La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 4 marzo 2016

Quali diritti umani?

di Tania Careddu
L’intero sistema delle norme nazionali (e internazionali) è in grado di far fronte alla sfida di proteggere i diritti umani? Poco. Molto poco. Non si è dimostrato abbastanza solido di fronte ai duri colpi ricevuti e alle difficili sfide dell’ultimo anno. Gli strumenti multilaterali di protezione e i meccanismi specializzati di tutela non sono riusciti né a contenere le crisi umanitarie né a proteggere i civili contro le violazioni dei diritti umani.
E anche il sistema europeo è finito sotto attacco, sia a causa della perdita di sostegno da parte di alcuni Stati sia a causa dell’arretrato di ricorsi che chiedevano accertamento delle responsabilità per le atrocità commesse.
I numeri parlano chiaro: in diciannove Paesi sono stati compiuti crimini di guerra o altre violazioni delle ‘leggi di guerra’; centotredici Paesi hanno imposto arbitrariamente restrizioni alla libertà di espressione e di stampa; più di sessanta milioni di persone nel mondo sono state allontanate dalle loro case; più di trenta Paesi hanno illegalmente costretto i rifugiati a tornare in Paesi dove sarebbero stati in pericolo; centoventidue Paesi hanno torturato o maltrattato esseri umani; almeno ottantotto Paesi hanno condotto processi iniqui; almeno venti Paesi hanno adottato leggi che riconoscono il matrimonio o una qualche forma di unione tra persone dello stesso sesso.
In Italia, sul punto, siamo ancora tra trattative, stralci e mutilazioni. Di certo si sa che, a luglio, la Corte di Cassazione ha stabilito che le persone transgender dovevano essere in grado di ottenere il riconoscimento legale del genere, senza l’obbligo di sottoporsi ad alcun trattamento medico. Ma, a fine anno, il Parlamento non aveva ancora approvato le modifiche legislative per estendere anche ai reati omofobi e transfobici, l’applicazione delle sanzioni contro i crimini d’odio, già in vigore per quelli basati su altri motivi.
Per fortuna, laddove non è arrivato il legislatore ci ha pensato la Corte d’Appello di Roma, riconoscendo il diritto di una donna ad adottare formalmente la figlia nata dalla sua partner di sesso femminile, a seguito di inseminazione artificiale.
Del reato di tortura nel diritto interno, solo l’ombra. Approvato un disegno di legge alla Camera, non è stato adottato dal Senato. E nemmeno l’obbligo di dotare di distintivi identificativi, le uniformi degli agenti della forza pubblica, utile ad agevolare l’individuazione delle responsabilità in caso di abusi. A dicembre ancora non era entrato in funzione l’Ufficio del Garante nazionale dei diritti dei detenuti. Preoccupante se si pensa che è grave la mancanza di accertamento delle responsabilità per i decessi avvenuti in custodia, vedi il caso Cucchi e quello Magherini.
Per non parlare dei diritti dei rifugiati e dei migranti. A parte la legittimità del reato di “ingresso e soggiorno illegale” nel territorio italiano, per l’abolizione del quale il governo non ha adottato alcun decreto, qualche passo in avanti è stato fatto, invece, per l’antiterrorismo.
A febbraio 2015, infatti, sono state adottate nuove misure che aumentano le pene detentive per le persone arruolate da altri per commettere atti di terrorismo e prevedono pene contro coloro che organizzano, finanziano e propagandano viaggi finalizzati a compiere tali atti.
La legislazione, inoltre, ha concesso alle autorità giudiziarie il potere di confiscare temporaneamente il passaporto di un sospetto criminale; le nuove norme, infine, autorizzano il governo a stilare e ad aggiornare un elenco di siti web utilizzati per il reclutamento e a incaricare i fornitori di servizi internet di bloccarli.
Bene. Bravi. Ma, a oggi, ancora e nonostante le promesse del governo, l’Italia non è riuscita a creare un’istituzione nazionale per i diritti umani, in conformità con i Princìpi di Parigi. Parola di Amnesty International.

Fonte: Altrenotizie.org 

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