La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 3 gennaio 2016

Bavaglio nella patria di Kapuscinski

di Giuseppe Sedia
Come Orban più di Orban. Dopo una discussione fulminea al Sejm, la camera bassa del parlamento polacco, i politici del partito di estrema destra Giustizia e Libertà (PiS) si sono dimostrati capaci di superare anche i colleghi ungheresi di Fidesz a destra.
Il provvedimento votato nella giornata di San Silvestro permetterà al ministro del Tesoro di decidere direttamente le nomine dei responsabili dei media pubblici polacchi.
Si tratta di una legge che dovrebbe garantire una forma di controllo diretto sui media da parte del governo. A Varsavia non si dovrà passare nemmeno per un’Autorità delle telecomunicazioni, eletta in Ungheria dal parlamento, ed espressione di due terzi della maggioranza, dopo una riforma varata cinque anni fa a Budapest.
Manca ancora la firma del presidente Andrzej Duda ma è soltanto questione di pochi giorni.
Il PiS non ha fatto nulla per nascondere che la rappresaglia nei confronti dei giornalisti non amici della formazione fondata dai fratelli Kaczynski sarà trasversale. Durante il dibattito parlamentare di mercoledì scorso, il capo della cancelleria del primo ministro, Beata Kempa ha affermato che la purga toccherà tutti i rappresentanti dei mezzi pubblici d’informazione.
Un compito che potrebbe rivelarsi più facile del previsto per il PiS, considerando le dimissioni a catena in segno di protesta date da numerosi dirigenti dei media polacchi. Sul fronte dell’emittente statale Telewizja Polska (Tvp), si segnalano le defezioni di Piotr Radziszewski (direttore del primo canale), Janusz Kapuscinski (secondo canale), Katarzyna Janowska (Tvp Kultura), nonché di Tomasz Sygut dell’Agenzia televisiva d’informazioni.
Anche i giornalisti stranieri del servizio radiofonico internazionale della stazione pubblica Polskie Radio temono un giro di vite. «Sembra di essere tornati al clima intimidatorio del decennio scorso. Durante il precedente governo targato PiS ai redattori veniva chiesto di firmare una dichiarazione di responsabilità in cui i giornalisti si impegnavano a non distorcere la realtà polacca e a rinunciare a qualsiasi attività politica», racconta Nick Hodge, redattore britannico di Polskie Radio.
Una riforma che rappresenta anche uno schiaffo alla meritocrazia visto che i nuovi rappresentanti dei media “nazionali” non saranno più scelti attraverso concorsi pubblici. La nazionalizzazione forzata dei media è un duro colpo alla libertà di espressione. E così, oltre al ministro del Tesoro Dawid Jackiewicz, anche il collega alla Cultura Piotr Glinski potrebbe moltiplicare i suoi interventi con una serie di “editti bulgari” per colpire tutte le iniziative che non rientrano «nei limiti della correttezza».
I rappresentanti del governo targati PiS vorrebbero sottrarre i mezzi d’informazione all’influenza straniera, in particolare sulla carta stampata. La retorica di una Polonia diventata «condominio di Berlino» sembra eccessiva, eppure si deve riconoscere che buona parte dei giornali sono di proprietà di gruppi editoriali tedeschi: Verlagsgruppe Passau è presente ad esempio anche in Repubblica Ceca, mentre il colosso tedesco-svizzero Axel Springer pubblica tra le varie il tabloid locale campione di vendite “Fakt”.
Ed è proprio ad un quotidiano tedesco, “Die Welt” che Lech Walesa aveva rilasciato alla vigilia di Natale un’intervista critica nei confronti del nuovo governo PiS guidato dalla premier Beata Szydlo. Le sue esternazioni hanno spiazzato tutti, considerando l’involuzione conservatrice pro-PiS del primo sindacato libero del blocco comunista — Solidarnosc — e del suo leggendario fondatore, avvenuta negli ultimi anni. Le dichiarazioni di Walesa sul rischio di una guerra civile e mediatica polsko-polska a destra, tra le forze del PiS e del partito liberale Piattaforma civica (Po) — ora passato all’opposizione — , rappresentano l’ennesimo campanello di allarme.
La polarizzazione della società polacca ha raggiunto i valori massimi. Da un lato, si registra l’idillio tra Varsavia e Budapest, nonostante le forti divergenze in politica estera nei confronti di Putin. Dall’altro, le relazioni della Polonia con gli altri due membri del gruppo di Visegrad non sono destinate a migliorare dopo il cambio di governo dell’ottobre scorso.
Anche se il recente raid del ministro della Difesa Antoni Macierewicz in una struttura di controspionaggio affiliata alla Nato ha irritato e non poco Bratislava, visto che la Slovacchia non sarebbe stata informata dell’iniziativa, contrariamente a quanto dichiarato dal PiS.
Il primo vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, ha espresso preoccupazione per la situazione in Polonia. Mentre le forze d’opposizione sperano che il parlamento Ue si occupi anche del capitolo mezzi di informazione nel dibattito sull’orbanizzazione della Polonia in programma il prossimo 19 gennaio.

Fonte: il manifesto 

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