La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 14 gennaio 2016

Monsanto e l’anno delle libellule

di Leandro Ross
Durante l’estate, le libellule volano e si raggruppano. Si vedono pullulare nei giorni più caldi. Si fanno notare quando è giorno. Ma quando cala la notte, sono difficili da vedere. Però si sentono cantare. E quando sono molte, il suono è molto forte. Libellule così, si fanno vedere nei periodi estivi all’interno delbloqueo [sbarramento] contro la Monsanto, vicino alla città di Malvinas Argentinas. Questa estate non ha fatto eccezione. Da allora, sono già trascorsi tre giorni e mezzo dalla notifica di sgombero che hanno ricevuto il 30 dicembre, verso mezzogiorno.
“Il fatto è che ho ricevuto due inviti per trascorrere le vacanze al fiume. Però preferisco restare qui, nel presidio”, sottolinea una delle persone presenti e che proviene da Rosario di Santa Fe. Assieme ad un’altra compagna, è arrivata al presidio a seguito della notizia di un possibile violento sgombero del posto.
“La verità è che stiamo molto bene – risponde Juliana, una delle più giovani del presidio, quando viene interpellata sulla situazione attuale – All’inizio, c’era molta incertezza, un po’ di timore per questo 31 dicembre. Non sapevamo con quale livello di impunità e di brutalità sarebbero arrivati. E, a poco a poco, il presidio ha cominciato a popolarsi di molte persone”.
Lo sbarramento rimane in “Allerta Rossa”, come dicono loro. In attesa di qualsiasi minaccia blu [il colore delle divise] che arrivi sul posto.
Qual è l’attuale situazione della Monsanto?
L’8 gennaio 2014, [il Tribunale] della 2^ Cámara en lo Laboral ha stabilito che tutti i permessi provinciali e municipali ottenuti dalla Monsanto per lavorare nel territorio di Malvinas Argentinas sono “arbitrari” e “incostituzionali”. Pertanto, illegali. Un mese dopo, la Segreteria per l’Ambiente della Provincia ha respinto lo studio di impatto ambientale che era stato presentato. Il motivo principale è perché non spiegava chiaramente come sarebbero stati trattati tutti i residui prodotti dall’industria.
Di conseguenza, Monsanto non dispone di alcun avallo né giudiziario né governativo per lavorare a Malvinas Argentina. A sua volta, l‘impresa è segnalata per violazione della Legge sull’Uso del Suolo (N. 9.841), la quale stabilisce che il posto è una zona di attività agricola non inquinante. Tuttavia, le autorizzazioni ottenute [dalla Monsanto] stabiliscono che si tratta di una zona agro-industriale.
Attualmente, la Monsanto sta preparando un secondo studio di impatto ambientale. Secondo l’articolo 20 della Legge di Convivencia Ambiental, normativa approvata a maggio 2014, viene stabilto che “Ogni progetto che è stato rifiutato o respinto dall’Autorità de Aplicación [Autorità competente], non può essere presentato di nuovo per una sua valutazione”. Per l’Associazione degli Avvocati Ambientalisti, questo significa che Monsanto non può presentare un altro studio [di impatto ambientale] e dovrebbe ritenere chiusi i suoi tentativi di insediarsi a Malvinas Argentinas.
Molti di coloro che partecipano al presidio, non condividono questo modo di vedere e guardano a questa Legge in maniera restia, a maggior ragione essendo stata approvata nel mezzo di una repressione poliziesca che è costata l’arresto di 26 persone. “Si difende un articolo che dice solamente che si può presentare una volta sola lo studio di impatto ambientale, quando a noi ci hanno informato che la legge non è retroattiva: e questo costituisce un margine legale per poter presentare un nuovo studio“, sottolinea Elvira, una dei membri del bloqueo.
Il procuratore degli sgomberi
30 dicembre 2015. Ore 12 e 01. Una camionetta con la scritta del Poder Judicial [Magistratura] si ferma di fronte al presidio. Due impiegati scendono dal veicolo e consegnano due carte redatte e sigillate dal procuratore Victor Chiappero. L’ultimatum: 24 ore. Sono già passate 84 ore e nulla. [1]
Chiappero è il procuratore la cui mano ha firmato o meno qualsiasi ordine di sgombero del presidio di Malvinas. Per quello del 30 settembre 2013, il procuratore non ha avuto il coraggio di apporre la sua firma. Perciò, la prima repressione poliziesca attuata contro il presidio, è avvenuta senza alcun colpo di armi da fuoco.
A sua volta, ha il compito di investigare sui violenti incidenti avvenuti il 29 novembre 2013, quando una banda della Uocra (sindacato del settore edile) è arrivato al presidio, colpendo a bastonate tutti i manifestanti. Questa indagine di Chiappero non ha portato a nulla.
Poi, il procuratore ha ordinato ai manifestanti un ultimatum per il 23 dicembre 2013 che successivamente è stato annullato a seguito di un accordo tra le parti per permettere l’installazione di bagni per gli impiegati di Prosegur [2] e di generatori. Ciononostante, il 30 dicembre di quell’anno la giornata ha avuto inizio con un’altra repressione.
Infine, la sua mano ha afferrato il sigillo per dar luogo a quello che dovrebbe essere un ordine di sgombero. Lo stesso che è stato diffuso attraverso le reti sociali. In questo ordine, si stabilisce una doppia giustificazione. Da un lato, per gli incidenti avvenuti contro la struttura della Prosegur, l’impresa privata della zona che vigila il terreno dell’impresa e che è stata cacciata dai manifestanti. E dall’altro lato, per una serie di “impedimenti” alla circolazione di persone e oggetti (veicoli e macchinari agricoli) che danneggiano “il normale svolgimento delle attività che l’impresa interessata deve svolgere”.
La mattina di mercoledì 31 dicembre, prima che si concretizzassero le 24 ore dell’ultimatum, l’avvocato Dario Ávila ha presentato un’istanza di nullità dell’ordine di Chiappero. Il motivo principale si fonda sulla contraddizione esistente nella giustificazione addotta dal procuratore sul “normale svolgimento delle attività” della Monsanto, sapendo che questa non ha il permesso per lavorare nell’area. Il giudice di turno, Roberto Cornejo, dopo poche ore l’ha rigettata.
“La giustizia non ha memoria e si calpesta da sola” sottolinea uno dei manifestanti del presidio. Non è la prima volta che il procuratore Chiappero approva uno sgombero dall’odore di agrotossici. Il 15 aprile 2013, aveva firmato un ordine di sgombero contro i contadini che abitano vicino a Tres Esquinas, nella località di Piquillín. La richiesta di sgombero faceva capo ad un certo Cattaneo, un imprenditore legato alla soia.
La Monsanto di fuori e quella di dentro
“Stiamo mantenendo la calma, perché siamo molto organizzati. E anche perché sappiamo che possono arrivare in qualsiasi momento e non possiamo farci prendere dal panico, perché non sappiamo quando verranno. Però, nel frattempo, il presidio si sta rafforzando ad un ritmo che non ci aspettavamo“, dice Juliana di fronte al registratore del cronista. Di sicuro, i nomi che appaiono in questo articolo possono essere veri o di fantasia, a seconda di come si presenta ciascun intervistato/a.
Di fronte alla domanda di come continueranno a lavorare, Uma, nel cuore della notte, risponde: “Concentrandoci su come seguire e rafforzare la lotta. Perché se rimaniamo tutto il tempo fermi a pensare che arriverà la polizia, tempo tre giorni e faremo ritorno a casa”.
Per quell* del presidio, c’è responsabilità sia del governo provinciale che di quello nazionale. Anche la notifica del 31 dicembre, la paragonano all’ordine dato la vigilia di Natale dal presidente Mauricio Macri , di sciogliogliere l’Afsca, l’ente incaricato all’applicazione della “Ley de Medios” [Legge sui mezzi di comunicazione].
“Ci sono molte cose da fare – sottolinea Juliana – Il contributo di ciascuno di noi è importante. Stanno arrivando molte persone. E le persone che non possono venire, possono fare delle donazioni. E puntare sulla presa di coscienza a livello generale. Noi siamo consapevoli che qui si sta cacciando un impianto della Monsanto. Però è super-importante il cambiamento di abitudini a livello di consumo. In realtà a livello di tutto. È a livello di vivere in altro modo. Di abitare in modo diverso questo pianeta“.
“Non si tratta solo di togliere di mezzo la Monsanto che è fuori. Si tratta anche di eliminare la Monsanto che ci portiamo dentro, che pure dobbiamo riconoscere e tirar fuori da dentro noi stessi“, conclude Pepe.
La giornata si conclude con musica folk, cuarteto [2] e punk. Non c’è molta luce. Però le lucciole si sentono in modo molto forte. E volano veloci. Tanto che è difficile catturarle con la macchina fotografica di Ecos Córdoba.
Però ci sono. Volano e cantano.

[1] L’attuale procuratore, Adriana Abad, ha momentaneamente sospeso l’odine di sgombero emesso da Victor Hugo Chiappero. Quest’ultimo però riprenderà servizio il 1° febbraio. Rimane quindi massima allerta (fonte: Bloqueo a Monsanto Malvinas Argentinas – Córdoba)
[2] Impresa privata incaricata della sicurezza degli stabilimenti della Monsanto
[3] cuarteto: è un genere di musica popolare tipica di Córdoba (ma diffusa anche nel resto dell’Argentina), caratterizzata da un ritmo veloce

Articolo pubblicato su Ecos Córdoba
Traduzione di Daniela Cavallo per Comune
Fonte: comune-info.net

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