La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 18 marzo 2017

Aboliti i voucher, anzi no

di Angela Mauro
Il Governo abolisce i voucher. Anzi no. Nel momento stesso in cui il Consiglio dei ministri approva il decreto che elimina di fatto il referendum della Cgil, è già chiara la seconda puntata di questa storia. Si compirà entro l’estate. La maggioranza di governo sta già lavorando a un testo di legge da presentare in Parlamento al più presto per riempire il vuoto lasciato dai voucher sia per le famiglie che per le imprese. È per questo che in Consiglio dei ministri il decreto passa senza drammi. Abolisce i voucher (primo quesito), stabilendo un periodo di transizione da qui a fine anno: fino alla conversione del decreto in legge, si potrà continuare ad acquistare i voucher; fino a fine anno sarà possibile usare quelli acquistati.
E poi il decreto interviene sugli appalti (secondo quesito), introducendo un’uguale responsabilità (responsabilità solidale) tra committente e appaltatore nei confronti dei lavoratori edili. Significa che il committente sarà chiamato a rispondere per eventuali violazioni compiute dall’impresa appaltatrice nei confronti del lavoratore.
Messa così, il referendum sembra eliminato: l’ultima parola spetta alla Cassazione ma sembra scontata.
Non era scontata invece l’intesa in consiglio dei ministri. Ma i rappresentanti del Nuovo Centrodestra al governo si limitano a far notare che senza i voucher “torna il lavoro nero, attenzione”. Non alzano le barricate. Paolo Gentiloni domina la situazione perfettamente. Convince gli alleati più riottosi. “Il paese non può sopportare un’altra campagna referendaria”, è il ragionamento. Nessuna obiezione.
Un miracolo di intesa che però non si sarebbe verificato se non fosse per la ‘seconda puntata’ della storia. Appunto. L’idea che si fa largo nel Pd, come ci riferisce una fonte alta del partito di maggioranza relativa, è di incardinare in Parlamento due tipi di normative o una sola con due canali.
Il primo per le famiglie, per le quali si troverà una soluzione che sostanzialmente ricalca i voucher. Cioè titoli di pagamento per badanti, colf, collaboratori domestici da acquistare al tabaccaio.
Il secondo per le aziende. Per loro si pensa di introdurre una forma di pagamento a metà tra voucher e contratto a chiamata. Cioè: simile al voucher in quanto dovrà essere facilmente reperibile, il datore di lavoro non dovrà andare dal commercialista per assumere un impiegato per poche ore. Ma la forma di pagamento sarà più simile al contratto a chiamata. Si tratterà di rendere più flessibile questa tipologia, che ora non può essere usata per i dipendenti dai 25 ai 55 anni, il grosso della forza lavoro.
Il tutto dovrà essere approvato entro l’estate. Mentre il decreto varato oggi dal Consiglio dei ministri sarà riconvertito in legge al più presto. Nel Pd però non escludono modifiche in Parlamento, dove la discussione non passerà liscia. Almeno a sentire gli alleati di Ncd. “Non voterò mai questo decreto e ad esso mi opporrò – dice Maurizio Sacconi, presidente della Commissione Lavoro del Senato - con la convinzione che il percorso tracciato da Renzi e Gentiloni metta nelle mani della sola Cgil le future eventuali normative”.
Protestano la Confindustria, la Confesercenti, la Coldiretti e pure la Cisl. In Cdm il ministro per l’Agricoltura Maurizio Martina, che corre in ticket con Renzi alle primarie del Pd, pure spinge per “una soluzione alternativa” ai voucher “al più presto”. Anche nel Pd i mal di pancia sono forse la maggioranza. Basti l’intervento di Romano Prodi oggi sul Mattino o quello di Piero Fassino ieri su La Stampa: il primo ufficialmente non schierato per le primarie, il secondo schierato con Renzi, entrambi convinti che eliminare del tutto i voucher sia sbagliato.
E allora perché? Il referendum fa paura al governo, certo. Ma dietro la scelta di oggi c’è anche un calcolo politico. Le primarie del Pd incombono, Renzi è favorito dai sondaggi ma si trova a dover affrontare una campagna elettorale tutta spostata a sinistra, che non è proprio il suo terreno naturale. Pur essendo segretario uscente, Renzi gioca in trasferta contro Andrea Orlando e Michele Emiliano, che corrono tra sinistra e filo-M5s. Basti questo per spiegare i motivi della virata filo-Cgil del governo, un esecutivo che naturalmente sostiene Renzi alle primarie, come ha dimostrato la presenza di Gentiloni sul palco del Lingotto domenica scorsa.
Ecco l’unica differenza tra vecchio e nuovo corso, tra il governo Renzi e quello Gentiloni, è che la ‘seconda puntata’ della saga dei voucher non verrà giocata d’attacco, ma “con il confronto con le parti sociali”, dice il premier al fianco del ministro del Lavoro Giuliano Poletti nella conferenza stampa.
Il che non significa che Gentiloni riaprirà la ‘Sala verde’ di Palazzo Chigi per rimettere in moto la concertazione da sempre detestata da Renzi. Niente di tutto ciò ma l’intenzione del governo è di non riaprire guerre con la Cgil, nella convinzione che nemmeno il sindacato di Susanna Camusso vorrà aprirne. E che anzi sarà interessato a trovare una soluzione, “visto che – segnala una fonte di governo – anche la Cgil ha usato i voucher, sebbene solo per i pensionati”.

Fonte: Huffington Post 

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