La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 15 gennaio 2016

Nuova contrattazione, una sfida per il paese

Intervista a Franco Martini di Stefano Iucci
Cgil, Cisl e Uil unite sulla riforma contrattuale. È un appuntamento importante quello che vede oggi (14/1) riuniti a Roma gli esecutivi unitari delle tre confederazioni con l’obiettivo di dare il via libera a un documento che ha l’ambizione di riscrivere il modello delle relazioni industriali in Italia. Un capitolo importante che attiene non solo alle esigenze dei lavoratori e delle imprese, ma all’interesse generale del paese e alle sue possibilità di uscire dalla crisi. Un piano ambizioso e unitario, che arriva dopo l’importante Testo Unico sulla rappresentanza siglato con Confindustria nel gennaio del 2014 e poi, successivamente, con Confservizi, Confcooperative e Confcommercio. “Una volta approvato – spiega Franco Martini, segretario confederale Cgil con delega alla contrattazione –, il testo verrà inviato a tutte le controparti datoriali del settore privato, con la prospettiva di aprire un confronto a tutto campo”.
Il documento, cito testualmente, si fonda su tre pilastri: “contrattazione”, “partecipazione”, “regole”…
"Credo che il valore e il senso del documento sia già nel suo titolo: “Un moderno sistema di relazioni Industriali. Per uno sviluppo economico fondato sull’innovazione e la qualità del lavoro”. E in effetti la nostra proposta non riguarda solo il modello contrattuale in senso stretto. Il secondo pilastro, quello della partecipazione, lo abbiamo introdotto proprio perché abbiamo l’ambizione di contribuire a rilanciare la crescita e lo sviluppo del paese."
E in che senso c’entra la partecipazione?
"Riteniamo prioritario investire sulla risorsa lavoro non solo come fattore di prestazione d'opera ma anche come intelligenza collettiva, ed è perciò che questo fattore va coinvolto nelle scelte di prospettiva aziendale, per esempio nella riorganizzazione dei processi produttivi."
Confindustria non gradirà…
"Sappiamo di toccare un tasto delicato. La visione culturale della nostra classe imprenditoriale è spesso chiusa, legata a una vocazione familistica e autoritativa per la quale il sindacato deve stare fuori dalla stanza dei bottoni. Dopodiché è paradossale che spesso vengano richiamate, come esempio, esperienze partecipative di oltre confine. Al che noi rispondiamo che i modello nordeuropei, per via delle dimensioni d’azienda, non sono interamente trasferibili nel nostro paese e che per questo dobbiamo inventarci una via italiana alla partecipazione. Insomma, la discussione è complessa e non sarà semplice, ma per noi il tema è molto importante."
Anche sulla contrattazione in senso stretto probabilmente la trattativa non sarà facile, si continuano a leggere prese di posizione che parlano di superamento del ruolo del contratto nazionale…
"Chiariamo alcune cose. Siamo consapevoli che la contrattazione deve essere articolata e flessibile, visto che siamo, appunto, nell'epoca della flessibilità Tuttavia non va dimenticato che la platea del mondo del lavoro è composta per 3/4 da lavoratori che non esercitano il secondo livello di negoziazione. Per questo, continuare a dire come si sta facendo in questi giorni che il contratto collettivo nazionale si occupa solo di inflazione e che tutto il resto si sposta al secondo livello significa una cosa sola: condannare la stragrande maggioranza dei lavoratori a salari bassi."
Quindi, sul fronte salariale questo vuol dire che il Ccnl non debba più limitarsi a difendere le retribuzioni dall’inflazione che, tra l’altro, attualmente è praticamente uguale a zero…
"Pensiamo che, seppur magari con equilibri diversi rispetto al passato, il Ccnl debba mantenere la sua piena funzione di autorità salariale: deve cioè poter continuare a incidere nella dinamica di crescita delle retribuzioni. Per far questo, però, oltre a prendere a riferimento fattori macro-economici, anche se non solo l’inflazione, deve anche redistribuire una parte della ricchezza prodotta."
Come si raggiunge questo obiettivo?
"Ripeto: il contratto nazionale deve prevedere incrementi nominali del salario. Il come farlo, ovviamente, dipende anche dai vari settori produttivi e pure dalle diverse modalità che dovranno essere anch’esse concordate nei singoli comparti. In estrema sintesi, la dinamica che porta all’incremento dei salari per noi dovrebbe essere composta da una parte fissa e da un'altra variabile, con articolazioni concordate nei singoli settori."
E poi c’è il secondo livello, quello aziendale…
"Attenzione. Il secondo livello non può essere solo aziendale, proprio per le specificità del sistema produttivo italiano. Nel nostro paese abbiamo realtà fatte da distretti, filiere produttive... Insomma, per noi la contrattazione è un campo di sperimentazione dove i vari livelli di negoziazione si applicano in funzione delle diverse realtà dove si esercitano."
Intanto, però, il governo “minaccia” l’introduzione del salario minimo legale che potrebbe essere un colpo mortale al contratto inteso come autorità salariale.
"Proprio così. E bisogna ribadirlo con forza. Per Cgil, Cisl e Uil i salari minimi sono quelli stabiliti dai contratti. Affinché diventino “legali” debbono essere erga omnes e per questo lanciamo un’altra sfida al governo: quella dell’applicazione dell’articolo 39 della Costituzione."
E in qui tocchiamo il tema della rappresentanza…
"È il terzo pilastro del nostro testo. Di accordi sulla rappresentanza ne abbiamo già siglati quattro e per questo il documento unitario sul tema è molto sintetico, rimandando al Testo Unico sulla rappresentanza."
Tuttavia anche su questo tema il governo dice di voler intervenire per legge. Cosa ne pensate?
"È molto semplice: se il governo vuole fare una legge sulla rappresentanza, non deve fare altro che ratificare il Testo Unico ed estenderlo agli altri settori. Aggiungo che è ormai giunto il tempo che si affronti anche il tema della rappresentanza delle associazioni datoriali. È arrivato il momento di contare anche quanto pesano i sindacati delle aziende, e non solo quelli dei lavoratori. Le difficoltà che la contrattazione incontra sono spesso legate proprio alla frammentazione e alle divisioni del fronte patronale."
Confindustria aveva prospetto una moratoria ai rinnovi in corso fino alla nascita del nuovo modello di relazioni industriali. Siete d’accordo?
"Assolutamente no. Ed è la cronaca per prima ad aver smentito Confindustria. In questi mesi abbiamo continuato a rinnovare i contratti con risultati positivi: chimici, cemento, trasporto pubblico locale, ad esempio."
Però ci sono anche tavoli che vanno male. Metalmeccanici, alimentaristi, una parte della Grande Distribuzione…
"Sì, ma i problemi sono di natura diversa. Se è vero senza dubbio che Federmeccanica sta cercando di giocare una partita sul modello contrattuale – ma anche per la presidenza di Confindustria – le difficoltà sono dovute ad altri motivi, non certo al modello contrattuale."
Le anticipazioni che si possono leggere sul documento sulla contrattazione che Confindustria sta preparando non lasciano ben sperare.
"Sono posizioni che non ci sorprendono. Così come non ci meravigliano le prese di posizione dei vari Sacconi e Cazzola che parlano di un sindacato vecchio e che tornerebbe all'antico. Credo che il loro obiettivo sia chiaro: ostacolare il rinnovamento del sistema delle relazioni industriali in Italia per offrire una sponda al processo in atto di svuotamento dei corpi intermedi tra i quali, ovviamente, i sindacati occupano un posto di rilievo."

Fonte: Rassegna sindacale

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