La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 14 gennaio 2016

La ‘svolta buona’ (ma per il tuo avversario)

di Alfredo Morganti 
Dice bene Zagrebelski, che questa riforma costituzionale, per la quale saremo chiamati a pronunciarci nel referendum-plebiscito, “segna il passaggio dalla democrazia al potere dell’oligarchia”. Ma è pur vero che la sensibilità diffusa su questa tema del restringimento della sovranità a una parte sempre più ridotta della società e delle istituzioni non è altissima. Sbaglierò, ma cresce il numero delle persone disposte a cedere libertà per una maggiore ‘efficienza’ (diciamo così) del sistema. Disposte a cedere privacy, potere, trasparenza in nome della possibilità di acquistare un gadget elettronico, fare una vacanza in più, percepire più ‘sicurezza’. Cedere ‘responsabilità’, insomma, in cambio di cose, di piaceri e di una maggiore agibilità del tempo libero.
È un bene, è un male? Io credo che cancellare la propria responsabilità pubblica non è mai un bene, non è giustificabile come mera stanchezza o riflusso, anzi è l’anticamera delle varie tragedie storiche. Almeno nel caso si decida, o si sia indotti a decidere, che è ora che qualcuno si occupi di tutti, scalando verticalmente il vertice del potere per cancellare, di fatto, ogni forma di democrazia rappresentativa. In una cosa il nostro mondo è davvero cambiato: nella richiesta che un uomo solo al comando “faccia pulizia” e riordini le cose. Un tecnico. Un ‘apolitico’, un bravo amministratore, una persona “per bene”, un servitore dello Stato, uno che non la mandi a dire ai partiti, uno che si erga al di sopra delle istituzioni sorde e grigie che ci governano, uno che ‘decida’, che ci liberi dalle zavorre, che ‘sblocchi’ la situazione, che ‘metta in moto’ la macchina, che ci faccia ‘ripartire’, che realizzi la ‘svolta’, magari quella ‘buona’.
C’è stato un cambiamento nell’opinione pubblica, questo sì, una ‘sterzata’ antidemocratica, e comunque contraria alle forme rappresentative della democrazia e ai corpi intermedi che la incarnano. Di questa sterzata Renzi si sta facendo promotore e interprete efficace. L’attuale premier non è solo l’esegeta principe del Lingotto veltroniano, non è solo il fautore della riduzione del PD a questo esito contro altri pure possibili (e preferibili). Lui è pure quello che ha impresso il salto di qualità vero alla fase, che ha sdoganato il PD in direzione dello sbriciolamento costituzionale, sposando un’epoca in cui la parola ‘sinistra’ è solo flatus vocis, etichetta convenzionale, svolazzante post-it da appiccicare a questo o a quello secondo le contingenze o le necessità di marketing politico. Detto ciò, se “cogliere il cambiamento”, “promuovere il nuovo”, come si raccomanda sempre, vuol dire farsi interprete di una fase che punta alla tua morte politica e culturale, be’, allora sarebbe meglio essere scambiati per dei conservatori piuttosto che fare uno sporco lavoro suicida. Tanto più che ‘cambiare’ in questo senso sbagliato, non vuol dire altro che ‘conservare’, congelare gli attuali assetti di potere, se non persino rafforzarli. E non è nemmeno un paradosso, è proprio roba da chiodi.

Fonte: nuovatlantide.org

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