La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 15 marzo 2017

Un daspo per la sinistra di governo

di Nicola Fratoianni 
C'è stato un tempo in cui la sinistra non aveva il problema del decoro ma quello della sostanza. Un tempo più saggio, basato sull'idea che i problemi non si possono rimuovere o trasferire, ma vanno affrontati e risolti. Quello in cui i problemi degli altri erano i problemi di tutti e come tali andavano affrontati. Per la sinistra tutta, riformista e radicale, il dramma delle vite abbandonate e di scarto chiamava alla pratica sociale, alla costanza, alla progettazione di reti complesse che coinvolgevano associazioni, volontari, cooperative e servizi pubblici in una continua sperimentazione e ricerca. Non solo sui libri, ma anche sul campo. Il Campo con la "c" maiuscola, quello sociale e di governo.
Un homeless steso nell'androne di una stazione non è mai stato per la sinistra un problema di decoro: era un uomo a cui trovare velocemente un alloggio e un pasto caldo. Un alcolista o un tossicodipendente non erano soltanto due molestatori, ma uomini e donne in condizione di fragilità da assistere con i servizi per la lotta alle dipendenze e con le unità di strada.
Il mondo largo della sinistra, del cattolicesimo di base, del volontariato non ha mai pensato - e non pensa ancora - alla povertà come a un'oscenità da nascondere alla propria vista e a quella del turista o del passante, perché sa che chi cancella dal proprio sguardo il disagio spesso ne dimentica l'esistenza e smette di chiedersi cosa sia possibile fare perché quel disagio e quella povertà vengano eradicati dalla società in cui vive.
Le ambizioni della sinistra di governo, soprattutto nelle regioni rosse in cui ha governato per decenni, crescevano e possono crescere soltanto in questo solco: vedere, capire, intervenire alla radice dei problemi modificando la struttura economica e sociale che li produce.
Da Roma - dove ci si deve occupare di chiedere maggiori finanziamenti per il sociale e politiche
macroeconomiche di segno redistributivo - al più piccolo comune.
Una sinistra moderna dovrebbe pensarsi come il centro nevralgico di una capillare tessitura di servizi sui quali poggia la tenuta sociale delle città, delle comunità, dei territori. Alle forze dell'ordine deve affidare un'altra funzione, quella di perseguire i criminali, non quella di criminalizzare il disagio sociale. O facciamo questo, ovvero ci occupiamo di come costruire una società che combatta la solitudine e i ghetti, e che sappia scommettere su percorsi di emancipazione possibile, o scompariremo, perderemo credibilità e bruceremo fino in fondo i legami sociali che sono il frutto di decenni di storia e vicinanza con chi non ce l'ha fatta.
Oggi tutto ciò, pratiche efficaci e generate dal paradigma della società inclusiva, viene allontanato e stigmatizzato come "assistenzialismo" o "buonismo" da un governo da cui tutti si aspetterebbero il contrario. Il decreto Minniti sulla sicurezza urbana (l'altra parte è sull'immigrazione ma la filosofia non cambia) è il daspo alla sinistra di governo.
Se di fronte al degrado sociale che attanaglia le nostre città - la cui crescita è legata al decennio di crisi economica che abbiamo alle spalle e ai fenomeni strutturali indotti da una globalizzazione governata inseguendo i bisogni dei grandi capitali economici - il governo risponde con i tagli al sociale e il daspo urbano per accattoni, prostitute e alcolizzati allora non siamo di fronte ad semplice mutamento della forma di intervento, ma a un cambio di paradigma del centrosinistra al governo. Profondo. Direi abissale. Siamo all'adesione definitiva al modello di gestione amministrativa dello spazio urbano che era stato tradizionalmente delle destre.
Secondo Minniti deve restare alla sinistra di governo ciò che non è mai stato suo: l'affidamento totale a vigili urbani e corpi di polizia, i quali sono ormai tristemente gli unici a varcare i vicoli bui e a consumare le suole delle scarpe. Per tutto il resto non vi sono risorse, ma solo tagli e riduzione di personale. Ordinanze e provvedimenti repressivi sono le soluzioni a basso costo economico per la città vetrina di cui il sindaco è mero allestitore: un banale prefetto che guarda all'accoglienza e ai problemi della propria città quasi esclusivamente come vi guarda un corpo di polizia garante dell'ordine pubblico.
Non prendiamoci in giro: i sindaci che hanno concordato con Minniti il pacchetto di misure sanno benissimo che il degrado allontanato è semplicemente trasferito altrove, nello spazio, cioè dal centro alla periferia, e nel tempo, cioè dall'oggi al domani. E allora perché lo hanno fatto? Intanto perché molta acqua è già passata sotto i ponti in questi ultimi vent'anni di deriva culturale. In molti hanno pensato che la risposta migliore alla crescita elettorale delle destre fosse quella di rottamare la sinistra, le sue pratiche diverse, la sua visione di una società aperta e solidale. Ma altri invece, quei sindaci che pensano di avere ancora un senso, sentono di non avere alternative: perché sono anni che chiedono risorse che non arrivano.
In molti, sopratutto al Sud, sono arresi e umiliati, barricati nell'ufficio a contare i servizi che hanno chiuso, gli assistenti sociali che non hanno assunto, i contributi per l'affitto che non hanno erogato, l'aggiornamento dei dipendenti che non hanno organizzato.
Spesso si sentono i curatori fallimentari del governo locale: non gli resta che firmare il daspo alla propria storia e alla propria funzione. Il daspo alla sinistra di governo.

Fonte: Huffington Post - blog dell'Autore 

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