La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 4 ottobre 2015

Un bel coming out incendia il Sinodo

di Luca Kocci
I Sinodi dei vescovi sono sem­pre stati eventi molto interni al mondo eccle­siale, spesso seguiti con disat­ten­zione dagli stessi cat­to­lici. Ma quello che si apre oggi in Vati­cano sul tema della fami­glia è sicu­ra­mente il Sinodo mag­gior­mente coperto dai media e pro­ba­bil­mente il più impor­tante fra tutti quelli che si sono svolti fino ad ora.
Il coming out di mon­si­gnor Cha­ramsa («sono un prete omo­ses­suale felice ed orgo­glioso della mia iden­tità» e «ho un com­pa­gno», ha dichia­rato ieri al Cor­riere della Sera il pre­lato con inca­ri­chi in Vati­cano e docente nelle uni­ver­sità pon­ti­fi­cie) ha con­tri­buito a cata­liz­zare l’attenzione dei mezzi di infor­ma­zione sul Sinodo. Ma la rile­vanza dell’evento è deter­mi­nata anche e soprat­tutto da altri fattori.
Innan­zi­tutto dai temi all’ordine del giorno: la fami­glia in gene­rale, ma in par­ti­co­lare l’atteggiamento della Chiesa cat­to­lica nei con­fronti dei divor­ziati ripo­sati, dei con­vi­venti, delle per­sone e delle cop­pie omo­ses­suali, la con­trac­ce­zione.
Argo­menti fino a poco tempo fa «non nego­zia­bili» – e quindi nem­meno discu­ti­bili –, che divi­dono i vescovi e su cui è in atto da tempo una sorta di sci­sma non dichia­rato, con il magi­stero che afferma delle cose e i fedeli cat­to­lici che, appel­lan­dosi alla pro­pria respon­sa­bi­lità e libertà di coscienza, ne fanno altre.
Inol­tre da come si con­clu­derà il Sinodo si capirà vera­mente dove andrà la Chiesa di Ber­go­glio. E se tanti gesti e affer­ma­zioni del papa salu­tate come «rivo­lu­zio­na­rie» si tra­dur­ranno in un reale aggior­na­mento o reste­ranno con­fi­nate nell’universo les­si­cale, aiu­tando preti e laici ad uscire allo sco­perto, ma senza pro­vo­care reali cam­bia­menti strut­tu­rali nell’istituzione ecclesiastica.
Fermo restando che il Sinodo è un orga­ni­smo con­sul­tivo, e che quindi papa Fran­ce­sco avrà la pos­si­bi­lità di acco­gliere o igno­rare le pro­po­ste appro­vate a mag­gio­ranza dai vescovi. Ma sarà comun­que deci­sivo per capire dove sof­fia il vento nella Chiesa cat­to­lica, dopo due anni e mezzo di pon­ti­fi­cato.
A dare fuoco alle pol­veri ha prov­ve­duto ieri mon­si­gnor Cha­ramsa, 43enne prete polacco, docente di teo­lo­gia alla Gre­go­riana (retta dai Gesuiti) e alla Regina Apo­sto­lo­rum (Legio­nari di Cri­sto), non­ché uffi­ciale della Con­gre­ga­zione per la dot­trina della fede (l’ex Sant’Uffizio) e segre­ta­rio aggiunto della Com­mis­sione teo­lo­gica inter­na­zio­nale. «Vor­rei dire al Sinodo che l’amore omo­ses­suale è un amore fami­liare», che deve «essere pro­tetto dalle leggi» e «curato dalla Chiesa», ha detto Cha­ramsa al Cor­riere. «La scelta di ope­rare una mani­fe­sta­zione così cla­mo­rosa alla vigi­lia dell’apertura del Sinodo appare molto grave e non respon­sa­bile, poi­ché mira a sot­to­porre l’assemblea sino­dale a una inde­bita pres­sione media­tica», la rea­zione imme­diata del Vati­cano affi­data al por­ta­voce padre Lom­bardi, che annun­cia: «Mon­si­gnor Cha­ramsa non potrà con­ti­nuare a svol­gere i com­piti pre­ce­denti presso la Con­gre­ga­zione per la dot­trina della fede e le uni­ver­sità pon­ti­fi­cie, men­tre gli altri aspetti della sua situa­zione (even­tuali prov­ve­di­menti di sospen­sione e di dimis­sione dallo stato cle­ri­cale, ndr) sono di com­pe­tenza del suo Ordi­na­rio dio­ce­sano». In una con­fe­renza stampa Cha­ramsa riba­di­sce: «La Con­gre­ga­zione per la dot­trina della fede è il cuore dell’omofobia nella Chiesa. Non pos­siamo più odiare le mino­ranze ses­suali, per­ché così odiamo una parte dell’umanità. Auguro a papa Fran­ce­sco di pre­sie­dere un Sinodo che non ci dimen­ti­chi e non ci offenda più».
Ci sono poi gli altri nodi: i divor­ziati rispo­sati (in par­ti­co­lare l’ammissione ai sacra­menti, da cui ora sono esclusi), i con­vi­venti, la con­trac­ce­zione. I cat­to­lici di tutto il mondo si sono espressi attra­verso due que­stio­nari pre­pa­rati dalla segre­te­ria del Sinodo, evi­den­ziando nelle rispo­ste una grande distanza dal magi­stero: chie­dono che i divor­ziati ripo­sati pos­sano fare la comu­nione ed even­tual­mente anche cele­brare un secondo matri­mo­nio dopo un periodo peni­ten­ziale, con­si­de­rano la con­vi­venza pre­ma­tri­mo­niale un fatto nor­male, igno­rano i divieti sulla con­trac­ce­zione, con­si­de­ran­dola una scelta affi­data alla respon­sa­bi­lità delle cop­pie. Anche alcune Con­fe­renze epi­sco­pali – soprat­tutto nell’Europa centro-settentrionale – sono su simili lun­ghezze d’onda. E negli ultimi mesi su diverse auto­re­voli rivi­ste – come Civi­lità Cat­to­lica – sono apparsi inter­venti di segno aperturista.
Ma c’è anche un fronte con­ser­va­tore molto com­patto. Undici car­di­nali (fra cui gli ita­liani Ruini e Caf­farra) hanno appena dato alle stampe un libro (Matri­mo­nio e fami­glia. Pro­spet­tive pasto­rali di undici car­di­nali, Can­ta­galli) in cui riba­di­scono il pro­prio non pos­su­mus su tutti gli aspetti in discus­sione. E di nuovo Ruini, in un’intervista a Repub­blica, ha sot­to­li­neato: «Il matri­mo­nio è indis­so­lu­bile, no all’eucarestia per i risposati».
Nono­stante in Vati­cano mini­miz­zino, le due fazioni ci sono: chi sostiene l’immutabilità della dot­trina – e quindi la chiu­sura a qual­siasi riforma –, chi invece pro­pone un aggior­na­mento della pasto­rale e, di con­se­guenza, anche se gli inte­res­sati smen­ti­scono, un inter­vento sul magistero.
Sta­mat­tina il Sinodo si apre con una messa a San Pie­tro. Da domani comin­cia il dibat­tito fra i 270 padri sino­dali: tre set­ti­mane di discus­sione, tre minuti di inter­vento a testa in assem­blea, più tempo invece nei 13 cir­coli minori per gruppi lin­gui­stici. Il 24 otto­bre le vota­zioni e la con­se­gna della Rela­zione finale al papa. Il giorno dopo il Sinodo si con­clu­derà come è ini­ziato, con una messa a San Pie­tro. E si capirà che Chiesa è: immu­ta­bile o dispo­sta al cambiamento.

Fonte: il manifesto 

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