di Marta Fana
Con i dati provvisori di gennaio, arriva la prima pubblicazione Istat dell’indagine sulla forza lavoro per il 2016, primo mese con la riduzione degli incentivi per i nuovi assunti. La nuova normativa sugli sgravi per le assunzioni del 2016 si somma inevitabilmente alla decontribuzione totale del 2015 sfruttata al massimo dai datori di lavoro proprio a dicembre 2015. Il tasso di disoccupazione complessivo diminuisce di 0,1 punti percentuali, mentre aumenta di 0,6 punti quello per i giovani tra i 15 e i 24 anni, cioè dell’1.6%. Il tasso di occupazione non decolla, fermandosi al 56.8%.
Andamento del tasso di occupazione, totale e 15-24 anni
Il dualismo del mercato del lavoro tra giovani e meno giovani è confermato dall’andamento del tasso di occupazione (fig.1): per i giovani a gennaio 2016 è pari al 15,4%, identico al valore di un anno fa, mentre il dato complessivo sull’intera popolazione è aumentato dell’1,5%. Il confronto di genere è impietoso: il tasso di disoccupazione femminile rimane al 54,3%, mentre quello maschile è al 74,5%: l’unico che aumenta seppure di poco rispetto a un anno fa.
Distribuzione dei nuovi occupati nel 2015 per classe di età
Un dualismo mai sopito quello del mercato del lavoro italiano e che rischia di inasprirsi, come mostra la figura 2. In dodici mesi, il numero di occupati è aumentato, indipendente dalla tipologia contrattuale e oraria, di 299 mila unità. L’aumento è trainato dai nuovi occupati over 50 (+359,000). Tutte le altre componenti anagrafiche mostrano se non una riduzione, come nel caso dei giovani tra i 15-24 ma soprattutto 35-49 anni, un lievissimo aumento. Rilevante è la riduzione di 69,000 occupati per la fascia 35-49 anni, età vitale per l’affermazione della carriera lavorativa. Ancora una volta, si conferma l’ipotesi che la Riforma Fornero giochi un ruolo predominante sull’andamento dell’occupazione in Italia, un dato che tuttavia indebolisce qualsiasi retorica sulle più recenti riforme volte all’aumento della produttività, che di certo non può aumentare (ammesso e non concesso che si guardi solo al fattore lavoro) escludendo dal mercato le fasce più giovani, quelle in grado di acquisire con maggiore facilità e per più tempo l’innovazione.
Andamento della quota di occupati a tempo indeterminato sul totale dipendenti
Infine, il dato sulla composizione dell’occupazione per tipologia contrattuale. Guardando all’occupazione dipendente, si nota una ripresa della quota di dipendenti a tempo indeterminato, a partire da settembre. Questa ripresa compensa solo parzialmente il costante declino della quota a tempo indeterminato, accentuatasi proprio a partire da aprile 2015. L’aumento di 99,000 occupati a tempo indeterminato, registrato a gennaio 2016 rispetto a dicembre 2015, risente inevitabilmente della dinamica delle assunzioni avvenute in chiusura del 2015. Proprio a dicembre, infatti, le imprese hanno operato una vera e propria corsa agli sgravi aumentando vertiginosamente il numero delle assunzioni con beneficio dello sgravio contributivo totale previsto. Di conseguenza, i lavoratori, assunti a tempo indeterminato sul finire dello scorso anno, sono stati con buona probabilità intercettati dall’indagine Istat come occupati a gennaio.
È così che l’aumento occupazionale oggi è spiegabile dalla corsa alla decontribuzione totale e da una dinamica dovuta alla ripresa o a un ritrovato interesse economico-produttivo ad aumentare l’occupazione da parte delle imprese. Se così non fosse, significherebbe che gli assunti nelle ultime settimane di dicembre siano stati contestualmente licenziati entro il 2015, evento che non risulta dai dati amministrativi pubblicati dall’Inps. Fin qui, quindi, sono ancora gli sgravi contributivi previsti per le assunzioni del 2015 e la riforma Fornero a dettare la linea sul mercato del lavoro.
Fonte: Pagina99




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