clò che Milano Marittima a causa delle estrazioni di gas si è abbassata di ben trentatre centimetri in ventisette anni, dal 1984 al 2011? Se continuiamo cosi, non resterà niente né di Milano Marittima né delle sue cozze. Le quali cozze io spero vivissimamente che ci sia qualcuno che faccia le analisi sui contaminanti perché no so se siano cosi salutari come lei dice.
Una cosa che ho sempre trovato odiosa di Ravenna e dintorni è che la gente comune non può estrarre acqua dai pozzi artesiani, ma l’Eni può trivellare metano, nonostante si sa, e anzi studi fatti per conto dell’Eni stessa, confermano il fatto che le trivelle portano alla subsidenza. Perché la gente comune no, e l’Eni sì? Chi sono loro? Sono speciali?
E invece del weekend a Milano Marittima, io le auguro di trascorrere solo qualche ora, che basta, a Viggiano, ai piedi della fiamma del Centro Oli. Oppure di attraversare Gela nei giorni di maggior puzza. O di passare per Falconara Marittima quando suonano gli allarmi-raffineria. E poi mi dica se è normale vivere cosi. Così come controbattere a un’altra tra le mille mistificazioni che si vanno propinando: che estrarre petrolio sia antistorico, perché fonte ormai marginale nell’offerta mondiale di energia (con il metano conta per il 54%) e penalizzante le nuove risorse rinnovabili (2,4%), mentre si dovrebbe sapere che il primo viene utilizzato quasi solo nei trasporti e le seconde nella generazione elettrica. Lo stesso può dirsi sui rischi di disastri ambientali irresponsabilmente paventati estrapolando sulle nostre coste il caso di Macondo nel golfo del Messico. Nulla si dice, per contro, sulla questione di fondo: che impedire la produzione interna di petrolio o metano significa preferirne l’importazione, magari dalla Libia, finanziando le milizie in guerra; significa preferire versare miliardi di euro all’estero piuttosto che destinarli alla crescita interna; significa aiutare le imprese altrui a discapito delle nostre. Ma temo sarebbe ancora del tutto inutile. Perché la paura, come la calunnia, pesa più di ogni rassicurazione o smentita. Qualcosa resterà sempre.
Please. Non scomodi la Libia, veramente è patetico, perché al massimo il petrolio nostrano fornirà il 10% di quello che usiamo. Il resto continueremo sempre ad importarlo. Guardi il sole invece. Li sta la crescita interna. Li sta la ricchezza diffusa. Guardi la Germania cosa ha fatto con le rinnovabili. Guardi la California. Con il petrolio ci vincono solo le cliniche di oncologia, quelli delle bonifiche, le camere mortuarie. E l’Eni ovviamente. E si, trivellare è antistorico. Lei pensa davvero che il petrolio estratto in Italia finisca nelle taniche degli italiani? E dove sta scritto che ditte irlandesi, statunitensi, canadesi, australiane, debbano vendere lo schifo petrolifero d’Italia agli italiani? Loro lo vendono dove gli fa piu comodo, e dove c’é piu interesse. Magari lo raffinano prima in Italia, che costa meno e l’ambiente è un optional. Alla fine sono speculatori, mica benefattori.
Non è paura. È buonsenso. È intelligenza, è senso critico.
Meglio allora ragionare sul dopo: su quel che accadrebbe se il referendum dovesse passare. Primo: ne seguirebbe una lettura tutta politica e strumentale del responso referendario, a prescindere dal merito del quesito sottoposto agli elettori. Ottenere una qualsiasi autorizzazione diverrebbe impossibile, esattamente come accadde con il referendum nucleare del 1987 che non chiedeva di esprimersi per il sì o il no al nucleare, ma a favore o meno di una sua temporanea moratoria che la politica avrebbe trasformato in tombale. Secondo: perché la vittoria dei No triv avrebbe gli stessi effetti del no al nucleare: la distruzione di un’intera industria – quella elettromeccanica – che contava decine e decine di migliaia di occupati, un gran numero di ingegneri, eccellenti capacità manifatturiere, un sapere scientifico e accademico tra i primi al mondo. Tutto distrutto: fabbriche, imprese, scuole, professionalità.
Per carità divina. A me non risulta che l’economia italiana o le scuole o la professionalità siano crollati per il nucleare. Se ci sono stati crolli è perché in Italia il marciume è cosi sistemico che non ha retto nulla al mercato globale, alla competizione con il resto del mondo. Non abbiamo saputo usare la crisi per risistemare alla base il paese e vogliamo illuderci che tutto adesso è come era cinquant’anni fa e che sia possibile continuare cosi? Menomale che lei è economista. Non sa che la prima cosa che serve all’economia sono leggi chiare, giustizia breve, sistema che funziona, gente affidabile. Tutte cose che lontane anni luce dall’Italia. Abbiamo avuto venti anni di Berlusconi e adesso Renzi che si circonda di gente che ogni santo giorno si scopre essere coinvolta in faccende poco eleganti e poco limpide. Da economista non crede che per ricostruire quello che è andato perso la prima cosa da fare sia “debellare” la cultura mafiosa, l’amico dell’amico che vince sul più qualificato, investire in ricerca, dare spazio alla tecnologia moderna, all’industria verde, creare una cultura dell’onesta’? Perché ci si fossilzza sul fossile? Ah si, quello è facile.
Quando mi parlano di economia, io penso sempre a uno dei miei viaggi lucani. Il supposto polo industriale di Viggiano con “incubatori” per l’imprenditoria locale, creato per far vedere che Viggiano è di più che Eni e petrolio, era fatto di locali vuoti, con i cancelli arrugginiti e pieni di ragnatele. Deserti.
E ancora, faccia lei il conto di quanto turismo verrà perso con le trivelle. Mettiamole queste trivelle alle Tremiti. Chi più ci andrà in vacanza? Lei ha mai sentito di vacanze al mare a Galveston? A Gela? A Porto Marghera? A Sarroch? E chi dice che il petrolio è meglio del turismo? Lei? L’Eni?
Non andiamo da nessuna parte con i buchi. Con la vittoria dei No triv avremmo il medesimo risultato: la distruzione di un’altra industria italiana, non tanto quella mineraria che non avrebbe difficoltà a spostare i suoi investimenti all’estero, ma quella che produce beni e servizi a essa strumentale. Un’industria che risale all’unità d’Italia, che si articola in centinaia di imprese raccolte in distretti dei servizi petroliferi, specie in Lombardia, Emilia-Romagna e Abruzzo, che vanta livelli di specializzazione tecnologica ovunque apprezzati, tranne che in Italia. Un’industria che già attraversa gravi difficoltà per il crollo del mercato che ha fatto seguito a quello dei prezzi del petrolio, con molte imprese che stanno chiudendo e licenziando, nell’assoluto silenzio della politica e delle istituzioni.
Auguri con il trasferimento dell’indutria italiana all’estero. Nel Regno Unito smantellano 150 piattaforme e trionfa l’eolico. L’Arabia Saudita inizia con programmi per il solare a grande scala, la Francia boccia tutti i nuovi permessi energetici di petrolio, in Venezuela si muore di fame. Dove crede che andranno i petrolieri? L’Italia è quasi a livello di svendita per quanto riguarda royalties e permessi. La bonanza che hanno da noi, non è facile trovarla altrove.
E poi, ai tempi dell’Unità d’Italia le donne non votavano, la mortalità infantile era alle stelle, la gente non sapeva né leggere né scrivere. Il mondo cambia, caro Clò e questo atteggiamento conservatore è patetico nel 2016. Ai tempi dell’unità d’Italia andavamo a cavallo. Forse vuole tornare ai questi tempi? Il mondo va avanti, si evolve, cambia. E noi possiamo fare due cose: aggrapparci alle cose vecchie e perdere la partitrta con la storia, oppure capire che forse occorre lasciarle le cose vecchie e aprirsi a quelle nuove, con ottimismo, lungimiranza ed essendo noi a guidare la nave e non che siano gli eventi esterni a forzarcele quando non abbiamo più alternative. So che per uno con un passato e presente in Eni e Snam è difficile da capire, ma se lei fosse libero e sgombro dai suoi interessi di parte, allora vedrebbe le cose in modo diverso, io credo.
Un sì al referendum ne decreterebbe la definitiva fine. È questa la vera partita in gioco: anche se i più fingono di non rendersene conto nell’indifferenza generale e nell’irresponsabilità di chi dovrebbe guardare agli interessi del Paese più che ai propri dividendi elettorali.
Io non posso che augurarmi la fine dell’industria petrolifera in Italia. Perchè non sarebbe la fine. Sarebbe invece l’inizio di una Italia più moderna, di una democrazia più sana, di un ambiente sostenibile, di mille piccole e grandi imprese rinnovabiliche veramente porterebbero benessere diffuso e non di potere illimitato nelle mani di Eni e Snam, di una Italia che per una volta guarda al futuro e non che arriva sempre per ultima agli appuntamenti con il domani. Di una Italia migliore.
L’essere umano è più intelligente dei buchi, la civiltà va avanti, il domani è di chi osa.
Infine: circa quattro o cinque anni fa quelli di Formiche mi chiesero una intervista sul fracking negl Usa. Scrissi al meglio della mia professionalità e indipendenza. Credo che non gli piacque quello che lessero, e nonostante l’enorme lavoro (me la sono dovuta scrivere tutta da me l’intervista, domande e risposte) dopo un pò di tira e molla (lo mandiamo al prossimo numero, al prossimo mese etc etc) finalmente mi dissero che… non gli interessava più perché non potevano “conciliare tutti gli esperti”. Evviva. Mai più sentiti. Certo, mica sono una dell’Eni. Chi è Formiche? Creata da tale Paolo Messi, a suo tempo consigliere politico di Corrado Clini, quello che si scambiava carteggi con i petrolieri su come aggiustare Ombrina mentre che era ministro dell’ambiente. È da qui che parte il marciume che distrugge l’Italia, non certo dai nostri referendum.

Fonte: comune-info.net 

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