La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 15 gennaio 2016

Caro Charlie Hebdo, questa non fa ridere...

di Dilar Dirik
Caro Charlie Hebdo,
a parte “libertà d’espressione bla bla bla” / “non è razzismo bla bla bla”, la tua ultima vignetta che raffigura Alan Kurdi come un “palpeggiatore” in Europa se fosse un adulto, non è né divertente, né esprime in alcun modo qualcosa di significativo.
È comunque priva di gusto, ma dal momento che hai scelto Alan Kurdi come protagonista della tua vignetta, lasciaci contestualizzare la situazione di questo bambino annegato nel Mediterraneo e che state deridendo dopo la sua morte: Alan Kurdi era un curdo di Kobane, città bastione della resistenza contro l’ISIS. Kobane ha riportato fiducia nell’umanità e soprattutto ha mostrato al mondo la resistenza e la forza delle donne contro il fascismo.

Se Alan Kurdi fosse cresciuto – e ce l'avrebbe fatta se Stati come la Francia non avessero trasformato l’Europa in un fortezza di supremazia intoccabile, per difendere se stessi dagli esiti delle loro eredità coloniali, se non avessero distrutto nazioni da cui ora fuggono milioni di Alan, in parte come risultato delle politiche francesi e della vendita di armi, se la Francia non avesse disegnato queste frontiere artificiali nell’accordo Sykes-Picot, la devastante conseguenza che adesso stiamo patendo a distanza di 100 anni esatti – sicuramente avrebbe conosciuto, durante il corso della sua vita, qual è il senso di Kobane.
Avrebbe saputo che c’erano delle donne che hanno liberato la sua città natale. Forse, come i giovani curdi più organizzati delle nostre comunità in Europa – per la maggior parte arrivati come rifugiati – sarebbe diventato un avvocato attivo per la libertà d’espressione, un attivista politico, un difensore dei diritti. Sarebbe cresciuto con le donne e si sarebbe abituato al loro ruolo di guida attorno a lui. Le foto sui muri delle donne guerrigliere sarebbero state normali per lui.
Se avesse studiato, le battute su come i curdi si dedicano sempre allo studio della sociologia, della politica e della legge, sarebbero state riferite anche a lui. Forse, avrebbe lottato contro il fatto che la Francia, deliberatamente, non denuncia ancora il ruolo dei servizi segreti turchi nel triplice omicidio di tre attiviste curde, Sakine Canzis, Fidan Dogan e Leyla Saylemez. Uccise a Parigi quasi lo stesso giorno dell’attacco a Charlie Hebdo, ma due anni prima.
Forse avrebbe protestato contro lo Stato francese, che inventa motivi per arrestare e terrorizzare gli attivisti curdi in Francia, per le loro attività politiche e le loro opinioni. Lo stesso Stato francese che grida “libertà di pensiero” e che ha revocato la licenza di trasmissione dal canale Medya TV della televisione curda nel 2004, che era la sola via per milioni di curdi della diaspora in Europa per avere notizie dalla propria casa e prendere parola.
Ma sì, Alan Kurdi è morto, gli è stato portato via il futuro e la tua immaginazione razzista sul suo futuro fa ridere quando provi a decorarla con la libertà d’espressione, quando, tra le altre cose, il fascismo e il silenzio dello Stato francese sono direttamente responsabili di aver reso i corpi dei rifugiati un prodotto usa e getta!

Dilar Dirik fa parte del movimento delle donne curde. È una scrittrice e dottoranda del Dipartimento di Sociologia dell’Università di Cambridge.

Articolo pubblicato su roarmag
Traduzione di Daniela Galié per DINAMOpress
Fonte: dinamopress.it

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