La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 5 marzo 2016

Serge Halimi: rinascita della vera sinistra

di Serge Halimi
La persistente impopolarità dei leader politici socialisti della Francia non è un’eccezione nazionale da attribuirsi alle basse cifre dell’occupazione o all’abbandono delle principali idee della sinistra. Gli Stati Uniti e la maggior parte degli altri paesi europei hanno anche assistito alla fine del ciclo ideologico della “terza via” impersonato 20 anni fa da Bill Clinton, Tony Blair, Felipe González, Dominique Strauss-Kahn and Gerhard Schröder.
Ma non sono soltanto le forze situate a destra che hanno tratto beneficio da questa sconfitta di un marchio a lungo trionfante del social-liberalismo. Di recente c’è anche stata una rinascita di una tendenza contraria le cui idee erano considerate arcaiche e spazzate via dalla globalizzazione, gdalla flessibilità e dalla nuova tecnologia. Nei campus degli Stati Uniti, nei sobborghi di Londra e tra le autorità locali a Madrid e a Barcellona, questa sinistra, che ha respinto i suoi complessi, sta guadagnando trazione politica.
Talvolta osa nominare i suoi nemici: la stretta del capitale sui mezzi di produzione, il potere dei media e l’eccessivo potere della finanza. I ribelli possono essere ancora soltanto un messaggero della primavera, ma in un momento in cui l’estrema destra è spesso l’unico depositario della rabbia pubblica, offrono una speranza che potrebbe sfidare la destra nelle stagioni future.
I social liberali sono sfortunati. Nel 2015, con l’appoggio di Angela Merkel, hanno costretto i leader di Syriza della Grecia a entrare nel loro campo, e hanno perciò creduto di avere eliminato qualsiasi opposizione dal loro fianco sinistro. Poi Jeremy Corbyn è spuntato nel Regno Unito e Bernie Sanders negli Stati Uniti a mobilitare una percentuale significativa dei propri giovani e a rigenerare sia la lotta politica che alcune aspirazioni anti-capitaliste che la terza via intendeva seppellire.
C’è stata un’altra delusione per i social-liberali: non avevano mai soddisfatto i desideri dei datori di lavoro in maniera così completa e irrevocabile, nella speranza illusoria di ottenere una certa creazione di posti di lavoro e, in cambio, un nuova possibilità di potere. Ma i datori di lavoro si sono riempiti le tasche e la situazione si è deteriorata. Peggio ancora, mentre l’economia e la finanza globale erano di nuovo in stallo, i principali dogmi neoliberali, che i social liberali europei avevano adottato 30 anni fa, sono stati ripudiati di loro architetti intellettuali.
Tutto questo accadde tranquillamente e così, la destra, la sinistra liberale e i media tradizionali sono stati in grado di fare finta di non averlo notato, e di continuare a seguire i loro mantra mentre le cose vanno in pezzi: “per una crisi di mercato, rimedi di mercato” (1). Tuttavia, l’inutilità delle loro parole d’ordine – tagliare le tasse e il welfare, ridurre la sicurezza del lavoro, espandere il libero mercato – è molto chiara. E il chiarimento degli elementi centrali del loro credo ha reclutato nemici dall’interno. Indebolire i sindacati e smantellare i codici del lavoro, si supponeva che liberassero lo spirito imprenditoriale e permettessero la flessibilità, e tuttavia, gli economisti del Fondo Monetario Internazionale ammisero che il risultato di questa politica, a lungo difesa dall’FMI, sia stato soprattutto di aumentare le disuguaglianze (2). Questo è imbarazzante ora, cioè che l’apartheid sociale sia così presente nella mente delle persone, che, occasionalmente i leader occidentali, a parole, si dichiarano preoccupati al riguardo.
Alcuni leader occidentali dicono che la disuguaglianza non è un male, perché credono che la “dispersione del reddito” incoraggi l’iniziativa, l’innovazione, il correre i rischi, e l’occupazione. “I giovani della Francia vorrebbero diventare miliardari,” ha detto Emmanuel Macron, il ministro francese dell’economia, sposando la promessa dell’economia reaganiana che “l’alta marea solleva tutte le barche”.
Il dogma neoliberale nel dimenticatoio
Questo è noto anche come teoria trickle-down,* ma l’anno scorso l’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OECD), ha calcolato che i ricchi (che comprendono almeno un numero uguale di mediatori parassiti e di imprenditori) che stanno diventando più ricchi avevano compromesso una crescita economica a lungo termine, mentre i salari più alti per i più poveri l’avrebbero migliorata (3).
Come era sostenuto da Ronald Reagan e da François Mitterand, si riteneva che le tasse dovessero diminuire per far partire l’economia (4). Anche questa politica sul lato dell’offerta, di nuovo proposta da François Hollande nel 2012, si ipotizza che contribuisca a stabilizzare le finanze pubbliche. The Economist,però, cioè la Bibbia del Regno Unito del neoliberismo globale, ammette, alquanto pateticamente, che le “previsioni che i tagli delle tasse all’inizio del 2000 avrebbero causato crescita sufficiente tanto da essere proficui, oggi sembra stupida” (5) – 30 anni di dogma neoliberale nel dimenticatoio.
Nulla di tutto questo ha dissuaso i candidati di destra alle elezioni dall’aumentare la posta in gioco. In Francia perché dovrebbero farlo, ora che Hollande inonda di delizie i proprietari delle aziende? Quando il destino elettorale di un presidente e del suo partito sembra chiuso, esso incoraggia il parlare chiaro e stimola gli appetiti. Nicholas Sarkozy sta considerando un “contro-shock fiscale”, per includere una riduzione del 10% sulla tassa sul reddito, e l’abolizione della tassa annuale di solidarietà sulla ricchezza (Impôt de solidarité sur la fortune (ISF) – imposta sui ricchi, di natura patrimoniale]. l suoi rivali di estrema destra, François Fillon e Alain Juppé, hanno appoggiato la proposta dell’ISF e anche una massiccia riduzione della spesa pubblica – malgrado la massiccia disoccupazione, l’urgente necessità di miglioramenti della rete dei trasporti (il 40% dei binari e il 30% dei segnali nella regione dell’Ile-de-France hanno più di 30 anni) e un tasso di interesse vicino allo zero. Per raggiungere i loro obiettivi, propongono licenziamenti nel settore dei licenziamenti nel servizio civile, tagli ai benefici per la disoccupazione, e la fine dei rimborsi di alcuni costi medici per gli stranieri. Che i “ragazzi” del neoliberismo che agiscono dietro le quinte abbiano abiurato, diventa irrilevante finora dato che non va d’accordo con gli interessi dei privilegiati e i rimedi preferiti del neoliberismo.
Rifiutare le idee eretiche è diventato ancora più essenziale dato che la maledizione degli esperti ha colpito anche il punto di massima convergenza tra i liberali a destra e a sinistra: l’ideologia del libero scambio.
Secondo lo stesso The Economist (6 febbraio 2015): “La globalizzazione può rendere tutti più benestanti. Questo non significa che accadrà.” La competizione causata dai prodotti cinesi sul mercato statunitense potrebbe essere costata 2,5 milioni di posti di lavoro negli Stati Uniti. Questo dà ancora più peso alla condanna da parte di Bernie Sanders dell’Accordo nordamericano per il libero scambio (NAFTA), ratificato nel 1993 e difeso dai presidenti Clinton e Bush e del Partenariato Trans-Pacifico (TTP)
firmato questo febbraio dal Presidente Obama con la benedizione della maggior parte dei Repubblicani nel Congresso. Il Segretario di Stato John Kerry, pensando forse che gli americani abbiano già dimenticato le false promesse del NAFTA, di recente ha sostenuto che il TPP potrebbe creare 650,000 posti di lavoro negli Stati Uniti. (6).
Le nuvole della tempesta economica si stanno accumulando nell’economia mondiale, cosa che è raramente un buon segno per i leader in carica. I fallimenti delle banche del 2007-08 furono dovute al crollo del valore dei beni di proprietà; l’attuale sovraesposizione delle banche al settore petrolifero le minaccia con conseguenze analoghe, e, insieme alle banche, molti paesi mettono molte ipoteche sul futuro.
Rispetto a coloro che credettero ai discorsi impetuosi di Hollande nel 2012, il mondo della finanza non ha mai trovato un “vero avversario” in un’amministrazione socialista francese, soltanto politici desiderosi di fare la propria scommessa. Non è necessario che la destra abbia l’incarico della finanza per controllarne i ministri chiave (Macron). Infatti per tutto il tempo, banche e fondi speculativi reclutano ex leader socialisti per i loro consigli di amministrazione (Blair, Schröder e Strauss-Kahn), e la Goldman Sachs finanzia le campagne dei candidati democratici, come quella di Hillary Clinton.
‘Le elezioni non si spostano lungo una linea retta’
Quale è il significato di queste duplicità politiche e della devozione all’errore? Il liberalismo sociale ha esaurito la forza che aveva ottenuto dalla sua alleanza con le classi governanti che sono più potenti che mai e che hanno meno necessità di intermediari per salvaguardare i loro interessi. Allo stesso tempo, la complicità tra gli ex socialisti e i nuovi ricchi è più evidente che fa arrabbiare coloro che soffrono e che devono pagarne le conseguenze. Hillary Clinton, per esempio, ha difeso la rimozione, a opera di suo marito, della barriera tra le banche commerciali e la speculazione, una decisione resa esecutiva nel 1999 che contribuì alla crisi finanziaria (7). Hillary è stata quindi meno compassata del solito quando Sanders ha osservato: “I ragazzini vengono catturati in possesso di marijuana: quel ragazzino ha un precedente penale. Un dirigente di Wall Street distrugge l’economia: nessun precedente penale. Ecco che cosa è il potere, e questo è ciò che deve cambiare. […] Abbiamo tre delle quattro banche più grandi d’America oggi, più grosse di quanto fossero quando le abbiamo salvate perché erano troppo grandi per fallire. Dividetele! Sono troppo grandi economicamente, e sono troppo grandi politicamente” (8). Il giorno dopo le primarie nel New Hampshire, vinte da Sanders e da Trump, un analista finanziario ha concluso: “Le elezioni non si spostano lungo una linea retta, ma dopo ieri notte, gli investitori non possono ignorare le probabilità di un esito estremo delle elezioni che pone importanti rischi al mercato azionario” (9).
Un candidato Democratico che intende dividere le banche e un candidato Repubblicano come Donald Trump che minaccia la Cina e il Messico con una guerra al commercio deve sembrare veramente eccessivo negli Stati Uniti. Una proporzione significativa di americani che hanno appreso in modo diretto delle industrie che si trasferiscono all’estero, del potere di spesa che diminuisce, e del costo crescente dell’istruzione superiore, sembra che stia perdenso 30 anni di quello che era stato cacciato loro in testa riguardo alla globalizzazione. Insieme ai milioni di coloro che sono troppo giovani per aver avuto il lavaggio del cervello della Guerra Fredda, sono entusiasti di Sanders che attacca la “classe miliardaria”, promette di riformare essenzialmente il modo in cui sono finanziate le campagne politiche, e che si dichiara socialista (10).
In Europa, analogamente, c’è impazienza, c’è un desiderio di affrontare una sinistra che ha capitolato sulla maggior parte delle cose. Il partito socialista spagnolo, indebolito da interessi di parte locali, e da scandali di corruzione, ha avuto proprio i suoi peggiori risultati di sempre, mentre i dissenzienti di Podemos sono arrivati sulla scena sociale e politica. Quando si distrugge il sistema bipartitico, si apre il campo. A Madrid, Barcellona e Saragozza le autorità creative locali si oppongono agli sfratti, a contrastare le banche, a riportare i servizi alla proprietà pubblica e a verificare i debiti.
Nel Regno Unito, la sconfitta elettorale del Partito Laburista nello scorso mese di maggio, non è stata accompagnata da un sbandamento verso la destra, come accade di solito. Il Blairismo, invece, è stato denunciato dagli attivisti che sono raddoppiati: ora i loro iscritti equivalgono a quelli di tutti gli altri partiti messi insieme. L’elezione di Corbyn come leader del partito laburista, ha dimostrato il desiderio di conservare l’identità del partito come movimento di lavoratori che in precedenza era stato quasi completamente cambiata (11). Corbyn, come Sanders, rifiuta l’enfasi, parla estesamente negli incontri di vecchio tipo, e non ha paura di criticare i media convenzionali che lo odiano. Nessuno dubita della sua sincerità quando espone la sua filosofia; si preoccupa di più di cambiare radicalmente i termini del dibattito politico nazionale che di vincere a ogni costo le prossime elezioni.
‘Consenso virtuale’
Secondo Jean-Claude Trichet, ex governatore della Banca di Francia e della Banca Centrale Europea, “oggi abbiamo un consenso virtuale in tutto lo spettro politico del governo su almeno tre punti: la nostra spesa pubblica deve diminuire, la nostra economia ha ancora troppa rigidezza e non siamo sufficientemente competitivi” (12). Se il “consenso virtuale” tra i politici è così evidente, lo sono anche le conseguenze. Forse Trichet può non comprenderle, ma un numero sempre crescente di persone sta indietreggiando di fronte a queste. Tuttavia, dopo avere soggiogato la Grecia, l’UE ha messo gli occhi sul Portogallo. “Alla testa di una fragile coalizione,” ha scritto Le Figaro, “António Costa, leader del governo socialista, ha promesso ai suoi alleati comunisti e al popolo portoghese, esausto da anni di recessione, di diminuire il vizio dell’austerità. I garanti del patto di stabilità a Bruxelles hanno, però, un’opinione diversa. Sotto la pressione europea, specialmente da parte del poliziotto Germania, e dei mercati, il governo portoghese ha dovuto rifare i compiti” (13).
Quando il governo conservatore di David Cameron chiese che i suoi partner europei proteggessero gli interessi della City dagli effetti della moneta unica e che al Regno Unito venisse permesso di ridurre i benefici ai lavoratori migranti del Regno Unito, i “compiti” del Regno Unito non richiedevano tale revisione. I social democratici europei con a capo Holland, ratificarono questa “preferenza nazionale”, sebbene violasse le regole comuni.
Il divorzio tra i leader di questo tipo e la sinistra, è completo, e questo è chiaro alle urne elettorali e nelle strade. Lo status quo e i suoi difensori sono stati rifiutati, la loro base politica si sta restringendo. La società è permeata della certezza che questo sistema non può essere riformato, che le disuguaglianze possono soltanto allargarsi e che esso non imparerà nulla dalle crisi. Il crescente numero di rinunce che segnano la fine del mandato di Hollande in quasi ogni ambito, sono perlomeno educative. Ognuno può già immaginare la disperazione che gelerà la Francia il giorno dopo la rielezione di Hollande o il ritorno di Sarkozy.
In tale situazione, è allettante arrischiare invece che lasciare l’iniziativa e il vantaggio ai vostri peggiori nemici. Il terrorismo e la guerra potrebbero mantenere un’apparenza di coesione nazionale, ma lo status sociale che in declino e un futuro che si riduce non convivranno tranquillamente insieme alla stabilità politica per molto tempo. Il loro procedere è assicurato, la loro destinazione incerta, ma i momenti critici storici sono il momento di agire invece che di sottostare, di muoversi invece che aspettare.

Note

1.See Serge Halimi, “Liberal dogma shipwrecked” and “Irregular deregulation”,

[Il dogma liberale naufragato e la Deregolamentazione irregolare], Le Monde diplomatique English edition, ottobre 1998 e settembre 2002.

(2) Vedere: Florence Jaumotte and Carolina Osorio Buitron, “Power from the people” [Potere dal popolo”], Finances & Development, Washington DC, marzo 2015.

(3) “In It Together : Why Less Inequality Benefits All” [“Dentro tutti: perché una minore disuguaglianza è di beneficio per tutti] (PDF), OECD, Paris, 2015.

4) François Mitterrand, 15 September 1983: “Troppe tasse, nessuna tassa. Stiano strangolandol’economia, stiamo limitando la produzione, stiamo limitando la nostra energia. Sono deciso che dovremmo iniziare a diminuire le tasse.”

(5) “Be serious”, [Siate seri], The Economist, London, 2 gennaio 2016.

(6) See Lori Wallach, “Trade imbalance”, [Squilbrio del commercio], Le Monde diplomatique, English edition, giugno 2015.

(7) Vedere: Serge Halimi, “Follow the money” [Seguite il denaro], Le Monde diplomatique, English edition, giugno 2010.

(8) Dibattito alle televisione – New Hampshire, 4 febbraio 2016.

(9) The Wall Street Journal, New York, 16 febbraio 2016.

(10) Vedere: Bhaskar Sunkara, “Bernie Sanders, American socialist” [Bernie Sanders, socialista americano], Le Monde diplomatique, English edition, gennaio 2016.

(11) Vedere Alex Nunns, “The unspun Jeremy Corbin” [Jeremy Corbin non enfatico], Le Monde diplomatique, Ottobre 2015.

(12) Le Journal du dimanche, Paris, 14 febbraio2016.

(13) Le Figaro, Paris, 15 febbraio 2016.

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: Le Monde Diplomatique
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

1 commento:

  1. Un ottimo Halimi analizza lo stato della sinistra mondiale con equilibrio e nozione di causa.

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