La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 3 settembre 2016

Il cavallo di Troia chiamato Ceta

di Grazia Francescato 
Il cavallo di Troia farà la sua comparsa il 5 settembre prossimo alla Fiera Millenaria di Gonzaga, in provincia di Mantova, una delle più antiche manifestazioni del settore agricolo in Italia (le prime testimonianze risalgono al 1490!). Il mitologico equino è il simbolo della mobilitazione contro il CETA (Comprehensive Economic Trade Agreement), trattato commerciale negoziato in gran segretezza tra EU e Canada, fratello gemello del più famoso TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) in corso di negoziazione dal 2013 tra Usa e Ue, al momento in stallo.
Se il TTIP, infatti, si sta avviando al fallimento - o segna comunque una battuta d'arresto clamorosa - come hanno dimostrato nelle scorse settimane non solo le reiterate prese di posizione del governo francese, decisamente ostile al trattato, ma anche quelle più sorprendenti di Sigmar Gabriel, vicecancelliere socialdemocratico tedesco, che lo ha dichiarato 'fallito' senza tanti complimenti (peraltro prontamente smentito da Angela Merkel, a riprova delle divergenze tra Spd e Cdu in merito), il protagonista della nuova fase di trattative, e relative controversie, è senz'altro il CETA.
Il negoziato concluso tra Canada e UE è in effetti un vero e proprio "cavallo di Troia", che porta in pancia le stesse insidie del 'grande fratello' TTIP, in sintesi una spinta possente verso un'ulteriore liberalizzazione selvaggia dei mercati, a scapito delle regole e della garanzie a tutela di ambiente, diritti dei lavoratori e beni comuni. A cominciare dal famigerato ICS (Investment Court System) un meccanismo di protezione degli investimenti che permette alle grandi corporations di trascinare in tribunale i governi rei di legiferare contro i loro interessi. Meccanismo analogo al contestatissimo ISDS (Investor Trade Dispute Settlement) previsto dal TTIP. I tribunali chiamati a giudicare i conflitti tra multinazionali e stati, non sarebbero insomma che consessi di avvocati commerciali superspecializzati che giudicherebbero solo sulla base dei trattati in questione e che avrebbero quindi gioco facile a mettere in ginocchio gli oppositori degli interessi forti.
Dato che molte corporations non proprio al di sopra di ogni sospetto per i loro comportamenti rispetto ad ambiente,diritti umani e lavoro hanno controllate canadesi (vedi giganti come Chevron o Monsanto), il CETA potrebbe permettere loro di operare nei mercati UE in condizioni più favorevoli rispetto alle nostre imprese,anche in assenza di TTIP. Ma non basta: il negoziato rende di fatto impossibile la ripublicizzazione di settori già privatizzati (per esempio quello idrico) e annacquerebbe di molto la tutela UE delle migliaia di prodotti agricoli di qualità del Vecchio Continente , riducendo i meritevoli di effettiva protezione a uno sparuto centinaio.
La battaglia si giocherà nelle prossime settimane sui meccanismi di ratifica,che dovrebbe avvenire entro la fine di quest'anno. Le opzioni sono due: tramite un accordo 'solo UE', per cui basterebbe un voto a maggioranza del Consiglio e del Parlamento Europeo,oppure un accordo misto,che dovrebbe essere
ratificato solo dopo il via libera dei Parlamenti degli stati membri. Si tratta dunque di un problema di partecipazione democratica, ovviamente vista come fumo negli occhi dai burocrati negoziatori.
Il timore della vasta coalizione anti TTIP e anti Ceta,che raccoglie milioni di militanti in Europa coordinati da più di 500 organizzazioni del settore agricolo e della società civile,è che il Parlamento Europeo (scelta più probabile) venga chiamato al voto senza approfondita discussione delle sue 1500 pagine,che non sono state sviscerate neppure dalle Commissioni competenti. Per sventare quest'ipotesi, la coalizione anti CETA ha inviato il 24 agosto scorso una lettera ai membri della Commissione Commercio del Parlamento Europeo con l'obiettivo di rendere pubblica la discussione e di bloccare l'approvazione del contestato trattato.
L'appuntamento su cui puntare gli occhi, precisa Monica De Sisto, la portavoce della Campagna Stop TTIP-CETA italiana, è quello del 22 e 23 settembre prossimo a Bratislava,dove si riuniranno i ministri del commercio europeo. "Lì capiremo se le dichiarazioni di Gabriel fanno parte di una tattica negoziale o se le preoccupazioni della società civile europea e statunitense saranno veramente ascoltate." Per mettere sotto pressione i leaders UE (che parleranno della questione anche il 16 settembre,quando si riuniranno per parlare dell'Europa post-Brexit) le mobilitazioni degli oppositori dei due negoziati di susseguiranno a ondate: dopo la presenza alla Fiera di Gonzaga, infatti,il calendario delle manifestazioni prevede discese in piazza in Germania ed Austria in concomitanza con la riunione dei capi dei governi europei e a Bruxelles il 20 settembre,a ridosso del meeting di Bratislava.
E l'Italia? Per il momento mantiene un ruolo defilato e si limita a dichiarare "inevitabile",per bocca del Ministro Calenda, la conclusione dell'accordo, ignorando le prese di posizione di un numero sempre maggiore di contestatori. Che non chiedono solo di affossare la coppia nefasta TTIP-CETA,ma un netto cambio di passo della politica commerciale ed economica europea: "Occorre un ribaltamento della strategia fin qui perseguita- specifica Marco Bersani, tra i coordinatori della Campagna, - troppo basata sulla spinta verso la liberalizzazione dei mercati e sull'austerità,troppo poco verso un processo realmente rispettoso delle persone e dell'ambiente".
Non vale, dunque, far sembiante di scaldare l'inaridito cuore dell'Europa al soffio caldo degli ideali di Ventotene, se poi li si espone cinicamente al gelido fiato di TTIP e CETA, gemelli fatali.

Fonte: Huffington Post - blog dell'Autrice

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